Non posso certo lamentarmi della mia vita in generale, ho un lavoro che consiste, tra le altre cose, nel creare database; ho buone e in qualche caso ottime relazioni con l’altro sesso e ho passione per il cinema/film, la filosofia, la letteratura, la musica e soprattutto per i videogiochi e il retrogaming, che mi portano via molto tempo e che mi fanno scrivere recensioni su questo sito, ma che mi regalano qualche soddisfazione in più che non guasta mai.
Quello che non mi va giù e che mi delude è la "massa" delle persone, quelle che "ben pensano" la cosa giusta per tutti, alla quale tutti si rifanno o che almeno pubblicizzano il loro pensiero in questo modo, celando dietro a questo proclamo, fatto di grandi, quanto falsi moralismi, altre ragioni più profonde; ragioni che alle volte sono chiare, altre volte non sono chiare nemmeno a chi le nasconde.
E di volta in volta le persone si associano, si adeguano al giusto pensiero, quello più vicino a loro; che sia per vicinanza "fisica", e quindi per esempio la scelta di una religione piuttosto che un’altra solo perchè si è nati in una nazione piuttosto che un’altra, o che sia per vicinanza al loro/nostro creduto e presunto, quanto inesistente "Io" o per paura del non conosciuto, come una spiegazione veloce ed immediata che non spiega nulla ma a cui si crede per non "vedere altre cose".
Schematizzazioni, spiegazioni semplificanti quanto tremendamente limitanti a cui ogni uomo si rifà associandosi in masse che la pensano tendenzialmente come lui; fin che arriva qualcuno o qualcosa che riesce a far passare/inculcare finti valori e bisogni che "globalizzano", quindi rendono uguali tutte queste masse creandone ufficialmente una sola, che almeno le lega per un qualcosa di comune; quanto meno superficialmente e temporalmente.
La condizione attuale della società odierna o, sarebbe meglio dire, la condizione attuale delle grandi "masse" della società "globalizzata" occidentale di oggi si interseca, si amalgama, collude e interagisce con i suoi prodotti, siano essi di qualità o meno, siano di natura produttiva o artistica, e quindi, questa società, influenza anche i videogiochi.
Globalizzazione, secondo me, dovrebbe voler dire creare una società dove ogni diverso individuo collabora al benessere comune con le sue capacità e responsabilità, dove il singolo individuo sia emergente con le proprie caratteristiche ma anche cosciente di essere parte di un tutto (globale) a cui deve dare il suo contributo per migliorare le condizioni di tutti e quindi di sé. Lo deve fare per egoismo!Egoismo inteso come amore per se stessi. Credo che solo volendo bene prima a se stessi, si possa dare vita ad un altruismo vero e non frutto di una qualche convinzione o valore. Altruismo e solidarietà frutto dell'amore per se stessi. Ovviamente questo egoismo deve incontrarsi con la cosapevolezza che si vive in una scietà e che, quindi, il bene e l'amore per il prossimo si tramutano in bene e amore per sè stessi (fregare il prossimo porta, anche se non sempre immediatamente, ad un peggioramento della propria vita). Caratteristiche che unite alla mia visione di globalizzazione "buona" fan si che ogni persona emerga e viva di creatività propria e che per far il proprio bene, faccia del bene (e voglia bene) sopratutto agli altri (ovviamente tutto ciò va unito ad intelligenza, curiosità, insoddisfazione). Ma globalizzazione NON dovrebbe voler dire: tutti uguali o la maggioranza vince, come invece mi pare che stia avvenendo.
Ho di recente letto l’editoriale "Game Invaders" scritto dal bravissimo "Musehead" a cui vanno i miei più sentiti complimenti; devo dire che l’editoriale mi ha dato molti spunti interessanti su cui riflettere e che vorrei riprendere in questo mio scritto.
