Rilassatevi, non è un mese per cui spellarsi le mani. Tutto sembra lento e svogliato, la voglia di sorprendere proprio non si avverte, né sui sistemi Windows, né sulla sanissima PS2, ma soprattutto non c'è sulle console che dovrebbero assaltarla.
DarkSpace arrivò sul mercato con tutte le pretese tipiche del titolo rivolto al gaming di massa che stavolta è uno strategico invece del consueto RPG, realizzato dallo sconosciuto team Palestar. Abbiamo a disposizione alcune fazioni fra le quali scegliere e tante altre controllate dal computer pronte comunque per interagire. Molto importante per gli sviluppatori è stato incentivare il gioco di squadra, spingendo i partecipanti a proporre alleanze per ottenere i risultati migliori. Peccato che non pochi problemi abbiano afflitto l'iter di pubblicazione, col software passato per così tante mani da accumulare ritardi significativi. Oggi, però, è diventato un free-to-play accessibile a tutti.
Altro strategico non ordinario è Hundred Swords, sviluppato dalla compagnia Smilebit che, come forse alcuni già sapranno, appartiene ai first-party della Sega (Jet Set Radio?). Quando cercarono di proporre questo titolo al pubblico Dreamcast non ne venne fuori un successone, tant'è che non fu neppure importato in Occidente. Aveva la peculiarità, tuttavia, di poter essere giocato online fino in quattro, ma sul PC non c'era proprio spazio per un videogame dalla grafica ormai obsoleta, controlli troppo console-oriented e mission design non impeccabile.
Andiamo avanti citando, però, sempre gli strategici, dato che è il turno di Command & Conquer: Renegade, il quale segna il debutto dei prestigiosi Westwood Studios sul carrozzone dorato dei first-person shooter. Scelta infelice, possiamo dire oggi, considerando che l'accoglienza dei videogiocatori non fu clamorosa. Questo sparatutto soffriva di un'intelligenza artificiale eccessivamente buggata, un reparto tecnico che non reggeva il confronto con gli engine più accreditati e delle missioni vagamente ripetitive, ma almeno c'era un validissimo multiplayer.
Si consuma un'altra puntata del dramma della Cryo: era già fallita, ma c'era ancora spazio per la pubblicazione di alcuni giochi papabili di buone vendite come The Shadow of Zorro, un titolo che è un mix di vari generi tra cui action, stealth ed adventure. Programmato dal team In Utero, si presenta con buone animazioni per il personaggio principale ma è tutt'altro che impeccabile per quanto riguarda tutto il resto, dato che è facile rimanere con la sensazione di avere a che fare con un prodotto incompleto, come prevedibile.
Sempre in Francia è stato realizzato anche Necronomicon, ovviamente ispirato ai racconti del geniale H.P. Lovecraft, ma non aspettatevi un survival horror perché questo software della Wanadoo si configura come un'avventura grafica in prima persona con tutti i crismi. Non è delle migliori, purtroppo, e tradisce un budget di sviluppo ristretto, con una grafica che non si esprime benissimo in alcune locazioni o animazioni ed enigmi per nulla divertenti. Rimane l'atmosfera, ma l'autore di riferimento è stato sfruttato con ben altri risultati in molti casi.
Rimanendo in terra transalpina c'è purtroppo spazio per dare un triste addio alla Delphine Software International, mamma di Another World e Flashback in crisi creativa ed economica, che pubblica il suo ultimo gioco per computer: Moto Racer 3. Da sempre questa serie ha vissuto sulla possibilità di poter disputare sia gare urbane che di motocross, opzione presente anche in questa terza installazione, ma dai debutti del 1997 sono nati concorrenti decisamente temibili. Oltre a non introdurre novità significative, il gioco soffriva di un engine grafico esoso e poco ottimizzato e problemi nei controlli e, complice il momento non brillantissimo del PC gaming, non riuscì ad archiviare una performance commerciale sufficiente per salvare lo sviluppatore.
Per un titolo di una grande compagnia che fallisce ce n'è uno di un team sconosciuto che vende un bel po' nonostante la pessima qualità di Hooligans: Storm Over Europe (ARTICOLO SU RH). Trattasi di uno strategico in tempo reale in cui dovremo controllare i noti teppisti da stadio all'assalto di tutti gli stadi della Premier League. Ogni devastazione andrà pianificata e gestita tramite il corretto bilanciamento di droga ed alcool assunto dagli hooligans che, proprio come nella realtà, penseranno a tutto meno che al calcio giocato. Con l'avvento del gioco si sollevò un putiferio mediatico inutile come gli altri se non per dare visibilità, e quindi soldi, a questo scempio.
