Vi anticipo che questo sarà un mese straordinario, soprattutto per i computer!
Cominciamo da John Madden Football che arriva anche su Amiga. Potere della stretta parentela con la CPU del Megadrive, console che aveva reso celebre questo prodotto che, a ben vedere, non era al suo debutto, considerando la precedente installazione, assai meno spettacolare, dedicata ad alcuni computer. La qualità del porting è pregevole e la macchina Commodore può fregiarsi di un titolo di football americano snello e tecnicamente apprezzabile, soprattutto per quanto riguarda le musiche, ma anche sul fronte grafico spiccano alcune soluzioni che fanno uso persino della modalità a 64 colori permessa dall'hardware.
Il secondo gioco del mese è Agony (ARTICOLO SU RH), e con esso non può che venire un sussulto al cuore degli amighisti. Programmato dal team Art&Magic e pubblicato dalla Psygnosis, si configura come uno sparatutto a scorrimento orizzontale, fra l'altro facilmente criticabile nell'analisi dei meriti ludici, dato che l'avanzamento nei livelli è sin troppo ordinario, scandito dall'avvicendarsi di nemici legati a rigidi e poco creativi percorsi di attacco. Del resto, Agony rincorre altro: ogni sprite, fondale o immagine di intermezzo è un gorgoglio di pixel finemente accostati con una cura delirante tanto nello straordinario risultato finale quanto nel potenziale fantastico che esprimono. Gli scenari impossibili scaturiti dal genio di Franc Sauer sono inoltre enfatizzati da un accompagnamento musicale poderoso e contorto, criptico quasi come se volesse emozionare cuori di altre creature. Agony è un trip audiovisivo prima che uno sparatutto. E' stato pubblicato solo per Amiga.
Ad un certo punto della sua carriera, la Adventure Soft cambiò il suo nome in Horrorsoft proprio per dedicarsi esclusivamente a prodotti atti a terrorizzare il giocatore. Il successo più celebre fu quello di Elvira, avventura grafica in prima persona seguita questo mese da Elvira II: Jaws of Cerberus, nella quale impersoniamo il fidanzato
E' difficile trovare le ragioni per le quali B.A.T. II: the Koshan Conspiracy non sia diventato un classico, ma probabilmente vanno cercate nell'apparecchio da collegare al computer fornito assieme al gioco, utile per bloccare la pirateria quanto per fornire all'Atari ST (il gioco era disponibile anche su Amiga e PC) possibilità musicali espanse, ma questo ha impedito al software di arrivare nelle case di quei tantissimi videogiocatori che si affidavano a copie non esattamente ufficiali. Nel gioco impersoniamo un agente speciale nel solito futuro distopico in una città chiamata, pensate un po', Roma 2. Sceneggiatura a parte, è impressionante il mix di generi presenti che spazia dall'avventura grafica in prima persona, caratterizzata peraltro da una splendida grafica, a sezioni da simulatore di volo spaziale senza trascurare diversi piccoli minigiochi. Un titolo letteralmente avveniristico per l'epoca, in perfetto stile francese, patria di grandi idee videoludiche che era anche la terra del team Computer's Dream.
Rimaniamo in territorio transalpino perché anche la Tomahawk risiedeva lì, la quale ci porta il capostipite di una saga di successo: Gobliiins (ARTICOLO SU RH). Le tre “i” del titolo indicano proprio i tre goblins che si avvicenderanno ai nostri comandi, ognuno con le sue peculiarità. Ogni livello è costituito da una singola schermata senza scorrimento nella quale dovremo raccogliere, manipolare e trasformare oggetti per venire a capo di enigmi quasi sempre demenziali, ma la simpatia dei character è travolgente. Peccato per l'interfaccia poco amichevole ed il sonoro quasi assente, perché la grafica è molto gradevole sia nella pulizia di Amiga e ST che nella generosa colorazione VGA del PC.
