Ieri sera ho potuto finalmente immergermi nel nuovo gioco della Thatgamecompany, che tanto attendevo dopo aver apprezzato i due precedenti lavori (Flow e Flower) e dopo aver ammirato i meravigliosi trailer che venivano rilasciati nei mesi scorsi.
Inizio subito da un aspetto che può essere considerato da molti negativo e che in effetti mi ha sulle prime (non appena finito il gioco) lasciato un pò d'amaro in bocca: la longevità molto ridotta. Journey lo si finisce in due ore abbondanti, diciamo anche tre ore se decidiamo di prendercela comoda girando a piacimento (ma fino a un certo punto, visto che delle raffiche dei vento non ci permettono un'esplorazione totalmente libera) senza andare dritti verso la destinazione, non di più. Poi però sono giunto alla conclusione che una durata in linea coi videogiochi tradizionali sarebbe stata poco consona al tipo di esperienza e avrebbe diluito la straordinaria intensità che caratterizza appunto l'esperienza di gioco così com'è. E qui arrivo al punto (e al motivo che mi ha spinto a lasciare questo post per condividere le mie impressioni e vedere se anche chi di voi ci ha giocato le ha provate): per tutto il (poco) tempo che dura, Journey dà quella impagabile sensazione di vivere un sogno, uno di quei sogni da cui non vorremo mai svegliarci (anche se vi sono alcuni momenti inquietanti che tendono a trasformare il sogno, a tratti, in un incubo) ed è questo forse il motivo principale che lascia delusi per la brevità dell'esperienza. Ecco, più che un videogioco, Journey è, secondo me, un'esperienza onirica! Poi ovviamente Journey è un viaggio: prima di tutto metaforico ed esistenziale, più che fisico: la montagna con una fessura luminosissima che si staglia sullo sfondo rappresenta la destinazione, l'obiettivo, se vogliamo il desiderio. Ma ognuno di noi ci può trovare i significati che preferisce. Così come ognuno può interpretare in maniera diversa (e ricavarne emozioni diverse) i glifi che di tanto in tanto si trovano fra le rovine o i pittogrammi che fanno da intermezzo animato fra un "capitolo" e l'altro. Quella della vaghezza e dell'apertura della narrazione è un aspetto che ho apprezzato molto in Journey (come in Dear Esther) perchè stimola molto l'immaginazione, anche perchè portata avanti in maniera molto elegante e raffinata.
Ma l'aspetto che più colpisce in Journey è l'ispirazione degli scenari e la bellezza delle musiche (altro punto di contatto con Dear Esther, così come la limitata interattività, anche se in Journey l'interattività, seppur limitata c'è tutta, mentre in Dear Esther è praticamente assente). Se Journey è un "viaggio emozionale" che colpisce al cuore, questo lo dobbiamo soprattutto alla bravura dei grafici e dei compositori. In particolare l'accostamento dei colori è fatto ad arte. La fisica della sabbia è fatta in modo magistrale. Alcuni scorci lasciano davvero a bocca aperta
. Credo che si possa davvero parlare di grafica che emoziona (un pò come può emozionare un quadro). E a questo proposito va detto, a beneficio di chi non ci ha giocato, che per poter apprezzare Journey bisogna mettersi nella giusta predisposizione, che è più vicina a quella che si ha ammirando appunto un bel quadro o un bel paesaggio invece che quella che si ha giocando un normale videogioco. Altrimenti uno potrebbe rimanere deluso dalla giocabilità abbastanza scarna (ci sono solo due tasti da usare, oltre ai controlli per il movimento e per la telecamera) e dalla linearità del percorso
. Ecco, se fossi stato nei panni del programmatore, probabilmente avrei alzato un pò il livello di sfida
. In fin dei conti ciò avrebbe giocato ad immedesimarsi ancor di più nelle difficoltà e nei momenti di sconforto del viaggio (che comunque ci sono, ma in misura molto ridotta e comunque non tali da bloccarci nel cammino). Ma probabilmente è stata anche questa una scelta ben ponderata: quella di porre l'accento sulle caratteristiche "artistiche-emozionali" del titolo piuttosto che su quelle ludiche (cioè di pura sfida). Anche se resto convinto che una sfida più alta ma ben implementata non avrebbe stonato...
Un altro aspetto che mi ha colpito è il multiplayer online, assolutamente anomalo. Potremmo definirlo cooperativo (sicuramente non competitivo) ma neanche questa definizione è esatta visto che nei fatti non c'è bisogno di reale cooperazione perchè si riesce ad andare avanti benissimo da soli
. Comunque vi assicuro che incontrare casualmente un altro durante il percorso è una bella emozione, è come condividere un viaggio o un'esperienza (ad es. guardare un bel film con un'altra persona anzichè in perfetta solitudine) e questo attenua il senso di totale solitudine e dà un senso di conforto, non so come dire. E il bello è che non si conosce l'identità di chi ci accompagna
. Alla fine è una bella trovata, a mio avviso, e testimonia che le possibilità del multiplayer online sono potenzialmente tante e ancora inesplorate.