"Della maledetta Playstation. Fu veramente una console atipica e la chiave del suo successo si enucleava nella fenomenale campagna di promozione messa in atto dalla Sony, che entrò nel mercato dei videogiochi solo per far soldi, senza interessarsi della filosofia di questa passione. Fu così che tanta gente che di videogiochi non ne aveva mai sentito parlare veniva attratta dalle caleidoscopiche pubblicità e dalla grafica tridimensionale e si fiondava a comprare la sua Psx. E' così che il videogiocatore medio ha iniziato a cambiare. Negli anni Ottanta o nei primi Novanta, non esistevano gli hardcore gamers, eravamo TUTTI hardcore gamers! Era quello lo stereotipo del videogiocatore. Accogliendo nel nostro adorato mondo nuovi elementi non “educati” a questa personalissima filosofia, abbiamo abbassato la soglia della difficoltà implementabile nei giochi proprio per non escludere una fetta di utenti sempre più grande che non avrebbe necessariamente apprezzato sfide troppo impegnative."
Dunque: Videogiocatore medio, hardcore gamers e più avanti, casual gamers... lo stereotipo del videogiocatore...
Classificazioni, classificazioni. Cos’è un videogiocatore medio? Si prendono tanti videogiocatori, si osservano le caratteristiche individuali di ognuno di loro e quelle simili che si presentano più volte, si prendono in considerazione e si classificano come uguali, quelle non simili e non ripetute si scartano. Quindi il videogiocatore medio non esiste, ma è una classificazione per semplificazione di molti individui che si possono inserire in una categoria approssimata di essi. Diciamo che, seguendo la teoria dei database, questa classificazione può essere vista come un’astrazione per classificazione o per generalizzazione ma mai per aggregazione!!
Ne deriva quindi un’astrazione, una semplificazione di cui noi prendiamo solo gli elementi che ci interessano, trascurandone altri. Ora, non è mia intenzione screditare il bellissimo articolo di Musehead, lui ha fatto benissimo ad usare queste categorie/classificazioni perchè erano utili ai fini del suo articolo. Le classificazioni sono da sempre usate; per fare un esempio, vengono usate nei libri scolastici di letteratura, dove si classificano periodi strorico/letterari come, periodi in cui una certa determinata classe di poeti e scrittori possiede determinate caratteristiche dominanti. Giustamente però queste classificazioni hanno come unico fine quello di aiutare i professori nel loro lavoro didattico. È palese che non tutti gli scrittori o poeti, come romantici o i simbolisti, sono uguali ad altri appartenenti alla stessa corrente letteraria, e un periodo spesso si inoltra in quello successivo e porta con sé delle caratteristiche di quello precedente. Così come, per meglio spiegare, non si può trovare una data precisa in cui il positivismo scompare lasciando il posto al simbolismo. Altrettanto non esiste un poeta uguale ad un altro. Quindi, riprendendo il mio discorso, il mio intento non è, come ormai si è capito, parlare male dell’aritcolo "Game Invaders" ma dell’uso che fa la società di queste classificazioni.
Essa si rifà e si adegua alle classificazioni, perché essere uguale a un altro in nome anche di uno scopo comune, armonizza apparentemente un finto caos insito nella meravigliosa diversità, cosciente e non cosciente (inconscio) di ogni individuo. In altre parole l’appartenenza a una squadra di calcio, a una nazione, a una religione, a una famiglia, ci semplifica la vita (per esempio ci spiega il male e il bene, ci dice chi sono i cattivi e chi i buoni) e spiega la vita ( ci spiega per esempio perché siamo vivi), ma ci limita e a lungo andare, rivela la sua limitatezza, peggiorando la qualità della nostra vita e di noi stessi.
