Ho letto un interessante articolo sul Corriere che certamente calza a tutti i forum della rete, sull'anonimato dietro il quale molti utenti possono celarsi, cosa che ho onestamente sempre ripudiato.
Anche sulle nostre pagine abbiamo assistito a comportamenti fuori di testa, condotti solamente perché "protetti" da un nickname, senza affiancare il proprio volto ad affermazioni ed atteggiamenti di cui, probabilmente, queste stesse persone si sarebbero vergognati.
Ma l'anonimato è così vitale per internet?
"Ha ancora senso l’anonimato in Rete? Se ne discute da parecchio e un articolo di Farhad Manjoo di “Slate” – tradotto anche da “Internazionale” – ha rilanciato la questione. “A parte il caso estremo dei governi repressivi – scrive Manjoo – l’anonimato danneggia le comunità della Rete perché le persone si comportano peggio quando sanno che la loro identità è segreta”. E’ la teoria del Grande Imbecille: se garantisci a qualcuno l’anonimato e gli dai un pubblico lo trasformi, appunto, in un grande imbecille. Non so se voi siete d’accordo (io lo sono in parte), ma una cosa è certa: ogni volta che invio un post, ci metto la firma. Chi lo commenta, nella maggioranza dei casi, no. In definitiva, gli anonimi peccano di abuso di posizione dominante: tirano le frecce restando invisibili dentro il loro fortino.
Allora la domanda centrale potrebbe essere questa: l’anonimato è un comportamento etico? Certo: nel 1670 Spinoza fece uscire ad Amsterdam, per precauzione anonimo, il Tractatus Politicus. Ma questo è un altro paio di maniche.
Facebook sembra tuttavia la prova che l’anonimato non è più uno dei pilastri della Rete, si può (comodamente) stare online con la propria identità. Bluffare spacciandosi per qualcun altro, nel caso di Facebook, cancella tutto l’interesse e il divertimento.
Il successo di Facebook mi pare allora un segnale incoraggiante: la Rete è cresciuta, la bambinaggine di nascondersi dietro un paravento non interessa più. Le chat vivono di anonimato, ma non mi sembrano un grande esempio di canale comunicativo da cui aspettarsi qualcosa di utile per il dibattito pubblico (e, in verità, neppure per la propria sfera privata)."
Anche sulle nostre pagine abbiamo assistito a comportamenti fuori di testa, condotti solamente perché "protetti" da un nickname, senza affiancare il proprio volto ad affermazioni ed atteggiamenti di cui, probabilmente, queste stesse persone si sarebbero vergognati.
Ma l'anonimato è così vitale per internet?
"Ha ancora senso l’anonimato in Rete? Se ne discute da parecchio e un articolo di Farhad Manjoo di “Slate” – tradotto anche da “Internazionale” – ha rilanciato la questione. “A parte il caso estremo dei governi repressivi – scrive Manjoo – l’anonimato danneggia le comunità della Rete perché le persone si comportano peggio quando sanno che la loro identità è segreta”. E’ la teoria del Grande Imbecille: se garantisci a qualcuno l’anonimato e gli dai un pubblico lo trasformi, appunto, in un grande imbecille. Non so se voi siete d’accordo (io lo sono in parte), ma una cosa è certa: ogni volta che invio un post, ci metto la firma. Chi lo commenta, nella maggioranza dei casi, no. In definitiva, gli anonimi peccano di abuso di posizione dominante: tirano le frecce restando invisibili dentro il loro fortino.
Allora la domanda centrale potrebbe essere questa: l’anonimato è un comportamento etico? Certo: nel 1670 Spinoza fece uscire ad Amsterdam, per precauzione anonimo, il Tractatus Politicus. Ma questo è un altro paio di maniche.
Facebook sembra tuttavia la prova che l’anonimato non è più uno dei pilastri della Rete, si può (comodamente) stare online con la propria identità. Bluffare spacciandosi per qualcun altro, nel caso di Facebook, cancella tutto l’interesse e il divertimento.
Il successo di Facebook mi pare allora un segnale incoraggiante: la Rete è cresciuta, la bambinaggine di nascondersi dietro un paravento non interessa più. Le chat vivono di anonimato, ma non mi sembrano un grande esempio di canale comunicativo da cui aspettarsi qualcosa di utile per il dibattito pubblico (e, in verità, neppure per la propria sfera privata)."
Commenta