Chiudiamo il panorama Windows con un prodotto italiano: Druuna Morbus Gravis venne programmato dalla software house Artematica, tutt'oggi attiva e sempre concentrata su titoli su licenza. Druuna, infatti, è un fumetto di Paolo Eleuteri Serpieri che si è distinto per il peculiare ibrido di contenuti erotici e fantascientifici. La prorompente protagonista si muove in uno scenario distopico di un'avventura grafica spalmata sulla bellezza di sei dischi non stroncata in Italia ma pesantemente criticata dalle testate straniere per problematiche ritenute gravi dei controlli e degli enigmi. Ancora una volta, peccato, soprattutto perché quest'eroina non ha fatto più ritorno nel mondo videoludico.
Dedichiamoci subito al Game Boy Advance che offre, però, una passerella di soli nomi noti. Per Sonic, tuttavia, è una grande occasione per brillare che non si lascia sfuggire. Il porcospino incontra per la prima volta il team giapponese Dimps che gli dona un debutto esclusivo (all'epoca) con Sonic Advance per una piattaforma Nintendo da incorniciare grazie alla valida realizzazione tecnica che fa il paio con un level design degno del nome della saga, fatto non casuale considerando il supporto costante del Sonic Team. Un buon segno per la Sega, che cominciava a vedere un futuro solido per i suoi brand oltre l'era di produttore hardware.
Dove c'è Sonic ci deve essere anche Mario, infatti Nintendo propone Super Mario Advance 2, secondo appuntamento con questa miniserie di remake che stavolta si dedica a Super Mario World (il primo era di Super Mario Bros. 2), ma la maggior parte delle differenze con l'originale vanno cercate col lanternino. Aldilà di un modesto abbassamento della risoluzione video, ci sono le voci per Mario e Luigi e poche modifiche ai livelli, ma si perde del tutto la possibilità di giocare in due. Per il resto, una trasposizione di un super classico che si mantiene ancora oggi benissimo.
C'è anche una sfida in doppio fra i puzzle-game. Il primo che trattiamo è Columns Crown, esponente di una serie longeva ma vissuta eternamente all'ombra di Tetris, al punto che nemmeno la Sega sembrava più tanto convinta a coltivarla. Non casualmente, questo episodio reca la firma della THQ e segna anche l'ultima installazione di Columns, anche perché, a fronte comunque di un dignitoso tentativo di ammodernamento, il gameplay rimane solido ma legato ad una formula che ha spesso sofferto la concorrenza.
Il nemico mensile dell'ex classico Sega arriva... proprio dalla Sega! E non è uno qualunque: Puyo Pop, appartenente alla saga di Puyo Puyo che in un periodo decisamente più breve aveva ottenuto un successo considerevolmente superiore a quello di Columns. Questo è il primo episodio per GBA e anche per tale motivo non si preoccupa di strafare, limitandosi a portare le note meccaniche ben collaudate sulla nuova console con apprezzabili risultati.
Avete mai visto il film Driven con Sylvester Stallone? Qualcuno lo ha definito “Rocky con le auto” e non gode di straordinaria reputazione, ma è probabilmente migliore dei tie-in per console da salotto ad esso dedicato. Sul Game Boy Advance, però, effettua un lavoro migliore (ci voleva poco) cambiando l'impostazione grafica della corsa che passa ad un'efficace inquadratura isometrica. Il gameplay riporta alla mente vari esperimenti tentati nell'epoca 16-bit e spicca per l'attitudine arcade. A voler ben vedere, la struttura è piuttosto esile e limitata contenutisticamente per un titolo del 2002, ma si lascia giocare piacevolemente.
Fra le console della passata generazione c'è aria fiacca, con Nintendo 64 e Dreamcast semplicemente non pervenute ed una Playstation presente con un singolo gioco: Monsters Inc. Scream Team, basato sui personaggi del divertentissimo film animato della Pixar. La trama racconta, in realtà, avvenimenti antecedenti la pellicola, con Mike e Sulley che devono inventarsi il necessario per farsi assumere dalla società incaricata di terrorizzare i bambini. Idea divertente che si scatena in un platform 3D che fatica ad emergere in una categoria di certo inflazionata, ma l'irresistibile simpatia dei protagonisti è un apprezzabile incentivo.