"Oggi ormai ci siamo abituati a questa nuova situazione, ma io comincio ad avvertire un nuovo pericolo: questa categoria di invasori del videoludo, che ha tutto il diritto di esistere ma che mi reca altrettanto legittimo rammarico, continua ad espandersi e accade sempre più spesso di assistere a fallimenti di tutti i giochi leggermente fuori dagli schemi"
Eh…. l’abitudine…. più che abitudine si potrebbe dire che la gente si crea da sé le sue cecità per paura del resto, del non conosciuto (o meglio l’inconoscibile), adattandosi a verità precalcolate ritenute naturali e veritiere, credendo in questo modo di vivere molto bene - in queste cecità - (anche se in realtà non è vero), che comunque danno benessere immediato; è per questo che non si vuole cambiare. Certo la cecità e tipica dell’uomo massa, che nella citazione soprastante appare come l’invasore, e non di chi viene invaso! Ritengo però che, al contrario del mio collega, chi subisce l’invasione non possa davvero "abituarsi", al massimo in lui si infonde il disprezzo per gli invasori. Mi viene da dire però, che essendo gli "invasori" in maggior numero (nell’articolo da me citato), si debba ormai constatare che gli invasori non sono più i cosiddetti "casual gamers" ma la piccola minoranza rimanente, quanto meno nell’ottica del mercato.
"Contemporaneamente, i prezzi delle produzioni continuano a salire e non è più concepibile rischiare. E allora cosa bisogna fare? Le software house stanno imparando che l'unica strada verso i soldi è quella di dare al pubblico elementi di facile ed immediata fruizione, relegando alla categoria low budget i concept e le idee più ricercate"
È veramente colpa delle software house? Di chi è la colpa? Di chi compra i videogiochi? Di chi li produce o di chi li pubblicizza?
È tutto così ormai.
Se un’arte viene scambiata per prodotto, perde il suo valore. Guardatevi il programma "Amici" in televisione. Siete convinti che da lì "vengano fuori" grandi artisti?! Lì si insegna la competizione, il rispetto dei superiori, lì c’è chi ti sa dire cosa è giusto fare o no per diventare un grande artista. Lì si impara a essere semplicemente dei dipendenti dell’industria dello spettacolo. Al contrario, i grandi artisti hanno stravolto o innovato o perfezionato i canoni preesistenti di giusta opera, giusto scritto, bella musica....
In questa società, questo triste destino è capitato anche ai videogiochi. Ormai, generalmente, non più espressione di nuova creatività, di nuovo strumento di interazione tra uomo e macchina per fini di diletto e apprendimento, ma solo mezzo per fare soldi. Intendiamoci, guadagnare non è affatto una cosa negativa!! Insomma bisogna vivere! Ma lo è se si guadagna in un modo così semplificativo, derivante dall’attuale visione del commercio, dove un prodotto che vende di più, non è un prodotto di eccezione che può essere venduto solo ad una piccola parte di consumatori, ma il prodotto mediocre, pieno di luoghi comuni o di meccaniche già viste e riviste, ma dalla sicura presa.
Dovrebbe essere compito e dovere della società quello di portare avanti prodotti di eccezione (non di lusso non fraintendetemi), per fare in modo che tutti abbiano accesso al meglio della creatività dell’uomo; invece ci si appiattisce sul denaro (per chi vende), e sul consumo inutile (per chi compra): 5 telefonini uguali, 23 seguiti di un gioco tutti uguali ma con pubblicità sempre più ingombranti e involutive.
Fin da piccoli ai bimbi viene insegnato un consumo e un ascolto non critico: il prete ti dà "i valori", i professori ti dicono "le cose giuste", i genitori hanno "sempre ragione". NO. Secondo me non si dovrebbe fare così, stiamo rispondendo ad un sistema capitalistico che ormai ha invaso i nostri meccanismi mentali, ma che è ancora il frutto del tentativo di spiegazione e semplificazione della vita. Apparentemente non c’è rivoluzione, ma al massimo reazione ai pochi rivoluzionari rimasti.
