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Negli ultimi mesi siamo stati viziati particolarmente bene dai computer a 16-bit e la buona notizia è che non si avverte la minima flessione. Quel che manca a questo mese di Aprile è il superclassico, dato che sono tanti i giochi di elevata caratura ma pochi i candidati ad entrare nei primissimi posti nel cuore dei videogiocatori. Ma andiamo con ordine.

Alcune software house hanno fatto dell'acquisizione di licenze un vero e proprio mestiere e la Ocean è sempre stata maestra in tale pratica, peccato che poi i vari tie-in soffrissero della nota qualità altalenante, anche se è stato tangibile il miglioramento mese dopo mese. Stavolta è il turno di The Addams Family (ARTICOLO SU RH), che finisce con sbarcare in ogni possibile formato, e la Ocean ne affida lo sviluppo ad una squadra interna fatta di gente pratica con le trasposizioni da film. Il risultato finale, in effetti, è soprattutto un platform di mestiere, privo di lampi di genio quanto di gravi difetti: la grafica è fluida, i disegni simpatici ed appropriati, l'area di gioco molto ampia e ricca di zone da scovare, ma fa da contraltare una certa anonimia generale che lo rende nulla più che un dignitoso esponente del genere, che non è poco.
Altro blockbuster cinematografico, altra licenza conquistata dalla Ocean, altro team interno in cabina di regia. Hook vantava un cast da paura tra Robin Williams, Dustin Hoffman e Julia Roberts e non poteva che sbancare il botteghino, ma per i computer la Ocean pensa a qualcosa di insolito: un'avventura grafica, pur non potendo contare fra le sue fila dei grandi esperti nel campo. Il background di giochi d'azione dei programmatori si traduce in un coding molto efficiente, con ottima velocità di esecuzione e snellezza, ma la vera sorpresa che anche le peculiarità tipiche delle avventure si presentano a dovere, con enigmi ben strutturati ed atmosfera coinvolgente. Un po' facile e palesemente ispirato alla tradizione Lucasarts, ma appetibile per appassionati e non.
Il vero problema dei grandi game designer è che molto spesso oggi sono attratti dai lauti guadagni di prodotti indirizzati alla massa più che dalle prospettive economiche di videogame molto estrosi ma inevitabilmente di nicchia. La Sensible Software, però, è stata leggendaria proprio per la sua capacità di mantenere il giusto equilibrio, alternando successi clamorosi ad iniziative meno risonanti ma ugualmente interessanti, proprio Clicca sull'immagine per ingrandirla. 

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ID: 259147come Wizkid, seguito molto diverso di Wizball. Impossibile inquadrarlo in una categoria: la nostra testa rimbalzante può munirsi di gambe e braccia, deve superare sezioni action ma anche fasi d'avventura senza farsi mancare neppure le parole crociate. Un festival della creatività assolutamente spiazzante ed unico che ha senso solo in veste di delirio artistico finalizzato all'intrattenimento. Un'esperienza da provare.
Sapete a cosa si dedicano gli sviluppatori di Ambermoon e Lionheart questo mese? Certamente a qualcosa di profondamente diverso dato che A320 Airbus è quanto di più lontano esista dal fantasy. E' un simulatore di volo civile, proprio come Flight Simulator anche se qui il protagonista è il velivolo che dà il nome al gioco. E' un prodotto indirizzato a un pubblico disposto a sacrificare ore su un software semplicemente per simulare il trasporto passeggeri. Tuttavia, il tema viene trattato con la giusta cura e soprattutto con i giusti mezzi e non a caso nella scatola del gioco fa bella mostra una mappa molto dettagliata sulla quale sono tracciate le tratte realmente coperte dall'A320.
Dalla francese Infogrames ci arriva Alcatraz, nel quale si immagina la nota prigione presa d'assedio da un signore della droga che riesce nel tentativo di assumerne il controllo. L'area pullula di criminali e l'esercito americano provvede a mettere a punto un blitz di cui noi siamo protagonisti. Molte le idee lodevoli di questo titolo che presenta costantemente un video diviso in due parti per consentire agevolmente partite in doppio. Vi sono due fasi distinte: la prima è a scorrimento orizzontale e dovremo sfruttare meccanismi stealth, la seconda è più coraggiosa e presenta un'inquadratura in prima persona per esplorare gli interni della prigione. La giocabilità non è sempre perfetta ed ovviamente dà il meglio di sé nelle partite in doppio, mentre l'atmosfera è di sicuro il maggior pregio di Alcatraz.
Roger Rabbit ha avuto un successo strepitoso all'inizio degli anni Novanta ed è stato omaggiato da diversi videogames. Hare Raising Havoc è un prodotto molto particolare, una sorta di action adventure spalmato su sei floppy disk che si mette subito in mostra per una grafica straordinariamente somigliante a quella del film, anche grazie a sequenze di intermezzo molto curate. La struttura portante è vittima della gradevolezza estetica, dato che per far fronte al dettaglio di sprites e fondali ci rimette la velocità di gioco. Il compito di Roger Rabbit è di attivare i tanti meccanismi che incontrerà lungo la sua strada per recuperare Baby Herman fuggito di casa. Un “trial and error” che funziona soprattutto per meriti dell'estetica.
Uno degli action game più venerati del Commodore 64 era Myth della System 3, e tale Clicca sull'immagine per ingrandirla. 