La saga di Mercenary era in una parola avveniristica. Ambientata in un remoto futuro ed inquadrata sempre in prima persona, era capace di regalarci già su sistemi come Commodore 64 o Amstrad CPC un mondo aperto come quelli che oggi troviamo in GTA e compagni. Beh, quasi! Era presente libertà di movimento, grafica tridimensionale e numerose mansioni da svolgere che diventano ancora di più qui in Mercenary III: the
Il travolgente Mamma Ho Perso l'Aereo del 1991 non poteva rimanere senza tie-in dedicato, tant'è che alla fine è stato capace di approdare praticamente su tutti i sistemi disponibili, ma con giochi diversi. Home Alone per Amiga e PC parte da una buona idea ereditata dal film: piazzare numerose trappole per la casa per infliggere danni alla coppia di ladri che, dopo un certo numero di tranelli riusciti, capitolerà. La teoria funziona meglio della pratica, considerando che se da una parte la nostra creatività deve lavorare, dall'altra il nostro sistema nervoso deve fare i conti con controlli fastidiosi, una lentezza esasperante ed un codice del programma che non ha conosciuto la minima ottimizzazione.
Nella fredda Russia, in un futuro che la immagina ancora circondata da quell'impenetrabile alone di mistero che l'ha caratterizzata nei decenni passati, si consuma un altro disastro nucleare che degenera nella creazione di una nuova ed agguerritissima razza di mostri che noi, supersoldato di turno, dovremo annichilire. Rubicon è un run'n'gun così puro che sembra quasi un papà di Metal Slug. Fra l'altro, non si può certo dire che non sia piaciuto, dato che non sono mancati gli apprezzamenti per le versioni Amiga, ST e, soprattutto, Commodore 64.
Nonostante la veneranda età della pellicola de Il Padrino, nessuno si era ancora preoccupato di realizzarne un videogioco sebbene le atmosfere italoamericane potessero calzare perfettamente alla causa. La sempre temibile US Gold si appropria della licenza ufficiale proprio mentre in sala sta per arrivare il terzo film della serie e per il tie-in intitolato semplicemente The Godfather vorrebbe fare le cose per bene. Le riescono a metà, nel senso che il reparto audiovisivo, anche se non molto fluido, è eccezionale, soprattutto nella maniacale cura dei fondali di Amiga e PC, mentre su ST i colori in meno pesano. Il gameplay da run'n'gun, però, è afflitto da ritmo soporifero, controlli indomabili, monotonia imperante e difficoltà insormontabile, difetti che hanno reso anche questo tie-in un fiasco.
Dopo Pegasus, la Gremlin piazza un altro shoot'em up dalle dimensioni esagerate: Videokid, programmato dagli stessi ragazzi che portarono su Amiga il coin-op Mega Twins. Noi controlliamo un ragazzo teledipendente che viene praticamente risucchiato dalla TV e per uscirne fuori dovrà viaggiare per alcuni canali tematici, dal fantasy all'horror, distruggendo tutti i nemici. Idea simpatica che ricorda un po' Premiere sfruttata purtroppo non molto bene: la grafica è fluida, persino con del parallasse, e non rallenta neppure con la notevole quantità di sprites in movimento, ma il tratto è bruttino; il gameplay è dozzinale e soffre le ambientazioni più da platform che da shooter; infine, il tempo necessario per il completamento, circa un'ora, è veramente troppo per un titolo del genere che non propone neanche variazioni.
Lethal Xcess è uno sparatutto del team Eclipse nato partendo dall'Atari ST, per il quale
La Hudson Soft si avventura in Occidente alla scoperta dei suoi computer, portando con sé la conversione del primo Bomberman pubblicato su PC Engine, qui rinominato Dynablaster, affidata ad una compagine tedesca chiamata Actionamics che, tuttavia, si è sciolta subito dopo questo lavoro. L'adattamento per computer è eccellente e ripropone il divertente single-player dell'originale con una grafica persino più colorata, ma soprattutto un travolgente multiplayer che può coinvolgere fino a cinque giocatori in presenza dell'apposito adattatore per porta parallela. Un classico intramontabile.
Siccome la conversione per Amiga di Wonderboy in Monster Land non era esattamente un capolavoro, a qualcuno venne in mente di inventarsi un videogioco sulla stessa linea, con un'ispirazione palese senza sfociare nel plagio. Così la Digital Magic Software stava programmando Little Beau che convinse il publisher Millennium, il quale impose un cambio di nome in Kid Gloves II per dare un seguito ad un suo vecchio (e non eccezionale) platform. Kid Gloves II è piuttosto giocabile con alcuni buoni momenti, ma senza elevarsi alla gloria dei titoli Westone. Il vero problema qui è nella programmazione, fatta così male da far scattare lo scrolling nonostante la minuscola finestra di gioco e la pochezza degli elementi in movimento, un difetto macroscopico sia su Amiga che ST.