"Il gioco fa incetta di voti altisonanti per la sua estrema spettacolarità e per le sue eccellenti doti tecniche. E, personalmente, mi rattrista molto vedere assegnare il massimo dei voti ad un gioco che, per stessa ammissione dei recensori, innova poco sul gameplay, mantenendo le stesse superficiali meccaniche stealth. Superficiali ma divertenti. In realtà il successo di XXXX è sempre stata la curatissima trama, ma stavolta le scene di intermezzo superano la metà dell'intera durata del gioco. Se per la gente questo va bene, contenta lei. Ma io mi chiedo: è questo quello che vogliamo da un videogioco? Abbiamo assistito a trent'anni di sperimentazione per imparare a fare i film in computer grafica? Stiamo ancora parlando di videogiochi?"
Musehead stà parlando di un videogioco famosissimo, si lamenta del fatto che questo gioco ha ricevuto votazioni alte pur rimanendo sostanzialmente uguale a se stesso. Un capolavoro è un capolavoro anche se viene riproposto uguale, certo, ma solo se non lo si fa passare come ultima creazione videoludica al passo con i tempi! A cosa servono le nuove macchine allora?…. La grafica "da paura", il sonoro realistico…. Allo stato attuale servono solo per far comprare qualcosa che non serve alla massa di uguali che crede che in quel modo si divertirà di più. Per fortuna, così come sono sempre esistiti i prodotti "ciofeca" anche oggi esistono prodotti superlativi, nonostante le limitazioni della società descritte. Ma oggi i capolavoro sono sempre meno e a poco serve la presunta diversità portata dalla Nintendo col suo Wii. Stiamo scherzando? A una verità ne contrapponiamo un'altra? A un consumo ne contrapponiamo un altro, e perché no, magari compriamoli tutti e 2. E’ inutile, è la società che è così. L’occidente contro l’oriente… ci avete mai pensato? Cosa vi avrà mai fatto a voi un povero arabo? Niente, ma andiamo a bombardargli la casa con i missili "intelligenti" e delle speciali bombe dai colori sgargianti che sembrano giocattoli; una volta prese in mano da un bambino esplodono migliaia di "pallini" i tutte le direzioni uccidendo e maciullando tutto ciò che trovano. Tutti probabilmente sanno che le missioni di pace, di pace hanno ben poco. Ritengo che non si debba fare la guerra ad un paese perché un gruppo di terroristi si schianta con 2 aerei su 2 palazzi immensi uccidendo purtroppo troppe persone. Si fa la guerra a una nazione se questa ti invade o se invade un paese "amico". Io credo, che probabilmente, il terrorismo vada combattuto con i servizi segreti e con un fitto dialogo con la nazione accusata di ospitare i terroristi. Fare la guerra a un popolo povero ricco di terroristi vuole dire aumentare il terrorismo. Penso che sia automatico! Probabilmente la guerra si fa per 2 ragioni: uno è l’accaparramento di materie prime, atte al sostentamento e al benessere dei forti contro quello degli altri o di chi ne potrebbe approfittare, l’altro è che sembra che stia nascendo un nuovo tipo di "crociata"; noi siamo la civiltà occidentale con i nostri giusti alti valori (quindi anche cristianesimo!!), talmente alti che ci possiamo permettere di esportare le nostre "conquiste" con la forza!!!!!!!!!! Per far si che altri popoli diventino come noi! Ma se loro non vogliono diventare come noi??!!. Ecco, la gente sa tutto questo, ma decide di credere alle favolette che raccontano su pericolosi uomini islamici, barbuti e stranamente vestiti, che vanno eliminati col missile americano buono e gentile. Non è colpa del controllo dell’informazione, che pure credo ci sia e che sia estremo in particolare in Italia (guardatevi un tg4 o simile e poi andate su un qualunque blog, tra Travaglio o Grillo o chi che sia e poi pensateci) ma è proprio l’uomo che fonda la sua vita su alcune certezze, perché altrimenti impazzirebbe; quando poi certezze non ce ne sono se le inventa o è contento di credere anche a cose assurde, date però per vere o naturali dalle autorità riconosciute (vi siete mai chiesti cosa ha di naturale la famiglia? Avete mai visto una lucertola convolare a nozze con un camaleonte?). Di tutto questo i videogiochi moderni sono vittime assolute.