Dopo il deserto Gennaio, la Xbox riparte col suo attacco all'egemonia della Sony con esclusive e non, ma soprattutto non lascia all'asciutto i suoi utenti, proponendosi con una selezione di titoli che cercano palesemente di conferire un profilo molto americano all'immagine della macchina. Nightcaster: Defeat the Darkness è stato l'unico tentativo della compagnia VR1 Entertainment di realizzare un videogioco dedicato ad una console, dato che si è sempre occupata di peculiari “email games”. Si configura come un RPG fortemente incentrato sui combattimenti che andranno tuttavia affrontati facendo leva principalmente sulle magie, anche se il Nightcaster del titolo è in realtà la nostra nemesi. L'utilizzo delle magie priva di immediatezza e furore il gameplay e la sceneggiatura difetta di profondità, ma le vendite devono essere andate abbastanza bene dato che c'è stato spazio per un seguito.
Wreckless: the Yakuza Missions potrebbe sembrare un titolo ambientato in Giappone, ed invece veniamo spediti a combattere la mafia hongkonghese. Si tratta di un gioco poliziesco tutto concentrato sulla guida, nel quale ci tocca investigare e risolvere un po' di problemi. E' stata un'esclusiva Xbox per nove mesi, ma quando arrivò su PS2 e Gamecube si capì quanto fosse superiore l'hardware Microsoft, dato che solo su quest'ultimo presenta una grafica eccellente ed opzioni esclusive. Alcuni, però, sostenevano che il gioco fosse semplicemente un tour de force tecnico che mascherava una marcata monotonia di fondo.
La THQ sembra si sia occupata sempre di wrestling e questo mese propone WWE Raw, ma fu il primo del genere per la console Microsoft ed anche in questo caso è rimasto un'esclusiva a tempo. A leggere le recensioni dell'epoca, tuttavia, viene da pensare che il roaster ingaggiato dalla WWE non esaltasse molti a causa delle defezioni di alcune bandiere di tale disciplina e la cosa non poteva che ripercuotersi immediatamente anche sul corrispettivo videoludico che perde in attrattiva. Purtroppo qui sembrano esserci anche degli oggettivi problemi ai controlli che non hanno reso molto popolare questo titolo a dispetto del valido editor presente per creare il proprio lottatore.
Si è sempre detto che la Xbox è un PC in un case accattivante: non era del tutto vero, assolutamente, ma alcuni sviluppatori si sono avvicinati a questa macchina proprio perché sapevano già molto bene come programmarla, esattamente come ha fatto il team Infinite Machine che ha deciso di portare New Legends dal PC alle console, accumulando però un certo ritardo sulla pubblicazione. Il gioco è una sorta di Dynasty Warriors piuttosto infelice, pieno di combattimenti non entusiasmanti e che fra l'altro possono essere evitati dandosi alla fuga, con una storia piuttosto debole ed una grafica che è il perfetto specchio dell'iter travagliato che ha segnato lo sviluppo.
Dalle nostre parti non molto, ma in America è celebre l'Ultimate Fighting Championship, un torneo nel quale ogni lottatore può combattere utilizzando la sua arte marziale preferita per conquistare il titolo di campione. Un'idea vincente da un punto di vista televisivo che il team Dream Factory, tramite i publisher Crave e Capcom, ha reso bene anche in forma videoludica con UFC: Tapout dato che non raramente si sono sprecati complimenti per questo prodotto che fa il possibile per contemplare un apprezzabile repertorio di mosse per ogni stile. Divertente, tecnico e longevo grazie alla sua attitudine alla rigiocabilità, verrà convertito anche per Dreamcast.
Quando la Sega dichiarò di avere intenzione di lasciar perdere la console war, gli altri si sfregarono comprensibilmente le mani, consapevoli che molte serie avrebbero trovato casa sulle piattaforme concorrenti. Uno dei brand più nuovi in cerca di adozione approda sulla Xbox con Jet Set Radio Future, seguito di un capolavoro per Dreamcast per opera della Smilebit: impersonavamo un graffitaro col compito di coprire gli schizzi delle band rivali in una Tokyo oppressa dalla impossibilità di espressione mantenuta da una spietata polizia. Era bello il primo e lo è anche il secondo, con un azzeccato stile grafico ed una soundtrack sopraffina.