Fra tutte le simulazioni di hockey su ghiaccio possibili ed immaginabili, solo una volta se n'era vista una giocabile tramite mouse: si trattava di Wayne Gretzky's Ice Hockey del 1988. Ovviamente, Gretzky era uno dei campioni più popolari dell'epoca e gli vennero dedicati anche videogames per console ma molto diversi da questo in esame. Wayne Gretzky's Ice Hockey II riparte dalla stessa inquadratura dall'alto molto rialzata del predecessore che però non ha impedito ai minuti sprites di essere dotati di animazioni convincenti. Il mouse indica la direzione in cui devono spostarsi i giocatori, i due tasti per tirare o passare. Bisogna abituarsi ma ci si diverte.
Sperimentare su Amiga era all'ordine del giorno e risultava molto più abbordabile che su console dato che non c'era alcuna royalty da pagare. E' ben noto, tuttavia, che propositi anche molto validi possano sfociare in prodotti di qualità infima e poi, non si sa perché, quando si tratta di calcio ne vien fuori di tutto. L'idea della Impulze era di realizzare una simulazione in grafica interamente poligonale con Graeme Souness's Vector Soccer, Qui è tutto in 3D, ma c'è un abnorme problema di framerate, dato che la grafica è talmente scattosa da non far capire neanche cosa stia accadendo. Si gioca ad intuito, pronosticando cosa avvenga tra due lontanissimi aggiornamenti dello schermo. Questo gioco non è brutto, è inaccessibile.
Raramente succede che un videogame venga rilasciato in Italia con un titolo nel nostro idioma, anzi, il più delle volte neppure le compagnie nostrane se lo permettevano. E' quanto è accaduto, però, con La Storia Infinita II della Linel che, evidentemente, voleva sfruttare l'elevata popolarità di questo film dalle nostre parti. Come da buona tradizione dei tie-in per computer, anche qui godiamo di una struttura multievento che, una volta tanto, non fa del tutto pena: spicca la bontà del codice che ostenta snellezza anche nelle sezioni di volo in pseudo-3D, mentre altri stage sono assai meno esaltanti sia in quanto a tecnica che gameplay.
Dedichiamoci alla nostra italianissima Genias che pubblica Tilt, ideato da Raffaele
In Francia, lo abbiamo già detto, si sperimenta moltissimo con ottimi risultati, ma può capitare che le cose vadano male, se non malissimo come accade a Thunder Burner. Realizzato dalla Loriciel per Amiga ed Atari ST si pone l'ambizioso obiettivo di simulare le gesta di un avveniristico mezzo da guerra capace di assumere la conformazione da mech o addirittura aereo. Il tutto è inquadrato da una telecamera alle spalle di tale gioiellino tecnologico che, però, soffre una schema di movimento goffo a dire poco: per limiti tecnici dell'engine, non possiamo voltarci e tornare indietro, potremo solamente avanzare in un'area evidentemente toroidale dato che dopo un po' ritorneremo al punto di partenza. L'apprezzabile resa audiovisiva non pesa quanto un gameplay macchinoso, impreciso e dai combattimenti poco entusiasmanti.
I computer non hanno goduto di simulazioni tennistiche di qualità al pari delle console, ma Advantage Tennis della Infogrames, compagnia ancora una volta francese, propone degli argomenti intesi per conquistare la palma del migliore. Innanzitutto, presenta una rivoluzione grafica, dato che si libera delle classiche bitmap per far posto ai poligoni, per quanto pochi. L'impatto iniziale è spiazzante, dato che i tennisti sono rappresentati letteralmente da poche linee, ma in movimento si possono apprezzare animazioni dalla fluidità preclusa al 2D. Alla fine spunta fuori anche qualche remora a riguardo della giocabilità, ma questo titolo ha l'indubbio merito di costituire un tassello rilevante per la costruzione della simulazione tennistica moderna che si svilupperà a dovere solo nelle generazioni successive.
Matthew Smith è una specie di leggenda tra i cultori della scena 8-bit, soprattutto delle macchine con processore Z80 sulle quali ebbero i natali Manic Miner e Jet Set Willy, giochi concettualmente molto semplici eppure irresistibili. L'obiettivo era molto semplice: raccogliere tutti gli oggetti nelle stanze del gioco. Visto il grande successo dei giochi, la Software Creations volle fortemente un Jet Set Willy II anche senza il supporto dello sfuggente autore originale, ma secondo alcuni non raggiunse la gloria dei predecessori. Ciò accadde nel lontano 1985, ma solo nel 1992 è arrivato un porting per Amiga, operato da gente ancora diversa, che prende significativamente le distanze dall'originale per 8-bit. Tutto, però, finisce in peggio ed anche le qualità critiche per un prodotto del genere, come la collisione fra sprites, funziona malissimo. Il perfetto assassinio di un classico.