Inventarsi qualcosa di nuovo è pericoloso, se lo fai, lo devi far diventare subito un nuovo standard, una nuova categoria, lo devi classificare per renderlo comprensibile agli acquirenti mediocri, come ha fatto nintendo con Wii, dove avrebbe avuto veramente le carte in regola per innovare (come ha fatto con Mario Galaxy) ma si è subito seduta sugli incassi che danno i game party e le riedizioni di giochi già visti e rivisti come Mario Kart, Mario Smash Football, che comunque riscuotono "dai più" grandi favori. Anche se devo dire che Nintendo rimane una delle "case" che osano di più (il Nintendo Ds è secondo me validissimo, di cui il Wii ne è un’evoluzione), i tempi del primo Mario Kart, del primo, F-Zero e Pilotwings, così come Actraisers (anche se non è un prodotto Nintendo ma un prodotto per una console Nintendo), sono davvero lontani. Per fortuna, giochi come Trauma Center e Brain Training riescono a far sopportare meglio la lontananza.
"Quello che si profila per i videogiochi è un futuro che assomiglia al cinema, non so se ad un surrogato o un'evoluzione di esso, fate voi ma non importa."
Beh il futuro è difficile da prevedere. Il fatto di assomigliare sempre di più al cinema non è una caratteristica negativa in quanto tale. Bisogna vedere come si evolverà. Secondo me prima o poi l’hardware diventerà così potente che i videogiochi si tramuteranno in vere vite alternative, vite in cui si può o semplicemente vivere un’esistenza lontana da quella reale o vivere di volta in volta avventure, magari pericolose, diverse ed emozionanti, come un Tomb Raider in prima persona o prendere direttamente parte a una campagna interstellare. Magari si interfacceranno direttamente col cervello. Si potranno avere diversi scenari futuri. Se la società sarà come adesso. Mi immagino simulatori di "successo, carriera" in particolari forum in cui tutti ti possono vedere, o meglio in cui ci si può far "notare"(l’età dei figuranti -da Caparezza-), con poca rivoluzione e ancora legati molto alla vita reale perchè chi comanda il potere non vuole troppe rivoluzioni, ma desidera che tutto sia sempre com’è. Spero invece in simulatori capaci di farti diventare chi vuoi, in grado di far notare al giocatore la debolezza concreta dell’ "io" che è in sostanza una costruzione mentale, costringendolo a diventare creativo ma non falso e obbligandolo a evolversi costantemente, a non dare mai nulla per scontato. Per fare questo però, in corrispondenza dell’avanzamento tecnologico dei sistemi per videogiochi ci vorrà un’evoluzione dell’uomo. Altrimenti un sistema del genere, che ti fa vedere quanto finte siano le varie spiegazioni sulla vita, potrebbe essere totalmente deleterio per un qualsiasi uomo e portarlo alla pazzia. Forse saranno i videogiochi a salvarci...
Molte cose non sono state approfondite in questo articolo (presumo che se questa mia scrittura fosse stato un tema avrei preso tra il 4 e il 5 perché ALCUNE tesi non sono sostenute da sufficienti prove; per fortuna non è un tema). Questo perché ho tentato di trattare più che altro il tema dei videogiochi nella società attuale e perché ho dovuto sintetizzare al massimo per non stancare troppo il lettore. Per meglio capire questo scritto si vedano quindi: 1: l’articolo bellissimo di Musehead. 2: la teoria dei database (la progettazione concettuale: le astrazioni). 3: il pensiero di Freud (l’io non è padrone a casa propria). 4: il pensiero di Nietzsche (volontà di potenza e oltre uomo – mi raccomando da non leggersi l’interpretazione bassa ed errata che mette in relazione queste cose con il nazismo o altre cavolate varie: oltre uomo è un uomo che non ha più bisogno di crearsi spiegazioni sulla vita e che non "sclera" quando queste vengono meno; volontà di potenza è la volontà di imporre la propria visione del mondo inconscia (quindi celata anche a chi la porta con sé) agli altri, e per far questo la parte razionale crea spiegazioni razionali atte a far si che anche altri -e se stessi- reputino valide quelle teorie).