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ID: 259148publisher voleva fortemente riproporlo sul ben più performante Amiga. E' doveroso premettere che sembra quasi un altro gioco, a partire dal personaggio che passa dal ragazzetto in jeans ad un Maciste dello spazio-tempo. Anche i livelli sono in parte ridisegnati, ma la sensazione è che, pur trovandosi di fronte ad un valido gioco, il risultato complessivo sia inferiore all'uscita originale, anche perché stavolta la realizzazione tecnica fa molto meno impressione.
In sala giochi, la miniserie di Hard Drivin'/Race Drivin' ha avuto un discreto successo, soprattutto perché molta cura era riposta nel cabinato che proponeva addirittura un cambio fedele a quello reale, con tanto di pedale per la frizione. Su computer e console il coinvolgimento crollava così come il framerate, data la differenza di potenza dal coin-op, e il coding della Domark è stato sempre problematico. Non è immune da questi difetti anche la conversione di Race Drivin', che almeno regala una gustosa intro animata che rimane l'unica cosa buona. Chi ha un PC potente può giocare fluidamente, su Amiga ed ST le cose sono decisamente più complicate.
Ogni adventure è stato sempre ben accetto dal pubblico dei 16-bit e tanti aspettavano l'adattamento per Amiga di Space Quest IV, già uscito su PC e messosi in evidenza per la splendida grafica in VGA. La Sierra, però, aveva in passato tradito gli utenti Commodore con porting largamente rivedibili e le cose non migliorano con il ritorno di Roger Wilco. Carina l'idea alla base della sceneggiatura che vede il nostro eroe viaggiare per epoche temporali una più demenziale dell'altra, ma l'impegno profuso nel replicare la grafica è inesistente, dato che sembra di assistere semplicemente a schermate con una frettolosa riduzione di colore senza successivo ritocco. Un lavoro così zoppicante che ha fatto sparire per sempre Space Quest dall'offerta Amiga.
L'Amiga e l'Atari ST non sono per niente popolari negli Stati Uniti, al contrario di Commodore 64 e PC e proprio per queste ragioni la Konami sceglie questi ultimi due sistemi per la conversione in esclusiva di The Simpsons Arcade Game. Per chi non dovesse conoscerlo, si tratta di un picchiaduro a scorrimento con i character della celebre serie animata di Matt Groening che permetteva in sala di giocare persino in quattro, feature che sparisce negli adattamenti per computer. La buona notizia è che, considerando i limiti dei computer sui quali è arrivato, il gioco non si presenta male, sicuramente fa una figura migliore di altri tie-in dei Simpsons.
La Sierra aveva lanciato da poco un'avventura dedicata ai bambini mentre questo mese si rivolge ai ragazzi di poco più grandi con Ecoquest: The Search for Cetus. Clicca sull'immagine per ingrandirla. 

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ID: 259149L'impostazione rispecchia fedelmente il nuovo corso interamente pilotato tramite mouse e non poteva neppure mancare una gradevolissima grafica in VGA a 256 colori. Il tema è quello della natura ed è stato ovviamente scelto per avvicinare i giovani al rispetto per il nostro pianeta, ma è bello scoprire come anche i giocatori più adulti possano intrattenersi a dovere con Ecoquest.
Anche la Accolade si è occupata di tanto in tanto di avventure grafiche e questo mese arriva in Europa Les Manley: Lost in L.A., seguito del forse più noto Search for the King. L'inferiorità di queste produzioni rispetto ai campioni Lucasarts e Sierra è fin troppo palese, ma il primo episodio riuscì a guadagnarsi degli estimatori in virtù del suo umorismo non certo politicamente corretto. Il secondo Les Manley secondo alcuni esagera sfociando fin troppo nel sessismo di cattivo gusto, in contrapposizione a quello spensierato e ironico di Larry Laffer, ma il vero problema dell'avventura è la sua eccessiva brevità che fa il paio con enigmi non sempre ben strutturati che spesso costringono il giocatore a recuperare oggetti dimenticati magari nelle prime fasi di gioco.
Due grandi nomi dei primi anni Novanta si riuniscono per la realizzazione di un titolo molto ambizioso chiamato ATAC: The Secret War Against Drugs. Il publisher è la Microprose, lo sviluppatore la Argonaut Games, gente che con le simulazioni ha già dimostrato di saperci fare. L'obiettivo stavolta è un gioco diviso in due fasi di uguale importanza, una strategica ed una di azione. La droga è ormai ovunque e lo Stato decide di mettere fine al traffico stanando tutti i canali di distribuzione, relativi corrieri, fino a risalire ai responsabili principali, tutto tramite un massiccio impiego di unità militari. Nella sezione strategica bisogna individuare le zone calde di passaggio della droga, sfruttare l'intelligence e quant'altro, poi potremo direttamente controllare aerei o elicotteri. Il titolo è straordinariamente interessante ma forse troppo ambizioso, viste le carenze in fatto di intelligenza artificiale che danneggiano il risultato finale. Non è facile da approcciare ma concettualmente è ancora moderno.
Dalla Francia arriva ancora una volta un prodotto molto originale, stavolta fimato Loriciel: Psyborg. Impersoniamo un uomo collegato per qualche oscura ragione ad un macchinario che ci fionda lungo determinati percorsi virtuali nella galassia che dobbiamo percorrere ovviamente nel minor tempo possibile. La telecamera è in prima persona e tutto è realizzato con poligoni pieni o in wireframe e l'effetto finale è azzeccatissimo: in questa maniera si ottiene un gameplay frenetico ma ordinato grazie alla visualizzazione pulita e fluida già sui non velocissimi Amiga ed ST di base. Un titolo lisergico come pochi, peccato che giocarci a lungo potrebbe fulminarvi il sistema nervoso.
L'unica compagnia in grado di rivaleggiare con la Domark in fatto di trash videoludico era la Titus, ma questo mese piazza uno dei suoi titoli oggettivamente migliori. Titus the Fox: to Marrakesh and Back è un platform game con tutti i crismi. La sua vocazione Clicca sull'immagine per ingrandirla. 