Alla Gremlin piaceva lanciare giochi ENORMI e non fa eccezione il genere platform dove arriva Harlequin del team Warp Factory. Noi controlliamo un tizio vestito, appunto, da Arlecchino che di sicuro non vanta un design da favola seppure abbia in repertorio un
Senza neanche molto hype, senza essere stato coperto da particolari anticipazioni sulle riviste italiane, si materializza sotto gli occhi dei videogiocatori Monkey Island 2: LeChuck's Revenge (ARTICOLO SU RH), il capolavoro per antonomasia, un prodotto di una qualità tale da venire ancora usato come metro di paragone per il genere delle avventure grafiche. Alla regia c'è il trio delle meraviglie Gilbert-Schafer-Grossman, supportato dall'immarcescibile Michael Land che provvede alla scrittura di una soundtrack memorabile. Per la prima troviamo un doppio livello di difficoltà mentre si conferma l'eccellente ideazione degli enigmi. Ma il vero segreto di Monkey Island sono i testi: questo secondo episodio è una nuova epica cavalcata di umorismo educato e situazioni paradossali che esplodono, anzi, implodono in un finale assolutamente spiazzante. Doveva essere questo l'episodio conclusivo della saga, ma enormi interessi commerciali l'hanno costretta ad uscite successive di qualità altalenante.
Un tempo uscivano in abbondanza giochi di ruolo “all'occidentale” che venivano sempre indicati come “alla Dungeon Master”, con una visuale in prima persona e labirinti da superare avanzando di casella in casella. Non era facile giocarci e forse per questa ragioni sono stati abbandonati in quest'epoca di accessibilità per tutti a tutti i costi. Eppure questi prodotti hanno rappresentato uno step evolutivo importante per le regole ruolistiche dei computer e quando uscì Eye of the Beholder tutti applaudirono alla Westwood Studios per aver portato un RPG snello e ben fatto tecnicamente. Tutte doti confermate da Eye of the Beholder II che si presenta come un “more of the same” ancora più giocabile e più curato nella struttura dei dungeon.
Con un pizzico di tristezza ci tocca parlare di uno degli ultimissimi big della scintillante storia del Commodore 64, nonché del seguito di uno dei platform più apprezzati della lunga lista presente per tale sistema: Creatures II. Questa seconda installazione parte dai divertentissimi Torture Screen, che diventano gli assoluti protagonisti del gameplay, nei quali dobbiamo adoperare nella corretta maniera dei marchingegni per salvare il maggior numero di nostri simili. Questa scelta è stata controversa in quanto ha comportato un certo distacco dall'originale, ma di incontestabile c'è la straordinaria realizzazione tecnica fatta di sprites tutti in hi-res multicolor gestiti con grande disinvoltura.
Portatili! L'Atari Lynx non domina e si sapeva da tempo. Purtroppo, è difficile vincere una console-war senza proporre qualcosa di esclusivo e troppo spesso il portatilino della Atari ha campato di conversioni. Questo mese non fa eccezione e troviamo subito quella di Robotron 2084, il famoso coin-op della Williams che si impose come il primo dual stick shooter di successo. Peccato che il Lynx abbia una sola croce direzionale, ma riesce a cavarsela bene anche con i controlli, mentre il gameplay rispecchia abbastanza fedelmente l'esperienza della sala giochi. C'è un solo problema, ma abbastanza pesante: a meno di non avere una vista d'aquila, il piccolo schermo della console potrebbe rivelarsi un nemico del divertimento, dato che non va molto d'accordo con le minutissime dimensioni degli sprites di gioco.
Altro videogame dai personaggi lillipuziani è Lemmings, di nuovo una conversione, ma
Passando al Game Boy, spunta Navy Seals, tie-in dell'omonimo film con protagonista il decaduto Charlie Sheen. La pellicola era al limite dell'inguardabile, ma nonostante ciò la Ocean decide di acquisirne i diritti e dopo un titolo uscito su molti computer arriva anche questa edizione per la macchina Nintendo che, tuttavia, è leggermente rivisitata. Ed è migliore, per fortuna, configurandosi sempre con un run'n'gun ma dal level design meglio studiato e dalla giocabilità di conseguenza assai meno frustrante.