Per concludere lo scritto mi sembra doveroso parlare anche dei titoli di vecchia generazione. Quando tutto era un’esperimento, un’avventura, i programmatori dovevano inventarsi in che modo l’utente avrebbe interagito con la loro creazione. C’erano certamente regole di mercato, ma ancora non si sapeva quale titolo avrebbe probabilmente, venduto più di un altro. E allora ecco gli sparatutto, i platform, i giochi di guida, i primi strategici e le prime avventure, i laser game, i controller a forma di palla da far rotolare, i primi giochi ad utilizzare sistemi ad infrarossi e anche l’evoluzione tecnica, aveva un perché; era il nuovo che avanzava. I primi videogiochi avevano una trama minima, risicata; la storia era un banale pretesto, oggi è una parte portante del gioco. Giocando potevi usare fantasia e creatività. Mi ricordo che con i piacchiaduro a scorrimento mi sfogavo dalle angherie sopportate a scuola e al lavoro. Ogni volta picchiavo il mio capo o un professore: pugni al volto e allo stomaco, un bel calcio volante e uno "spacca cranio" che fa sempre bene. Vi assicuro che mi è servito. Con i videogiochi potevo anche dimostrare a me stesso quanto ero bravo, visto che finire alcuni giochi di allora era veramente motivo di vanto. Potevi inventarti la tua storia e immaginare oltre la grafica. Partecipavi alla creazione della tua esperienza con la tua immaginazione e creatività insieme, ovviamente, al lavoro svolto dai programmatori.
Dovendo "inventare", i creatori di videogiochi, erano capaci di fare cose assurde e magnifiche. Quale bellezza ha spaccare una cabina del telefono e trovarci dentro una mela! (Street of Rage); cosa avranno voluto significare?... che in america la gente si dimentica le mele nelle cabine telefoniche? E come non citare il pollo arrosto contenuto nelle pile di pneumatici usati! Semplicemente superlativo (Final Fight). Cosa vorrà dire? Una casualità? Un frutto dell’inconscio di qualche programmatore? Forse che qualcuno ha mangiato un pollo al sapore di copertone? O è la visualizzazione della prigionia del cibo in scatola?!
E ancora; perché se Mario prende a pugni o testate un mattone ne fuoriescono soldi? Che Miyamoto abbia previsto il rialzo del valore degli immobili?
Insomma, si interpretava un’opera o produzione quale la si voglia chiamare. Pensate oggi ad uno sparatutto in prima persona dell’ultima generazione (mi riferisco a prodotti di massa e non alle eccezioni), ora pensate di sparare ad un vetro, che succede?... che si rompe il vetro e lo vedrete con effetti talmente realistici che avrete paura di tagliarvi. Non succederà null’altro, a meno che non vi sia nel gioco un contesto specificatamente non reale. Oggi non si può più fare ciò che ho appena descritto sui vecchi game. La trama, oltre ad aver avuto un’evoluzione incredibile fin a sembrare un film, è presente e ripresentata più volte lungo lo svolgersi del gioco. Questo non è un male, io credo che sia una cosa positiva. In questo modo i programmatori possono dare alle loro creazioni atmosfere e storie inimmaginabili agli albori dell’età videoludica. Il problema è che il sistema commerciale o capitalistico tende a diffondere solo questo tipo di videogioco rendendolo la norma! Io sono del parere che insieme ai videogiochi moderni dovrebbero convivere nuove produzioni fatte come quelle retrò e anche nuovi esperimenti. Il problema è che, nella civiltà attuale così come nei videogiochi, si sta tentando di eliminare: partecipazione, creatività e interpretazione soggettiva! (che sono le caratteristiche più importanti per differenziare un uomo da un’animale – e per differenziare un uomo dall’altro -). Per fortuna non ci sono ancora riusciti del tutto, e lo dimostrano i molti titoli ottimi che ancora vengono pubblicati. Oramai la società tende a fossilizzarsi sulle cose che ritiene di aver raggiunto (si ritiene la società occidentale tanto avanzata quanto giusta e portatrice dei soli valori veri e insindacabili – una società arrivata), illudendosi di aver già capito tutto ciò che le serve; così facendo si sta suicidando, ormai la grande spinta che ha fatto sì che l’uomo sapiens sapiens potesse elevarsi e progredire nelle arti, nella tecnica, e nella civiltà sta esaurendosi; ovvero la capacità di crearsi le ragioni di vita per sottrarsi al nichilismo ha perduto la sua utilità; è ora che l’uomo si evolva per non soccombere sotto sé stesso.