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ID: 259150principale è quella esplorativa dato che si caratterizza per livelli veramente enormi, fin troppo secondo alcuni, ma ai giocatori viene intelligentemente fornita una password alla fine di ogni stage. Il ritmo è veloce ma, a differenza di un Sonic, il level design non asseconda passaggi per enfatizzare le doti podistiche del protagonista. Come è facilmente intuibile, si è trattato anche di un tentativo di imporre una mascotte per questa software house, obiettivo mancato di sicuro, ma almeno ne è uscito un videogame decente e molto sopra la media della compagnia.
The Adventures of Maddog Williams doveva essere il primo di una serie ed invece lo sviluppatore Ilyad è fallito immediatamente dopo questa pubblicazione. Peccato, perché si tratta di un'avventura dalla trama molto interessante seppur basata su alcuni cliché tipici del genere fantasy, in primis la principessa da salvare. L'insuccesso del gioco è soltanto commerciale e non critico, considerando che chi lo ha provato ne conserva un bel ricordo. Il vero cruccio è costituito dall'interfaccia testuale che obbliga il giocatore ad impartire ordini via tastiera al protagonista, un ostacolo insormontabile per chi non può vantare una grossa confidenza con l'idioma inglese.
Gli amanti dei racing game si sono eternamente divisi tra sostenitori delle simulazioni ed appassionati di meccaniche arcade, almeno per quanto riguarda la Formula 1. In Francia, il team Lankhor (ARTICOLO SU RH) si schiera per la seconda categoria portando nei negozi Vroom che ci cala direttamente nell'abitacolo di una monoposto da competizione, preferendo lasciare al giocatore il solo gusto di correre senza perdersi in assetti vari. Adorato da molti, il vero segreto di questo titolo si cela nell'engine grafico, in grado di gestire un aggiornamento dello schermo molto rapido grazie all'idea di sfruttare un mix di bitmap e poligoni molto ottimizzato. E' stato anche il titolo che ha lanciato il team tra gli specialisti dei giochi di corse dato che copriranno due generazioni di macchine dedicandosi quasi solo a questi.
Il CD-ROM non è affatto un accessorio diffuso nel 1992, per cui difficilmente si trovava spazio negli angusti floppy disk per inserire filmati o gustosi contenuti esclusivi. La Imagitec Design, allora, escogita una maniera originale per fornirli: inserendo una VHS nella confezione del gioco. L'esperimento avviene in occasione del lancio di Daemonsgate, RPG assai poco spettacolare con scrolling scattoso ed inquadratura dall'alto uscito solo per PC. Sulla videocassetta è presente un'intervista all'ultimo cacciatori di demoni, un'idea simpatica che rappresenta in realtà l'aspetto più interessante dell'intero gioco.
Il tempo passa e per Star Trek è tempo di festeggiare i venticinque anni della meravigliosa serie. L'evento non poteva che coinvolgere anche l'universo videoludico ma su PC arriva per fortuna il migliore episodio celebrativo tra la folla sbarcata su ogni piattaforma: una bella avventura grafica. Molto intelligente l'idea di suddividere il gioco in tante miniavventure che si propongono come capitoli mentre a noi toccherà sfruttare in qualche maniera un po' tutto lo staff dell'Enterprise. L'atmosfera è pienamente centrata ed è sicuramente tra gli aspetti migliori della produzione che comunque propone situazioni ed enigmi sempre appassionanti. Più avanti arriverà anche un adattamento per Amiga AGA.

COMPUTER
Double Dribble della Konami si è imposto forse come il gioco di pallacanestro più popolare del suo tempo, il 1986. Negli anni sono arrivate anche le conversioni, ma in esclusiva per le piattaforme Nintendo, e dopo gli ottimi trascorsi su NES tocca al GameBoy ospitarne l'adattamento. Il quale non è per niente male, anzi, ripropone con efficacia la formula dell'arcade e risalta anche in questo formato ai vertici della categoria.
Il Joker si libera in qualche strana maniera e il supereroe Batman deve nuovamente dargli la caccia. Batman: Return of the Joker non è una novità assoluta dato che pochi mesi addietro è stato pubblicato sul NES, mettendosi in luce principalmente per un reparto tecnico molto apprezzabile. L'elevata qualità del coding è anche una delle peculiarità dell'edizione GameBoy che fa quasi impressione in certi effetti raster. Per il resto un ottimo action-platform, forse persino più giocabile della versione da salotto.
La popolarità di Ultima dilaga anche sul GameBoy e la Origin pensa sia il caso di preparare un episodio dedicato piuttosto che una conversione. Così nasce Ultima: Runes of Virtue che strizza l'occhio alla produzione del genere orientale soprattutto per quanto concerne lo stile della grafica. Al giocatore vengono proposti otto dungeon per recuperare il rispettivo quantitativo di rune necessarie per sconfiggere nuovamente il male, ma non vi sono dubbi sul fatto che non si tratti di un grande gioco. Nonostante ciò, ne verrà persino preparato un seguito.