Destino identico a quello di Navy Seals anche per Robocop 2, che aveva la fortuna di derivare da un corrispettivo cinematografico, firmato dal recentemente scomparso Irvin
Mentre sul Famicom esiste già Mega Man 3, sul Game Boy giunge Mega Man II, con numeri romani, attenzione! In questo caso la nomenclatura è importante dato che la saga portatile del robottino di Kenji Inafune si discosta dalla serie pensata per l'homegaming, anche se alcuni livelli sono chiaramente riprodotti. Anche a spasso per strada Mega Man è divertente e forse la difficoltà è leggermente più morbida. Il dottor Wily se ne va a spasso per il tempo e si trova oltre 32000 anni nel futuro, ma in un attimo anche il nostro avatar avrà il suo apparecchio per raggiungerlo.
E' una serie adorata da molti, ma Metroid II: Return of Samus è probabilmente l'episodio meno celebre di tutti. Esclusivo per il Game Boy e solo tempo dopo reso disponibile come download digitale per il 3DS, segna un deciso cambiamento al
Una sola presenza per il Game Gear, ma è un nome certamente blasonato: Galaga '91. Tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli Ottanta, quello del fixed shooter era probabilmente il genere più in voga e le produzioni di questo tipo non si contavano. Nella mischia, però, brillavano due videogames straordinari che portavano novità sia nel gameplay grazie all'imposizione dei livelli bonus e alla varietà degli attacchi dei nemici, sia nella tecnica in quanto furono i primi a portare colori e parallasse di stelle: erano Galaxian prima e Galaga poi. Nel 1988 la Namco volle celebrare i suoi capolavori con Galaga '88 che venne convertito anni dopo su Game Gear rinominandosi in Galaga '91, ma al debutto europeo nel 1992, per fortuna, il titolo non subì ulteriori modifiche. Bello come sempre, divertente e brillante anche in formato tascabile.
Il Master System attraversa l'anno del definitivo tramonto sul territorio nostrano, ma non viene del tutto abbandonato dagli sviluppatori. Dalla stessa Sega arriva una conversione moderatamente attesa, di un coin-op interessante ma che sulle altre piattaforme non s'era fatto trovare in grande forma: Alien Storm. Il genere è quello dell'hack'n'slash a tema futuristico, ma marca davvero molto da vicino Golden Axe, pur perdendo la sfida sul fronte della giocabilità e soprattutto del carisma. Carina l'idea della fantascienza un po' trash in stile anni Ottanta, ma di lodi non se ne sono sprecate.
Anche se era da poco uscito al cinema Terminator 2, alla Virgin è sembrata una buona idea puntare sulla licenza del primo ed affidare gli appositi tie-in al celebre Probe Team. Il risultato con The Terminator fu generalmente molto buono sia nell'uscita Master System che Megadrive, di cui parleremo dopo. Ma non pensiate che quella ad 8-bit sia semplicemente la versione “minore”: certamente la grafica è meno splendente, ma pare sia stata posta molta più enfasi sul design dei livelli, molto difficili ma anche più lunghi e meglio articolati. Più contenuti che forma, comunque valida, per un action game a scorrimento orizzontale e alquanto pieno d'atmosfera.
Il NES, grazie alla strepitosa popolarità negli Stati Uniti, rimane una delle console più ricche in fatto di giochi offerti ogni mese, anche se pure per essa questo 1992 presenterà una flessione molto decisa. Dopo il grandissimo apprezzamento per il picchiaduro delle Turtles non poteva mancare un seguito, intitolato TMNT: the Manhattan Project, che ci tiene a ripercorre molto pedissequamente le impronte del predecessore. E va bene così, perché poi c'è stato un buon lavoro nel reparto audiovisivo, nonché nella caratterizzazione delle singole tartarughe che non sono più perfettamente equiparabili, ma presentano capacità peculiari.
Non molto nota, ma assai gradita dagli appassionati dell'epoca era una serie firmata addirittura Rare che questo mese riceve un terzo episodio: Wizards & Warriors III,
Sull'8-bit Nintendo poteva anche capitare di sviluppare e pubblicare un buon videogioco che, tuttavia, risultava assai poco incisivo nel quadro generale della macchina, soprattutto quando si trattava di platform game, arricchiti di qualunque altra componente essi fossero. Ce n'erano troppi! E così a Kick Master della Taito e sviluppato dalla compagine KID non sono bastati una buona grafica ed un sonoro decente per consentirgli di emergere dalla massa. Persino il level design non è male... insomma, è un gioco dignitoso nonostante la sua ordinarietà.