La Nintendo ha anche stavolta la lista di giochi più breve, ma parte anche lei dall'ex-odiata Sega grazie a 18 Wheeler: American Pro Trucker, ultima conversione del popolare coin-op giapponese uscito nel 1999 e che già era stato accolto da Dreamcast, Playstation 2 ed Xbox. Nonostante il cospicuo ritardo per approdare sul Gamecube, questo adattamento non porta contenuti esclusivi, per cui il titolo non può che presentarsi ulteriormente invecchiato in un momento in cui la brevità derivante dalla sua natura arcade pesa quanto un macigno. Rimane piacevole finché dura, ma dura davvero poco.
E Sonic dove lo mettiamo? Già, perché sul Gamecube arriva anche Sonic Adventure 2: Battle, conversione “potenziata” dell'originale Dreamcast che è andato incontro ad un destino avverso, dato che gli episodi 3D di Sonic sono stati rapidamente screditati dalla stampa specializzata, al punto che, a dispetto dei miglioramenti implementati, la media voto fornita dalla stampa ha subito un vistoso calo in meno di un anno. Il game design che nel 2001 era parso interessante, il quale proponeva il controllo di buoni e cattivi, ognuno con livelli molto differenziati e solo per un terzo riconducibili al gameplay classico dei Sonic, appare d'improvviso poco esaltante. Invecchiamento precoce? Di sicuro c'è un moderno supporto alla connessione con il Game Boy Advance con il quale sfruttare al meglio appositi minigiochi.
Magari la spagnola Gaelco non è mai stata accostata ai grandi miti della scena coin-op, ma la sua presenza in sala l'ha avuta eccome, al punto da ricavare ad uno dei suoi giochi un passaggio per il Gamecube e, successivamente, la Xbox. In Smashing Drive controlliamo un tassista fuori di testa in una New York immaginaria che si batte in una folle corsa con un collega. E' un racing game in realtà piuttosto ordinario, nel quale bisogna come sempre scovare tutte le scorciatoie utili per guadagnare qualche decimo di secondo, ma il design dei percorsi sfigura di fronte alla maestosità di alcune produzioni giapponesi, alla pari del reparto tecnico che forse soffriva l'eredità di un hardware mediocre in sala.
Ultimo della serie è NBA Street, ma non si tratta di una novità assoluta, visto che era già stato pubblicato sempre da Electronic Arts circa un anno prima su Playstation 2. I mesi trascorsi, però, non hanno intaccato il potenziale di divertimento del titolo che dalla realtà preferisce prendere giusto qualche giocatore noto per trascinarlo in partite tre contro tre in contesti urbani. Velleità simulative non ce ne sono e pare che nessuno le abbia rimpiante grazie alla formula estremamente veloce da assimilare del gioco che in men che non si dica esplode in partite frenetiche ed irresistibili.
Concludiamo il nostro trip nella Macchina del Tempo ancora una volta con la diffusissima Playstation 2. Dopo GTA, ogni uscita della Rockstar godeva di un hype fenomenale anche quando non era proprio il caso come con State of Emergency, sviluppato dalla VIS Entertainment. Il fulcro del gioco è un'azione da beat'em up selvaggia e frenetica che punta sulla quantità dei nemici, ottenendo risultati tecnici non scontati per una PS2 che gestisce con assoluta disinvoltura oltre 250 nemici contemporaneamente su schermo. Tutto ciò costa caro in termini di dettaglio, ma questo titolo ha diviso i giocatori soprattutto per il gameplay, apprezzabilmente puro ed immediato per alcuni, povero e ripetitivo per altri.
Il calcio su console si chiama FIFA o PES, gli altri vengono tutti dopo, compreso This is Football 2002, terzo episodio firmata dagli studi londinesi della stessa Sony. La buona notizia è che questo è un gioco di calcio con tutti i crismi che non si pone in alcun caso come una copia, bella o brutta, dei prodotti Electronic Arts o Konami, anche se il gameplay è più riconducibile a questi ultimi in virtù di un'apprezzabile naturalezza di comandi e movimenti. Ci sono una valanga di licenze ed è fatto tutto abbastanza bene ma mai meglio della concorrenza. Non per caso questa serie non è durata molti anni.