Per una volta non dobbiamo accontentarci di sole conversioni sul Game Gear, ma Clicca sull'immagine per ingrandirla. 

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ID: 259304partiamo comunque da queste. Molti di voi ricorderanno Fantasy Zone, nato nelle sale giochi nel 1986 su una giovanissima scheda System-16. Si presentava come uno sparatutto fantasy, appunto, molto ma molto cute, dal disegno degli sprites alla tenerissima musica. Dopo essere stato portato con successo su Master System, ecco arrivare l'adattamento per il portatile Sega che è identico, risoluzione a parte. Rispetto al coin-op manca il radar e cambiano un paio di boss, il resto è tutto nella cartuccia.
Stesso identico iter per Heavyweight Champ che però appartiene ad un genere assai meno cute: quello delle simulazioni di boxe. Simulazioni per modo di dire, dato che si tratta comunque di un titolo di origine arcade che sul territorio americano portava il nome del campione James Douglas. Inquadratura laterale piuttosto spettacolare, soprattutto in sala, pugni speciali e quant'altro per divertirsi, peccato che il porting sia stato fatto veramente maluccio e che fallisca nell'ammaliare il giocatore.
Passiamo finalmente ai titoli originali partendo con Popils, realizzato dalla Tengen, succursale della Atari poco stimata. Popils è un puzzle-game a schermata fissa che verte attorno al concetto di distruzione di blocchi per la costruzione di un percorso da attraversare. L'obiettivo di ogni livello è quello di salvare la principessa costantemente intrappolata da qualche parte. Il concept è semplice e funziona proprio per questo, grafica e sonoro sono simpatici e il Game Gear può quindi gustarsi una gradita esclusiva.
L'intuizione della Sega di trasformare Golden Axe in un gioco di ruolo fu apprezzatissima dai fan e dopo un anno circa ecco spuntare anche per Game Gear un'iniziativa correlata: Ax Battler, che di Golden Axe Warrior rappresenta quasi una rivisitazione. Interessante la doppia modalità di gioco, con inquadratura dall'alto nelle fasi esplorative e da perfetto hack'n'slash orizzontale durante i combattimenti. Un gioco così ben fatto che ci si può solo chiedere perché la Sega non abbia deciso di riproporre la formula sulle piattaforme superiori e nelle generazioni successive.

Un solo titolo per Lynx ed è solo una conversione: quella di Toki. Dell'originale abbiamo già parlato in occasione di altre conversioni, ma ricordiamo di come vi fosse ai nostri comandi una scimmia, o meglio un uomo trasformato in essa, alla ricerca della propria donna. Il porting è di livello straordinario e la dice lunga sulle potenzialità del portatile Atari, putroppo afflitto da problemi di portabilità e batteria, ma la fedeltà al coin-op è ai massimi livelli e qualcuno ritiene questa edizione per Lynx la migliore in assoluto.

Il NES, come al solito, si presenta con una quantità di giochi ben nutrita ed anche la qualità stavolta non è male. Partiamo forte con Battletoads, che cerca di cavalcare il Clicca sull'immagine per ingrandirla. 

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ID: 259305buon momento delle Turtles che fanno bene anche con i giochi d'azione per console. Qui non sono tartarughe ma rospi, tuttavia la cosa più interessante è il team in cabina di regia dato che si parla di una certa Rare. Da buona tradizione del gruppo inglese, anche Battletoads è un titolo irresistibile, un picchiaduro a scorrimento difficile ma giocabile, con eroi davvero carismatici ed una tecnica molto curata. Si è imposto come classico per NES e dopo qualche tempo sono arrivate persino conversioni per Megadrive ed Amiga. Da notare come, nonostante l'origine europea del prodotto, la versione PAL sia arrivata ad un anno quasi di distanza dalla pubblicazione americana.
Rimanendo in tema di beat'em up, la saga di Double Dragon è stata pressappoco simbolica sul NES, dove ha raccolto molto amore dei fan. Non poteva che arrivare anche il terzo capitolo della serie che al suo debutto era stato però brutalmente criticato dai cultori del genere. In effetti, di problemi ne aveva, ma, proprio come avvenuto nei porting per computer, questa conversione risulta abbastanza giocabile pur complessivamente inferiore ai precedenti Double Dragon. Non una chiusura in crescendo, purtroppo.
Altra conversione molto attesa, soprattutto dal pubblico europeo, dato che era da tempo presente negli altri territori, è quella di New Zealand Story della Taito. Purtroppo, il popolo dei videogiocatori non può che constatare come non sia stato svolto un lavoro coi fiocchi. La grafica perde in colorazione e il flickering è abbastanza accentuato, ma anche la drastica riduzione della difficoltà non è gradita a tutti. Di sicuro non viene replicato a dovere il feeling del cabinato ed è un vero peccato in quanto certamente alla portata del NES. Controllare il noto kiwi rimane comunque un'esperienza piacevole lontano da scomodi paragoni con l'originale.
Sempre la Taito aveva in sala giochi un altro super capolavoro ancora non adottato dalla circuiteria europea del NES, ma arriva anche il suo turno: parliamo di Rainbow Islands. Per chi non lo conoscesse, trattasi di uno dei non molto comuni platform a scorrimento unicamente verticale. L'unico scopo è di raggiungere la cima del livello prima che l'acqua ci tocchi in partite progressivamente più frenetiche. Una formula straordinariamente giocabile che si trova perfettamente a suo agio sull'8-bit nintendiano, sebbene la palette sia molto distante dalla brillantezza dell'arcade.
La Capcom detiene i diritti per i tie-in della popolare serie animata di GI Joe, una potenziale miniera d'oro che vuole far fruttare senza scadere nel solito adattamento al risparmio. GI Joe: The Atlantis Factor è un platform molto action in due dimensioni, ma cerca di distinguersi dalla massa andando oltre il canonico avanzamento orizzontale. Nonostante parecchi stage vadano comunque risolti alla maniera tradizionale, vi sono sezioni nelle quali bisogna anche esplorare i livelli alla ricerca di particolari oggetti. Interessante anche la possibilità di sbloccare una moltitudine di personaggi tutti con le loro peculiarità e quella di poter portare più di un'arma ed utilizzare quella che si vuole in ogni occasione.
La Sierra sorprende tutti portando nei negozi la conversione di King's Quest V. Clicca sull'immagine per ingrandirla. 