Michael Cranford oggi è un rispettabile ricercatore, ma tempo fa era anche lui un ragazzo appassionato di videogiochi, attivo soprattutto su Apple II, ma le sue opere arrivarono su molti altri computer. Su NES sbarca il suo ultimo lavoro, Bard's Tale II, un gioco di ruolo di cui forse non si parla molto ma che appartiene ad una serie amata principalmente negli States ancora oggi, come testimoniato da un recente episodio per iPad. Convertirlo su NES, però, è un esercizio utile forse solo a qualche masochista che gradisce giocarlo nella maniera più scomoda possibile, dato che il controller nintendiano è poco vocato alla causa. Bello sapere che c'è... forse.
Cosa dicevamo poco fa sui platform game? Troppi, ce n'erano veramente troppi ed
Hook è stata un'importante produzione cinematografica con star del calibro di Julia Roberts, Dustin Hoffman e Robin Williams nel cast, del quale furono prodotti due tie-in: un'avventura grafica e un platform game. Indovinate a quale genere appartiene il videogame per NES? Domanda retorica per introdurre un altro gioco di piattaforme che pone l'accento su qualche combattimento in più e sezioni alternative. Anche stavolta troppo poco per emergere ad eccezione della licenza, anche a causa di un reparto audiovisivo di qualità molto altalenante.
Alcuni concept di gioco rendono bene quasi sempre e quello del mini-golf è uno di questi. Mini-Putt della Artech era veramente simpatico sia su Commodore 64 che su ZX Spectrum, nonostante grafica e sonoro fossero al minimo sindacale. Inquadratura perfettamente dall'alto e staticità assoluta ad esclusione della nostra pallina, ma il divertimento abbondava. Portare tutto ciò su una console sembrava un'operazione semplice e fruttifera, difatti Mini-Putt su NES è un altro piccolo gioiellino di giocabilità, con il publisher Accolade che si è anche impegnata un minimo per migliorare l'estetica.
Il PC Engine non demorde, ma rispetto alla concorrenza può contare su una lista di novità considerevolmente più ristretta. Due produzioni per questo mese e la prima è
Anche se un tie-in di The Addams Family era già uscito per altre console e computer, quello per PC Engine è in realtà esclusivo, curato dalla stessa NEC, addirittura per valorizzare il suo add-on CD-ROM. Sempre di platform game si tratta, ma invece di calzare il ruolo del signor Addams dovremo impersonare l'avvocato cattivo conosciuto nel film, il cui attore è stato ripescato per girare alcuni brevi spezzoni filmati che lo ritraggono. Purtroppo il gioco non è per niente divertente ed è anche tecnicamente modesto, un peccato imperdonabile considerando che è stata la stessa casa madre della console ad occuparsi della pubblicazione. Se volevano convincere il pubblico occidentale in questo modo, non c'è da sorprendersi se hanno fallito.
Abbiamo parlato prima della versione Master System ed ecco spuntare anche il corrispettivo 16-bit di The Terminator. L'effetto estetico è tutto un'altra cosa con belle animazioni ed in generale un buon tratto nei disegni, senza neppure disdegnare qualche digitalizzazione. L'atmosfera, insomma, è centrata ma c'è da lamentarsi per diversi aspetti del gameplay, a partire da livelli corti e in scarsa quantità che rendono l'esperienza generale breve e neppure troppo divertente a causa di controlli approssimativi. A qualcuno è piaciuto, a molti altri no.
Quante volte abbiamo parlato della stretta parentela fra Amiga e Megadrive? Una vicinanza proficua sia per l'una che per l'altra macchina, dato che i rispettivi titoli potevano passare dall'una all'altra con disinvoltura, a tutto beneficio delle conversioni.
In molti si sono lamentati per la poca differenziazione nel genere picchiaduro. Critiche comprensibili, soprattutto nell'era immediatamente successiva a Street Fighter 2, ma qualche esperimento si è visto, proprio come Beast Warriors. Sviluppato dal team giapponese Riot, ci costringeva a combattimenti in arene riprese da una prospettiva isometrica. Poteva funzionare, ma l'idea serve a poco senza la giusta implementazione che qui viene clamorosamente mancata dalla sviluppatore che provvede alla concessione di pochissime mosse per personaggio, situazione che umilia inevitabilmente il divertimento. Forse era meglio il modello Street Fighter, dopo tutto...