Musehead ha scritto che gli esperimenti vengono affidati alle produzioni low budget; beh penso che nella logica capitalistica sia la sola scelta possibile. In quella produzione sperimenti se quel brand può funzionare, o meglio se vende, e se funziona allora ci investi su.
Vorrei però notare un’altra cosa. Se da un lato, sembra che i prodotti di questa società si stiano disumanizzando, i pubblicitari si sono evoluti esponenzialmente proprio negli ultimi 30/40 anni. Per farmi capire meglio: prendete i sistemi di una volta, come si chiamavano? Sega Master System, Nintendo Entertainment System, Commodore 64… nomi dal valore razionale. Cos’è un Sega Master System….un professore dei videogiochi presumo, e un NES è un sistema di intrattenimento della Nintendo. Il Commodore è 64 perchè ha 64 Kbyte di memoria ram. Prendete i nomi delle console moderne. X360 e che è, un’incognita elevata alla 360 esima? Un agente segreto? un’astronave parente dell’ R9 di R-Type? Una Playstation è una stazione da gioco? Ma che gioco? E ancora, una stazione di arrivo o di partenza… o tutti e 2?
Giochiamo col Nintendo Wii? Wiiii che bello!
Una volta c’era la "stufa" o il caminetto, oggi c’è il calorifero (ok non è modernissimo ma va bene come esempio). Caspita, ho un portatore di calore in casa!!
Un tempo esisteva la Fiat 127 o la Fiat 1100 (1100 di cilindrata, è come chiamare un 8 bit 8 bit, notate qualche somiglianza?….) o ancora la Renault 4; oggi abbiamo la Grande Punto (che sarà mai?!) o la Panda (ho comprato un animale con le ruote? Cosa mi evoca? Posso andare in giro per la strada come se fossi nella giungla?) o ancora la Volvo V70…pur essendo un banale accorciamento di Volvo70, V70 sembra una cosa davvero potente, non vi sembra? (salvo anacronismi attuali quali la Peugeot 207 e altre).
Oggi quando vendono un’auto con il climatizzatore (solitamente) non dicono cha ha il climatizzatore ma il clima… caspita magari anche le stagioni.
Avevo un 486 a 66 Mhz oggi ho un AMD Athlon Dual Core 2Giga with motherboard Asus and turbo cooler!!!, mamma mia ma cosa ho comprato, mi fa paura!!
Potrei andare avanti per ore, ma mi fermo qui.
Insomma, sembra che i pubblicitari abbiano preso lezione dal simbolismo, dalla parte evocativa e spessissimo inconscia della parola; hanno capito che il codice della stessa ha meno significato rispetto alla sua simbolicità. Non a caso l’X-Box ha smesso di essere una scatola, ovvero una cosa che potrebbe essere facilmente riconoscibile (a livello razionale) e classificabile (una scatola) e ancora confortante e protettiva. Loro, i pubblicitari, chi ci vuole vendere qualcosa, che sia un prodotto o un partito politico, sì che si sono evoluti (paradossalmente), solo che usano questa conoscenza sopraffina per fregarci! E stanno tentando di porre un "significato comune" alla nostra interpretazione personale e inconscia. Ci vogliono far diventare automi prevedibili. Ma questo farebbe bene all’economia, ti farebbe diventare più ricco e ne guadagneresti anche tu (direbbero loro).