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ID: 259306Superfluo aggiungere che una console non è assolutamente la piattaforma ideale per il genere adventure, ma la casa americana accetta ugualmente la scommessa che in parte può dirsi vinta: è sorprendente, infatti, come il programma scorra senza il minimo tentennamento magari anche lì dove sui computer scattava. La grafica soffre i pochi colori, ma risulta comunque notevole considerando i limiti della macchina. Di brutto ci sono i controlli che rendono il tutto macchinoso, lento ed in ultima analisi non preferibile alle edizioni da pilotare col mouse.
Qualcuno certamente ricorderà il cartoon Wacky Races, ma, nonostante il nome piuttosto esplicito, la Atlus decide di farne un classico platform-game. Alcuni giocatori dell'epoca ci saranno forse rimasti male, ma il prodotto finale è invece convincente. Ai nostri comandi troviamo il cane, Muttley, che deve aggirarsi in livelli a scorrimento unicamente orizzontale con il consueto tour negli scenari più disparati. Il gameplay funziona davvero sia nelle fasi standard che negli scontri coi boss ed anche qui potremo collezionare armi lungo il cammino che ci faciliteranno un po' le cose.
Uno dei maggiori successi della Koei negli anni Novanta è stata la saga di Romance of the Three Kingdoms, fatta di giochi strategici adatti all'utilizzo da console, ma questo mese tenta di offrire una piccola variazione con Gemfire che, pur rimanendo nello stesso genere, abbraccia temi più fantasy e quindi meno credibili, dato che racconta di maghi imprigionati in gemme e signori della guerra pronti ad adottarli. Si segnala una semplificazione delle meccaniche che può fare piacere ai giocatori meno avvezzi alla categoria, peccato che non sia stato svolto un buon lavoro per ciò che concerne l'intelligenza artificiale, con un computer che molto raramente si dimostra in grado di sferrare attacchi vagamente ragionati.
Già nel 1991 era uscito F1 Hero che si presentava come un discreto racing game firmato dalla Human Interactive, eterna specialista della categoria. Aveva alcuni aspetti unici per il panorama console come la presenza dei nomi veri dei piloti e la presenza di tutti i circuiti ufficiali della stagione. F1 Hero 2 parte esattamente da queste peculiarità, ma aggiornando il tutto al nuovo anno. Dal punto di vista del gameplay non si segnalano novità sostanziali, ma quel che c'era andava più che bene.
Troviamo un'altra conversione da computer: quella di Overlord, noto anche come Supremacy. L'uscita originale è distante ormai due anni, ma l'adattamento per NES fa il possibile per riproporre la formula in maniera integrale. La Probe svolge un lavoro egregio nell'adattamento, salvo poi scoprire, ancora una volta, come questo genere funzioni male su console. Al giocatore spetta gestire un impero galattico, non facendosi neppure mancare le dovute battaglie, ma a dispetto di una spettacolarità grafica insolita sia per la tipologia del gioco che per la piattaforma, il divertimento latita.

Mese fiacco per il Master System, dato che può solo trastullarsi con due giochi. Il primo Clicca sull'immagine per ingrandirla. 

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ID: 259307è un tie-in nonché una conversione dell'adattamento per i 16-bit di Back to the Future III. I giudizi al riguardo di questo titolo sono abbastanza contrastanti, in quanto viene spesso considerato il migliore della saga portato in Occidente ma anche un multievento un po' scialbo. Alla fine si tratta di pochi minigiochi relativi ad alcune fasi del film, dalla cavalcata ad ostacoli al lancio dei piatti. Forse un po' troppo poco per i fan, ma pensando al passato...
L'altro gioco è Speedball II, ed anche stavolta parliamo di un titolo che arriva dai computer a 16-bit, veri serbatoi di idee anche per le console. La formula è quella dello sport futuristico e quindi ultraviolento, dato che se da un lato sarà necessario semplicemente imbucare la palla in gol, dall'altro potremo facilitarci il compito frantumando le ossa dei nostri avversari. Bellissimo nella sua versione originale, sui circuiti Sega è di poco appannato, ma il vero problema è che oggi sembra invecchiato non particolarmente bene.