C'è un altro picchiaduro questo mese: Fighting Masters, pubblicato dalla Treco. Potrebbe bastare il nome di questa compagnia a far storcere il naso ai cultori del Megadrive, dato che è stato spesso legato a produzioni non molto felici e, purtroppo, fra queste ci tocca annoverare anche il videogame in questione. In un universo in balia di una supernova, razze di ogni genere si danno al combattimento per far emergere la più
Di nuovo dall'ambiente personal computer arriva un videogioco, stavolta dalla Core Design: Corporation. L'ambizione qui regna sovrana dato che, pur essendo stato pubblicato nel 1990 su Amiga, PC ed ST, si poneva come un Deus Ex embrionale oltre ad essersi imposto come uno dei primi FPS in assoluto. E' possibile scegliere fra sei agenti che devono farsi strada in specifiche missioni a suon di pistole ma non solo, dato che non mancano l'hacking di alcuni sistemi e possibilità di scassinare porte. Complesso e suggestivo, soffre comprensibilmente limiti tecnici ed artistici dovuti alla difficile gestione della grafica tridimensionale e controlli lontani dalla maturità ed immediatezza dei titoli contemporanei.
Diamo il benvenuto ad una serie molto amata e firmata Electronic Arts, quella degli Strike che comincia proprio con questo Desert Strike: Return to the Gulf (ARTICOLO SU RH). Pur non
Per la serie “piccoli talenti crescono”, ecco arrivare Rings of Power dei Naughty Dog. Già, proprio i ragazzi di Crash Bandicoot e Resistance che fanno la loro entrata nel mondo dorato delle console dopo una gavetta lunga quasi un decennio su Apple II. Bisogna riconoscere, però, che a questo primo tentativo le cose non siano andate in maniera fantastica: Rings of Power è un gioco di ruolo con prospettiva isometrica semplicemente troppo complicato da giocare. C'è una mappa molto vasta nella quale sono disseminati oggetti e personaggi fondamentali che dovremo rintracciare con pochissime indicazioni. Molto hardcore, sicuramente anche troppo.
Ultimo protagonista della nostra Macchina del Tempo è il Super Nintendo. Questo mese abbiamo già analizzato John Madden Football per Amiga, stretto parente di quello conosciuto su Megadrive, mentre per il Super Nintendo la conversione ha richiesto un lavoro più oneroso. Il risultato sono bei colori anche se ad una risoluzione più bassa e un sonoro infinitamente migliore, eppure il divertimento manca. Sembra che le cose siano state fatte in fretta e furia per consentire a questo adattamento di uscire prima dell'aggiornamento al 1992 dell'edizione Megadrive, e ciò è scaturito in una fastidiosa sequela di bug che impoveriscono l'elevata qualità iniziale.
Al 16-bit nintendiano mancava ancora un gioco di calcio di successo, visto che la conversione di Kick Off era abbastanza brutta, nonché poco adatta allo spirito da console. La Human, allora, ha la buona intuizione di adattare al più potente hardware un suo titolo per PC Engine, chiamato Super Formation Soccer in Giappone e solo Super Soccer (ARTICOLO SU RH) nei territori occidentali. Lo scorrimento verticale molto ordinario della versione NEC viene modificato in favore di uno pseudo-3D basato sul mode-7 che funziona piuttosto bene. La parte migliore, tuttavia, è costituita dalla giocabilità, semplice ed immediata per quanto imperfetta.
Joe & Mac: Caveman Ninja era un decente coin-op della Data East visto in sala a
La saga di Ys è tutt'oggi molto amata, ma come ogni longeva serie che si rispetti anche in essa c'è stato qualche episodio non apprezzatissimo. E' il caso di Ys III: Wanderers from YS, già visto su PC Engine e Megadrive e quindi accolto su Super Nintendo senza eccessive pretese. Rappresenta un'uscita abbastanza rivoluzionaria nel brand dato che abbraccia lo sviluppo side-scrolling del gameplay in maniera integrale, cercando di rendere più divertente anche il battle-system. Nonostante le buone intenzioni della Falcom, però, la maggioranza dei giocatori ha rimpianto i vecchi Ys.