Comunque una volta che si sono metabolizzati i difetti (o comunque quelli che potrebbero apparire tali a qualcuno di noi) e che ci si è messi nel giusto spirito, io credo che ciò che si vive è una delle esperienze più emozionanti e allo stesso tempo inusuali che possiamo fare con una console. E per questo non vedo l'ora di "viaggiare" un'altra volta.
P.S. Spero di aver messo gli spoiler giusti, non linciatemi se ne ho dimenticato qualcuno... Ovviamente invito chi non ci ha ancora giocato e ha intenzione di farlo a non leggerne il contenuto.
@Cthulhu: ieri sera ho visto che eri online e che anche tu giocavi a Journey. Non è che abbiamo "viaggiato" insieme senza saperlo?
Inizio subito da un aspetto che può essere considerato da molti negativo e che in effetti mi ha sulle prime (non appena finito il gioco) lasciato un pò d'amaro in bocca: la longevità molto ridotta. Journey lo si finisce in due ore abbondanti, diciamo anche tre ore se decidiamo di prendercela comoda girando a piacimento (ma fino a un certo punto, visto che delle raffiche dei vento non ci permettono un'esplorazione totalmente libera) senza andare dritti verso la destinazione, non di più. Poi però sono giunto alla conclusione che una durata in linea coi videogiochi tradizionali sarebbe stata poco consona al tipo di esperienza e avrebbe diluito la straordinaria intensità che caratterizza appunto l'esperienza di gioco così com'è. E qui arrivo al punto (e al motivo che mi ha spinto a lasciare questo post per condividere le mie impressioni e vedere se anche chi di voi ci ha giocato le ha provate): per tutto il (poco) tempo che dura, Journey dà quella impagabile sensazione di vivere un sogno, uno di quei sogni da cui non vorremo mai svegliarci (anche se vi sono alcuni momenti inquietanti che tendono a trasformare il sogno, a tratti, in un incubo) ed è questo forse il motivo principale che lascia delusi per la brevità dell'esperienza. Ecco, più che un videogioco, Journey è, secondo me, un'esperienza onirica! Poi ovviamente Journey è un viaggio: prima di tutto metaforico ed esistenziale, più che fisico: la montagna con una fessura luminosissima che si staglia sullo sfondo rappresenta la destinazione, l'obiettivo, se vogliamo il desiderio. Ma ognuno di noi ci può trovare i significati che preferisce. Così come ognuno può interpretare in maniera diversa (e ricavarne emozioni diverse) i glifi che di tanto in tanto si trovano fra le rovine o i pittogrammi che fanno da intermezzo animato fra un "capitolo" e l'altro. Quella della vaghezza e dell'apertura della narrazione è un aspetto che ho apprezzato molto in Journey (come in Dear Esther) perchè stimola molto l'immaginazione, anche perchè portata avanti in maniera molto elegante e raffinata.
Ma l'aspetto che più colpisce in Journey è l'ispirazione degli scenari e la bellezza delle musiche (altro punto di contatto con Dear Esther, così come la limitata interattività, anche se in Journey l'interattività, seppur limitata c'è tutta, mentre in Dear Esther è praticamente assente). Se Journey è un "viaggio emozionale" che colpisce al cuore, questo lo dobbiamo soprattutto alla bravura dei grafici e dei compositori. In particolare l'accostamento dei colori è fatto ad arte. La fisica della sabbia è fatta in modo magistrale. Alcuni scorci lasciano davvero a bocca aperta
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Un altro aspetto che mi ha colpito è il multiplayer online, assolutamente anomalo. Potremmo definirlo cooperativo (sicuramente non competitivo) ma neanche questa definizione è esatta visto che nei fatti non c'è bisogno di reale cooperazione perchè si riesce ad andare avanti benissimo da soli
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Comunque una volta che si sono metabolizzati i difetti (o comunque quelli che potrebbero apparire tali a qualcuno di noi) e che ci si è messi nel giusto spirito, io credo che ciò che si vive è una delle esperienze più emozionanti e allo stesso tempo inusuali che possiamo fare con una console. E per questo non vedo l'ora di "viaggiare" un'altra volta.
P.S. Spero di aver messo gli spoiler giusti, non linciatemi se ne ho dimenticato qualcuno... Ovviamente invito chi non ci ha ancora giocato e ha intenzione di farlo a non leggerne il contenuto.
@Cthulhu: ieri sera ho visto che eri online e che anche tu giocavi a Journey. Non è che abbiamo "viaggiato" insieme senza saperlo?
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