Il PC Engine trova una conversione di un titolo di grande successo soprattutto in terra nipponica: Ninja Gaiden. L'upgrade tecnico non è mostruoso ma decisamente gradito, sebbene le potenzialità della piattaforma non siano affatto avvertibili. Rimane un titolo dalla difficoltà ragguardevole che continua ad essere amato proprio per questo. In realtà, non proprio tutto è superiore all'originale uscita per NES: il sonoro, infatti, presenta musiche assai meno orecchiabili, per alcuni persino insopportabili.
Tocca ad un gioco dal nome complicatissimo Kaizō Chōjin Shubibinman 3: Ikai no Princess, sviluppato dalla Masaya ed appartenente al genere platform/run'n'gun. Un emulo di Mega Man per la console NEC, potremmo azzardare, ma con un peso più contenuto della componente jump. L'obiettivo è sempre quello di spazzar via la maggiore quantità di robot cattivi possibile, questa volta dopo una disperata richiesta di aiuto di una regina di un pianeta alieno. Tecnicamente il titolo non è affatto male mentre il gameplay si mantiene sui livelli di una saga molto apprezzata in Giappone. E' stato pubblicato solo su CD.
Ancora una volta unicamente su supporto ottico esce Rayxanber III della Data West. Il genere di appartenenza è quello dell'horizontal shooter e chiude una trilogia non particolarmente nota. Questo viene piuttosto unanimemente ritenuto un degno capitolo conclusivo, con qualche perplessità sulla grafica dalla palette un po' monocorde, mentre su livelli di eccellenza si attesta il comparto musicale. Le somiglianze con R-Type sono sfacciate, ma per la maggior parte dei giocatori è tutt'altro che un problema.

Il Megadrive ci accoglie con la conversione del seguito spirituale del celebre Dragon Clicca sull'immagine per ingrandirla. 

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ID: 259308Ninja, anche se Two Crude Dudes non si è mai neppure avvicinato ad esso in termini di popolarità. La Data East sostituisce i carismatici guerrieri da strada in canottiera con due truzzi da discoteca passando ad un contesto più futuristico, col solito mondo in rovina. Una buona occasione per rinnovare il parco nemici, che arriva fino ai robot creati da uno scienziato pazzo. Accolto piuttosto bene alla sua uscita ed elogiato per il gioco in doppio con la possibilità di scagliare letteralmente il proprio compagno sui nemici, ha trovato meno stima tra i retrogiocatori. Si tratta comunque dell'unica conversione del coin-op omonimo.
Bizzarro è il percorso intrapreso da Devilish della Sage's Creation ma programmato dalla Opera House. Si tratta di una variazione sul fantasy medievale di Arkanoid che si distingue soprattutto sui 16-bit per una notevole ispirazione nell'impianto audiovisivo. Al giocatore tocca attraversare in senso verticale un playfield pieno di mostri e delle famose mattonelle conosciute ai tempi di Breakout. Nonostante il tutto possa vantare un buon carisma, la Opera House pecca nel gameplay, soprattutto a causa di una pallina dalla fisica largamente rivedibile.
Michael Jordan e Larry Bird sono stati probabilmente le due stelle più luminose dell'NBA dei primi anni Novanta, ma non potevano essere più diversi: un colosso nero da una parte, capace di gesti atletici e schiacciate da antologia, un meno poderoso bianco dall'altra, capace però di compensare la minore esplosività con tecnica e precisione. Jordan vs Bird è dedicato solo a loro due presentandosi come una simulazione cestistica di sfide uno contro uno. Poco spettacolare, ma con le due star ben bilanciate che riescono a dare vita a sfide comunque appassionanti.
Lo stimato Wolf Team aveva realizzato nel 1990 uno sparatutto a scorrimento orizzontale piuttosto apprezzato dal pubblico nipponico, Sol-Deace, che assurse a notorietà soprattutto in veste di launch title per il Mega CD. Prima ancora che l'edizione su supporto ottico arrivasse sui territori occidentali, però, la compagnia Renovation Products la adatta alla consueta cartuccia, dedicata però ai soli Stati Uniti. La bella sorpresa è che non vi sono riduzioni ulteriori a quelle musicali e sono presenti persino alcuni effetti grafici inizialmente imputati alle features avanzate del Mega CD. Buon lavoro a parte, rimane uno shooter dignitoso ma escludibile dall'elite della piattaforma.
The Duel: Test Drive II è il nuovo capitolo di una serie che viene considerata da molti un precursore di The Need for Speed in quanto permette al giocatore di competere su strade urbane sbeffeggiando il codice stradale. Questa volta potremo scegliere tra una Porsche ed una Ferrari in un affascinante uno contro uno oppure nella classica sfida contro il tempo. Peccato che i due anni dal debutto di questo lavoro della Distinctive Software si facciano sentire dato che nel frattempo sono arrivati racing game spesso più emozionanti seppure contestualmente differenti.
Il tempo dei grandi esploratori, vissuto principalmente tra il quindicesimo e il diciassettesimo secolo, ha ispirato anche il mondo dei videogames e Pirates! di Sid Meier pare abbia esteso la sua influenza fino ai lontani studi giapponesi della Koei dato che Clicca sull'immagine per ingrandirla. 