L'erede di Robotron 2084 nella nuova generazione giunge anche sull'hardware Nintendo, e guadagna per strada persino un suffisso, adesso si chiama infatti Super Smash TV.
Ogni console dovrebbe offrire una softeca completa ed è anche da questo che si giudica il successo di una piattaforma. Dovrebbe esserci veramente di tutto e, anche se potrebbe non sembrarlo, i giochi di scacchi hanno spesso fatto bene anche nelle vendite, tant'è che la serie di Chessmaster si è imposta praticamente ovunque risultando in perfetta forma persino sulle console odierne. Al tempo del Super Nintendo era ancora di proprietà Software Toolworks e conferma in questa conversione di aver mantenuto la buona intelligenza artificiale delle versioni computer senza soffrire troppo in velocità di elaborazione, strizzando l'occhio all'estetica proponendo una grafica che cerca di fare qualcosina in più dello stretto necessario.
Chiudiamo con Super Scope 6, una compilation di giochi pensata per promuovere un nuovo gadget per il Super Nintendo, ma la compagnia di Miyamoto ha regalato un successore disgustoso alla mitica Zapper. A forma di bazooka per la gioia del popolo americano, non era né bello da vedere né accompagnato da giochi di prestigio. Piuttosto che sei giochi reali, nella cartuccia ve n'erano due con tre variazioni ciascuno, uno a tema bellico in cui usare il bazooka per abbattere aerei o intercettare missili e l'altro in perfetto stile puzzle, certamente originale ma non troppo calzante allo spirito della periferica. L'accoglienza del Super Scope è stata tiepida e non c'è davvero motivo di sorprendersi.
Alla prossima puntata!
Gianluca "musehead" Santilio
Lethal Xcess - Wings of Death II e Harlequin sono due titoli che avrei potuto e dovuto acquistare per ST... il primo, infatti, è un vero e proprio tour de force tecnico shootemupparo firmato dai talentuosi Eclipse (non ci metterei la mano sul fuoco, ma credo che siano gli stessi di Tyrian -PC-) che non mancarono di svilupparne tre versioni: Amiga, Atari ST e Atari STE ( The official Lethal Xcess Website - Technical Details ) e il secondo un ottimo platform che vanta un'eccellente soundtrack di Barry Leitch (le musiche sono godibili anche nella versione ST -tenuto ovviamente conto dei severi limiti tecnici del chip audio-: Atari ST Harlequin : scans, dump, download, screenshots, ads, videos, catalog, instructions, roms ).
Ps: Noto parecchia sperimentazione 3D nel periodo trattato vero?Cosa cui non facevo tanto caso…
PPS: “Il travolgente Mamma Ho Perso l'Aereo del 2001”?!?!?!?!!?!?
Peacez!
Cmq sì, sperimentazione a manetta e questa roba è proprio da provare, soprattutto Mercenary III. I computer a 16-bit sono stati davvero il laboratorio dei videogiochi e in Francia accadeva di tutto. Bellissimo periodo, forse il migliore di sempre. Peccato che certi titoli richiedano una dose estrema di pazienza per essere affrontati: anche il bellissimo Eye of the Beholder II è tosto e non ha nulla da spartire coi moderni RPG.
Sarà dura trovare ancora mesi così belli per i computer. Il livello di questo Febbraio è altissimo.
Io con Monkey Island 2 c'ho consumato il drive dell'Amiga, ma ne valeva la pena. Come facevo a non impazzire? Divertentissimo Gobliiins, ricordo le sonore risate alla presentazione e poi taaaanto tempo a capire cosa fare dato che l'interfaccia era pessima. Ho passato anche qualche piacevole pomeriggio con John Madden, ho imparato anche le regole del football
BAT 2 e Harlequin... quanto li ho desiderati, eppure nulla, li ho potuti assaporare secoli dopo e neppure con l'hardware originale. Entrambi da riscoprire, comunque.
Letto con la bambina in braccio, sembrava incuriosita dalla figure !
Ho trovato questa frase che non mi convince per la data :
"Joe & Mac: Caveman Ninja era un decente coin-op della Data East visto in sala a partire dal 2001".
Ci ho giocato ben prima del 2001, tra l'altro mi piaceva parecchio ! Come dimenticare l'arma a "ruota di pietra" ?
Ciao.
Mi sa che vedo anche la parte sui PC prossimamente, va che potrebbe uscire qualche avventura grafica caruccia che mi son perso! *_*
Quasi dimenticavo, complimenti sempre per la rubrica!