Due slot cartucce di gioco con una di esse dedicata anche alla cartuccia/modem, quindi possibilità di collegarsi a internet, ancora la prima volta per una console portatile. Inoltre la console si comportava proprio come una piccola agenda, avendo anche una rubrica telefonica e la calcolatrice. Prezzo finale 70 dollari più un gioco, il rompicapo Lights Out.
Ultimo ma non ultimo uno stile più adulto e aggressivo, che si distaccava un po’ dalla giocosità della piccola console Nintendo, e lo si notava soprattutto dai primi giochi pubblicati al lancio tra i quali spiccano Mortal Kombat Trilogy, Duke Nukem 3D ed un certo Resident Evil 2. Addirittura vennero lanciati tutta una serie di periferiche tra le quali in cavo seriale, chiamato compete.com, che permetteva di collegare due console per partite in multiplayer o scambio dei punteggi, oppure accessori “firmati” per chi era all’ultima moda.
A leggere queste prime righe sembra che si stia parlando della console portatile dei nostri sogni di fine anni 90, ma quanti se ne ricordano? Passata quasi inosservata, tanto dell’ombra che faceva il piccolo Gameboy, Game.com partiva con grandi promesse per finire, come molte console portatili dell’epoca, nel non mantenerle. Il touch screen era inutile e veniva usato solo per Light Out e Wheel of Fortune (e il passabile solitario in memoria della console) e non ancora maturo. Infatti lo schermo aveva una bassa risoluzione del sensore del touch e non permetteva input precisi. Inoltre la memoria della rubrica era “alimentata” dalla classica batteria bottone che una volta scarica portava alla perdita di tutti i dati. Frustrante. Lo schermo aveva un refresh molto lento e nei giochi dove il ritmo era più veloce non era raro che si verificassero episodi di ghosting (a dir la verità presenti anche nel primo Gameboy), cioè la scia che lasciano i pixel, una sorta di motion blur.
E vogliamo parlare della possibilità di collegarsi a internet? La scomodità: il modem (a 14.4 kbps) era una cartuccia che poi andava collegata alla presa del telefono in modo da connettersi all’esclusivo e costoso provider di game.com dove caricare i punteggi da condividere con altri giocatori. Se l’utente voleva navigare sul web (tutto rigorosamente testuale) doveva comprare un’altra cartuccia da far girare in tandem con il modem. Credo che in pochi abbiamo solo pensato di poter usare questa feature.
Se invece si guarda ai titoli dei soli 20 giochi presenti sulla game.com si rimane quasi esterrefatti e sorpresi di come la Tiger sia riuscita ad ottenere la licenza di alcuni di essi. Tra i tanti spiccano i già citati Resident Evil 2, Mortal Kombat Trilogy e Duke Nukem 3D. Ma anche roba tipo Sonic Jam (si proprio il porcospino SEGA), Fighter MegaMix e tie-in come Batman e Robin e Jurassic Park. Senza contare la lista dei tanti giochi cancellati tra i quali Metal Gear Solid e Castlevania: Symphony of the Night. Peccato che la qualità media era molto bassa e i giochi furono solo l’ombra dei capolavori che vedevamo su Playstation e Saturn. Si, perché nonostante i nomi di richiamo, non esistevano Terze Parti (credo che Capcom o SEGA non si siano manco avvicinati per sbaglio alla console), ma i giochi erano sviluppati tutti internamente e la Tiger non mi sembrava famosa per essere una grande software house.
Diciamo che è stata una grande occasione mancata, dato che nonostante nomi di potenziali killer application, non c’erano vere e proprie esclusive e alla fine le vendite furono molto scarse. Perché giocare a versioni super castrate di videogame che abbiamo già stragiocato sulle console casalinghe? Forse questa domanda in Tiger Electronics non se la sono mai fatta e l’appeal della console verso il pubblico venne a mancare.
All’epoca la game.com venne addirittura quasi completamente ignorata dalla stampa specializzata. E la Tiger non è stata neanche capace di imbastire una campagna marketing efficace portando nelle televisioni spot tristi e poco efficaci. Per esempio uno degli spot era mirato ai giocatori casual e raffigurava diversi angeli che si lamentano della noiosità del paradiso, finché non arrivava un angelo con il suo game.com. Fortunelli!
Un altra pubblicità scimmiottava gli aggressivi spot di Sega of America, all’epoca del Genesis, mostrando un nano che insultava una folla di giocatori, elencando le grandi caratteristiche del game.com, finché una folla inferocita non lo travolgeva. Il trash più puro.
Non c’è da meravigliarsi che il game.com smise di essere supportato ufficialmente nel 2000, solo dopo 3 anni dalla sua uscita, insieme all’inutile provider esclusivo.