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ID: 259309anche Uncharted Waters contempla buona parte dei medesimi elementi. I bravi nipponici hanno comunque instillato il loro distinguibilissimo tocco alla produzione che vanta una narrazione un po' più articolata. Già visto su NES e MSX, potrebbe esercitare una certa attrattiva sui giocatori più pazienti.
Della produzione firmata Wolf Team si tendono a ricordare principalmente i giochi d'azione, tralasciando le interessanti origini situate nella mini-serie di Arcus, titoli ruolistici purtroppo confinati al Sol Levante e ingiocabili per limiti linguistici. Stesso genere ma anche stessa sorte per Aisle Lord, che avrebbe fatto la gioia dei fan del JRPG, retrogiocatori compresi. L'inquadratura prevede un'insolita terza persona con telecamera alle spalle piuttosto che dagli occhi del party, ma ancora più apprezzabile è il peculiare spostamento a caselle ma con piccole animazioni di intermezzo che rendono il tutto meno brusco con benefici anche dell'orientamento. Ci sono anche elementi punta-e-clicca per un gioco che reclama a gran voce una traduzione.
Era in procinto di giungere anche in Occidente con il nome di Gator Gator World, ma alla fine è rimasto un'esclusiva giapponese col titolo originale e certamente più simpatico di Wani Wani World. La Kaneko individua nei coccodrilli i protagonisti ideali della sua creatura, caratterizzata da un gameplay a schermata fissa nel quale arrampicarsi su scale e piattaforme varie per disfarsi di ogni nemico in un concept che ricorda Lode Runner o ancora meglio il vero padre del genere Space Panic. Per niente originale, riesce comunque ad essere molto divertente grazie ad un ottimo lavoro svolto nel level design.
E' errore comune ritenere occidentale l'origine del videogame A-Train. Esso, infatti, venne solamente importato da Maxis, mentre la prima edizione avvenne per mano della Artdink su alcuni computer orientali. Ed anche A Ressha de Ikou: Take the A Train, purtroppo, rimane lontano da lidi ed idiomi nostrani. In questa versione per il 16-bit Sega, tuttavia, ci sono da fare le solite cose, quindi realizzare una linea ferroviaria di successo che darà poi il via alla proliferazione del territorio che ben presto si arricchirà di case ed esercizi commerciali. Interessante l'implementazione del giorno e della notte, dove nel primo ci sarà la possibilità di pianificare l'espansione della rete e nella seconda eventuali modifiche alle linee esistenti.

Finalmente il Super Nintendo riesce a rivaleggiare col concorrente Sega in termini di quantità dopo mesi in cui si limitava a portare pochi titoli e neppure sempre magnifici. Exhaust Heat è uno di quelli che può mettere in imbarazzo proprio il Megadrive grazie all'uso disinvolto del Mode-7 che, una volta tanto, viene sfruttato per mettere in scena un contesto più realistico come quello della Formula 1. Di simulazione certo non si può parlare considerando che è persino possibile acquistare degli upgrade per il proprio bolide, ma rispetto ad un F-Zero c'è una maggiore focalizzazione sulle meccaniche delle gare ordinarie. Peccato che oltre alla comprensibile spettacolarità all'epoca della pubblicazione non vi fosse un gameplay molto profondo.
Una compagnia quasi appena nata, la Jorudan, lancia Xardion, un concentrato di tutta Clicca sull'immagine per ingrandirla. 

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ID: 259310la cultura fanta-robotica nipponica, con colossi metallici dalle fattezze più disparate fra i quali scegliere per affrontare al meglio le missioni. E' un titolo molto coraggioso, dato che pur presentandosi grossomodo come un run'n'gun vanta piccoli elementi da RPG ed una narrazione molto più prolissa della media dei giochi d'azione. La grafica, purtroppo, è ben lontana dai massimi esprimibili dalla console ed il ritmo di gioco fin troppo lento, difetti che inficiano un quadro altrimenti molto allettante.
The Combatribes non è mai stato un grande gioco né in sala, né sul Super Nintendo né quando è sbarcato sulla Virtual Console, eppure viene ricordato spesso nitidamente dai giocatori. L'impostazione è la classica alla Double Dragon, e non è un caso che lo sviluppatore sia ancora la Technos, ma stavolta c'è meno ispirazione, personaggi poco carismatici e divertimento relativo. Curioso notare come questo gioco sia stato censurato ad oltranza: dalla versione arcade alla NTSC giapponese è scomparso parecchio sangue, sbarcando in America è andato via del tutto, alla pari di alcuni attacchi troppo violenti con i protagonisti che passano da umani a cyborg, mentre sulla Virtual Console è stato persino cambiato il nome della gang cattiva da “Ground Zero” a “Guilty Zero”. Ma davvero qualcuno credeva che avrebbe potuto traviare alcune menti?
Non proprio spessissimo, ma è capitato che qualche videogame riuscisse a guadagnarsi la strada verso la realizzazione di un anime dedicato, ma Villgust è sicuramente tra i meno noti. Si tratta di un JRPG programmato dal team WinkySoft per la Bandai e che fa dello stile super-deformed la sua bandiera. Per fortuna è presente anche una grafica abbastanza dettagliata e la peculiarità di un party di cinque elementi, quindi più ampio del solito. La trama è demenziale a sufficienza e prevede un viaggio in una dimensione parallela medievale nella quale combattere nemici di ogni genere. Da quel che sembra, c'è tanto fumo e poco arrosto, di positivo ci sono di certo alcune patch di traduzione.
Abbiamo già affrontato questo mese l'A-Train per Megadrive, ma la Koei evidentemente non ha ancora esaurito le proprie cartucce a riguardo dalla categoria dei gestionali. Aerobiz si occupa di compagnie aeree e noi dovremo prendere le parti dei manager di successo, o quantomeno provarci. E' un prodotto certamente originale ma anche curato e godibile grazie alla semplicità di utilizzo. C'è bisogno di gestire al meglio tutte le spese della nostra società e intuire tutte le mosse strategiche per archiviare il dominio del trasporto aereo, con la partita che potrà considerarsi vinta solo dopo aver collegato prima dei rivali le ventidue città più importanti del mondo. Era già stato pubblicato, ma solo in Giappone, su Megadrive e non mancherà di generare anche un seguito.
Esistono JRPG che noi europei non possiamo nemmeno immaginare ed adesso parliamo di uno ritenuto da tanti nell'elite dei titoli più demenziali del Super Nintendo se non dell'intero videoludo. Il titolo è Maka Maka e vanta persino l'estro di un vero mangaka Clicca sull'immagine per ingrandirla. 

