La ricerca, legata soprattutto ai fini del mondo dell’impresa, ha fatto chiarezza sui propri punti metodologici mediante la presentazione avvenuta Mercoledi 4 Marzo presso il centro Congressi d’Ateneo della università La Sapienza di Roma, alla quale erano presenti come spettatori il sottoscritto e il giornalista Lorenzo Antonelli (collaboratore di AIOMI, Associazione Italiana Opere Multimediali Interattive).
Fra gli invitati in conferenza stampa nella prima fase della giornata figuravano Mario Morcellini (preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione), Gaetano Ruvolo (General Manager SCEI), Gianfranco Pecchinenda (preside della Facoltà di Sociologia dell’Università di Napoli Federico II) e Marco Mele (giornalista de Il Sole 24 Ore).
Il motivo principale dell’indagine della Facoltà è stato quello di comprendere come sia possibile incrementare il marketing attraverso le modalità di raccolta fondi in rete (fundraising online) e la ricerca di lavoro (recruiting aziendale).
Ma cosa c’entra infine il videogioco con questa ricerca?
Tutto, a detta di Sony e dei ricercatori coinvolti.
L’attività ludica viene difatti confermata come “porta di ingresso” per le analisi del rapporto tra il mondo di impresa e le nuove modalità di interazione in rete, e i censimenti svolti sui siti di social networking nazionali e internazionali, con risultati ancora da pervenire, sottolineano tale centralità.
Il videogioco, incensando immedesimazione e coinvolgimento, favorisce l’interiorizzazione di contenuti aumentando l’efficacia della sensibilizzazione. E’ inoltre strumento di e-recruiting, valutazione del personale attraverso l’analisi di capacità cognitive, strategiche ed esperenziali (business game aziendali) e di recruitement tool per il reclutamento e l’addestramento virtuale (America’s Army).
Viste le personalità presenti alla conferenza, in qualità di "protagonisti" del discorso culturale sul videogioco, è interessante effettuare una breve cronaca circostanziata dei singoli interventi individuali. E’ da premettere che la conferenza stampa ha avuto esiti abbastanza contraddittori in merito agli interventi sollevati, non tanto per ciò che concerne l’argomento principale quanto piuttosto per la mancanza di coerenza tra i vari ruoli professionali ricoperti dai presenti
Memorabile la sua chiusura con la consapevole affermazione “Il videogioco è qualcosa di serio”.
Il ragazzo ha chiesto come mai Sony, visto il tanto parlare durante la presentazione della centralità della Sony stessa sul ruolo del social networking in Italia (Home) e della comunicazione fra gli utenti iscritti su PSN, non snellisca i protocolli di comunicazione sullo stesso PlayStation Network. L’intervento, del tutto comprensibile e dovuto, era mirato a notificare quanto sia ridicolo oggi non poter comunicare tra videogiocatori che giocano su piattaforme differenti e, implicitamente, a non poter comunicare agevolmente mediante chat private con altri utenti/amici su PSN (PS3 difatti non permette la chat vocale se non si sta giocando in co-op nello stesso gioco e senza dover necessariamente uscire dal gioco per entrare in una chat room privata, come avviene fluidamente invece grazie al Live di Xbox360, ad esempio).
Messo di fronte ai limiti di Playstation3 su questo versante, Gaetano Ruvolo da principio non ha aperto alcun spiraglio di mediazione sulla questione, bensì ha perentoriamente trattato della “Diffusione a lungo raggio del sistema PS3 rispetto agli investimenti” adducendo che le Imprese sono fondate sulla legge del profitto per il quale Sony ha da sempre posto la tecnologia (DVD, Blu Ray, multimedialità, ecc) a proprio favore quale distinguo rispetto al mercato.
Si è trattata di una risposta completamente fuori misura rispetto alla circostanziata domanda su limiti congeniti della comunicazione on line su Playstation3.
A detta del giornalista, Sony “ha paura” di aprire le frontiere della libera comunicazione su PSN la quale potrebbe risultare controproducente per l’azienda stessa in quanto gli utenti Playstation potrebbero consigliarsi più facilmente su come “copiarsi giochini” e fomentare in tal modo il fenomeno della pirateria come accaduto in passato.
Ogni contrarietà in merito a tale intervento è del tutto legittima.
Nel pomeriggio l’incontro si è spostato nell’Aula Wolf della stessa Università, orfana di Gianfranco Pecchinenda, ancora in lista di partecipazione ma purtroppo in ripartenza.
E’ ovvio che si tratta di una posizione ampiamente puntualizzabile.
Viene cosi sollevata una domanda diretta, ovvero come poter cercare fondi di finanziamento in Italia e mettere su ad esempio una società a responsabilità limitata che si occupi della questione imprenditoriale di un prodotto videoludico, senza restare strozzati dalle relative maglie fiscali.
E’ stato a quel punto che, in aperta contraddizione con quanto in precedenza affermato, il professore Mattiacci, più seriamente che ironicamente non si é fatto scrupoli ad incoraggiare l'interlocutore rispondendo che, se ben gestito, l’Italia è un paese che offre il miglior strumento nelle mani dell’imprenditore:
l’evasione fiscale.
Un piccolo esempio volto a rimarcare l'endogena difficoltà del nostro Paese quando si tratta di concepire una chiara posizione di discussione sullo sviluppo e sulla distribuzione di un oggetto culturale “serio” come lo sono oggi i videogiochi.
Luigi "BraunLuis" Marrone