Per fortuna non ci sono ancora riusciti, o almeno spero.
(Piccola ma importantissma precisazione. Mi sono accorto di non essere stato troppo chiaro sul significato che ha il termine "massa" o "società di massa" nel mio articolo: qualcuno potrebbe dire che al giorno d'oggi non esiste una vera società di massa! Non ci sono grandissime aggregazioni di credenti Cristiani per esempio, o enormi gruppi di persone che militano in un solo partito o che comprano tutte la stessa cosa.
Bene ecco la mia precisazione: A mio parere la massa -attuale- è la società di persone che devono ancora trovare qualche falsa giustificazione alla loro vita, che non serve solo a spiegare l'esistenza ma anche a conferire un proprio "IO". Quella società di persone che nonostante la crisi dell'uomo moderno già raccontata da Italo Svevo, che quindi non può più credere nei falsi miti -ma invece tenta lo stesso-, che non può più possedere un "IO" forte come nei tempi passati -leggere per esempio Pascoli-. Cosa fa secondo me questa società? Succede che la "massa" pur frammentata in molte diverse realtà, tenta ancora di credere a qualche mito che possa indicarlgi il bene e il male, che possa dirgli perchè si vive e che possa strutturare un "IO", per esempio: sono un ingegnere, credo in Dio che mi ha messo qui per espiare le mie colpe e che farà in modo che il bene vincerà. oppure: ho uno stile trendy, per questo sarò accettato dagli altri trendy, lavoro e ho una famiglia per questo sono una brava persona dai grandi principi morali. IO sono un ing, prof, dot, IO sono timido per questo non posso affrontare determinate situazioni, IO sono giusto, Io ho uno stile di vestire e di atteggirami che più si avvicina al mio essere, ovvero al mio IO. Ecco, secondo me invece, la crisi dell' uomo moderno che dovrebbe portare gli individui a conoscenza dell'inutilità delle spiegazioni -Leopardi ci era già arrivato- e che dovrebbe smontare l' "IO" portando sempre più avanti la condizione "dell'inetto", dovrebbe essere il primo passo verso la condizione di "oltre uomo" ma pare, che per ora non sia così e questo mi rattrista. Mi rattrista anche perchè credo che, almeno per quello che riguarda Italia e America, la nuova illusione sia l'immagine. La civiltà dei figuranti -da Caparezza- le persone che devono apparire, belle o brave o appartenenti nello stile che "va" di più a tutti costi. Ma solo in "apparenza" e non realmente)
Infine vorrei aggiungere alcune mie affettuose ricordanze videoludiche:
Noooooooooo! non sono riuscito ad atterrare nel centro! (Pilotwings – Super Nintendo)
Papàààà il videogioco mi parla!!!!!!! (Punch Out - arcade)
Un uomo con la testa in mano mi insegue! (Ghouls’ n Ghost - arcade)
Hei un medikit qui dentro nella sfinge egizia…ma chi lo avrà fabbricato un antico egiziano? (Tomb Raider – Playstation)
**xx*x++--**+* (Street of Rage – Sega Mega Drive)
Turutururutururuturu tu tu tu turu tururu tururu (Robocod – Amiga 500)
Jan ken bum! (Alex Kidd in Miracle World – Sega Master System) (non so se si scriva veramente così)
SSSEEEEGGAAAAAAA (Sonic - Sega Mega Drive)
Haadooooooooken (non ha bisogno di commenti!)
Tutto quello che ho scritto è un parere personale e non ha valenza di "verità".
Un caro saluto
Dario "Dariolino78" Lanzetti