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ID: 259311di nome Koji Aihara, comunque poco celebre fuori dai confini nipponici. Pur non presentando alcuna grande feature tecnica, lo stile proprio non manca e trasuda il tipico umorismo giapponese dalla lunga sfilata di nemici e protagonisti sempre più buffi. Un must per gli amanti del non-sense, come videogame non è assolutamente trascendentale.
Gods è stato uno dei giochi più controversi dei noti coder britannici Bitmap Brothers. Si presenta estremamente bene con una grafica molto dettagliata quanto ben animata con uno stile carismatico come al solito per questo sviluppatore, ma manca di appassionare. Anche nel passaggio dai computer al Super Nintendo si verifica la medesima situazione, con l'aggravante che il genere di appartenenza fondamentalmente platform è sin troppo affollato. Il pubblico console, inoltre, è abituato a controlli fulminei e pochi fronzoli, mentre Gods soffre di scarsa responsività nei comandi e puzzle un po' troppo macchinosi.
Ultimo titolo del Super Nintendo per questo mese è Battle Grand Prix che tuttavia rimarrà alla larga dei lidi occidentali fino al 1993. E' un racing game riguardante la Formula 1, come altri questo mese, ma stavolta allo sviluppatore KID viene l'idea di scatenare un po' la fantasia. Si nota immediatamente la peculiare impostazione dello schermo, diviso in due parti per agevolare le partite in doppio pur rimanendo tale anche in singolo, ma proseguendo nel gioco si scopre che il campionato prevede tappe inconsuete come GP sul ghiaccio o sullo sterrato. La grafica è qualitativamente ordinaria e non sfrutta alcun preziosismo concesso dalla console, ma la giocabilità abbonda.

Diamo uno sguardo anche a quel che accade in sala giochi dove c'è un solo prodotto destinato alla piattaforma Neo-Geo europea: Soccer Brawl. In Italia gode persino di una certa popolarità, vista la nostra costante fame di pallone, ma qui il tema è decisamente rivisitato in chiave futuristica. I giocatori sono tutti potenziati da impianti di vario genere ed alcuni possono contare su alcune devastanti mosse speciali per scaraventare in porta portiere e palla. Abbastanza spettacolare e giocabile, gli si perdonano anche dei controlli non perfetti.
Passando ai coin-op di vari produttori, troviamo Air Rescue della Sega, non certo uno dei cabinati più celebri del publisher nipponico. E' molto evidentemente un tentativo di rendere tridimensionale il gameplay di Choplifter: ci viene messo a disposizione un elicottero con il quale perlustrare una mappa piena di soldati da salvare. L'effetto 3D è archiviato con le sole bitmap che vengono zoomate ed affiancate per determinare, spesso goffamente, la spazialità desiderata, ma è il gameplay vero e proprio a non colpire più tanto, a differenza degli effetti sonori semplicemente insopportabili.
Tutte le colonne portanti del gaming da sala giapponese passavano da una categoria ludica all'altra cercando di coprirle il più possibile coi loro prodotti, alimentando una splendida concorrenza. La Taito non era la regina dei beat'em up, ma questo mese prova ad insidiare il trono Capcom con Arabian Nights, che inebria il giocatore di fragranze mediorientali e scontri all'arma bianca. Il gioco è parecchio fracassone in quanto punta tutto sul multiplayer a quattro persone, feature comune ad altri esponenti Taito, con i soliti eroi caratterizzati da abilità particolari che devono attraversare sette livelli. Non è un capolavoro, nel tempo è stato poco ricordato.
Vi salutiamo con un altro picchiaduro a scorrimento che, però, può davvero fregiarsi dello status di classico: Knights of the Round. Le mani fatate dei coder della Capcom realizzano un titolo dal notevole successo e dalla giocabilità assolutamente maiuscola. L'ambientazione stavolta è quella di Re Artù, Lancillotto e tanti altri guitti conosciuti in racconti o inventati di sana pianta che danno vita a scontri epici in un contesto audiovisivo sempre gradevole. Alcuni frangenti lasciano comprensibilmente scossi, come lo scontro tra Re Artù ed un ciclopico Garibaldi, ma le sceneggiature giapponesi sono belle per questo. Al prossimo mese!

CONSOLE

Gianluca "musehead" Santilio