Nel 1999 era stato pubblicato su diverse piattaforme Star Wars Epidode I: Racer, titolo corsaiolo davvero insolito dato che ci permetteva di competere sulle suggestive ambientazioni scaturite dalla fantasia di George Lucas, ed il buon successo incontrato ha giustificato la produzione di un seguto intitolato Star Wars: Racer Revenge che cambia sviluppatore affidandosi ai Rainbow Studios, esperti di racing game che, in effetti, conferiscono molta più adrenalina (e difficoltà) al prodotto. Il feel è molto arcade, ma il setting di Guerre Stellari sembra fare meno presa.
Come forse già saprete, quella della Playstation 2 non è stata affatto la generazione giusta per Wipeout. In questo Febbraio arriva l'episodio Fusion, unico esclusivo per questa console, che si presenta un po' sottotono per diverse ragioni: innanzitutto, non sembra un gioco nuovo quanto piuttosto un remake di quelli passati adattati al nuovo hardware; pesava molto, però, anche la “normalità” tecnica del titolo, distante anni luce dallo splendido coding degli episodi sulla prima Playstation dato che qui si presenta ad una risoluzione piuttosto bassa con un dettaglio non trascendentale. Un flop che aveva fatto temere il peggio prima che Wipeout rinascesse alla grandissima sulla PS3.
E' il mese degli esperimenti per la Westwood, che dopo aver incassato una mezza sconfitta con Renegade tenta la strada dell'action-adventure per console con Pirates: the Legend of Black Kat. Purtroppo nemmeno questo volta ottiene risultati da incorniciare a dispetto di un'idea di partenza molto carina che prevedeva avventure su terra e mari dell'eroina Kat. Le fasi da action-adventure sono più che decenti ma non brillano né dal punto di vista tecnico né in confronti con altri esponenti del genere, mentre qualche problema più serio sembrano averlo gli scontri navali. Non era un buon momento per la Westwood che cominciava ad intravedere lo spettro del fallimento e la crisi creativa è piuttosto evidente.
La Namco presenta alla Playstation 2 il suo character più rappresentativo: Pac-Man con l'episodio Pac-Man World 2, seguito di un titolo della generazione precedente. L'intenzione è quella di creare una serie di platform 3D sulla scia di Mario 64 e non si può che riconoscere quanto poco originale sia il titolo Namco che presenta un'accozzaglia di idee prese da svariate fonti. La goffa palla gialla non sembra molto adatta al genere, tant'è che nemmeno questo strepitoso publisher, peraltro bravo anche nei platform, è stato capace di regalargli un buon spin-off. La grafica è abbastanza dimessa, la telecamera quasi improponibile ed il divertimento offerto non regge il confronto con la concorrenza.
Già conosciuto su Dreamcast due anni addietro, Looney Tunes: Space Race è uno di quei classici racing game con personaggi famosi in altri ambiti messi su veicoli per competere nel solito torneo immaginario. Formula immortale e solidissima che riesce a divertire con poco, ma con la quale è difficile emergere e neppure questo prodotto, peraltro esente da gravi difetti, ci riesce. La grafica è pulitissima ed eccezionalmente fluida, con ottimi modelli in cel-shading che si muovono su fondali troppo statici, ma qui è anche un tripudio di modalità di gioco e character selezionabili che, comunque, divertono appena il giusto.
Parliamo di uno dei giochi veramente da collezione: Polaroid Pete. In Giappone è noto come Gekisha Boy 2, ma la sua eccezionalità è tutta europea, dato che il suo distributore sul territorio nostrano è fallito pochi giorni prima della pubblicazione del gioco. Di conseguenza, alcune copie sono uscite, moltissime altre della già limitata tiratura no. Il primo Gekisha Boy era una sorta di cult game per PC Engine in cui nei panni di un fotografo dovevamo immortalare oggetti specifici facendo attenzione ai vari pericoli incombenti. Non un capolavoro, ma un concentrato assoluto di nipponicità praticamente irreperibile.
La libreria Dreamcast somiglia sempre più ad un portone spalancato dal quale usciva di tutto, ovviamente anche in direzione della Playstation 2. All'epoca gli utenti Sega potevano orgogliosamente rispondere a quelli Sony che si vantavano di Final Fantasy con Grandia II, ritenuto da diversi appassionati una delizia, ma per ragioni di marketing anch'esso ha abbandonato il suo status di esclusiva. Sulla PS2, però, bisogna accontentarsi di una conversione svogliata che non ha praticamente conosciuto, alla pari della versione PC, alcun processo di ottimizzazione come esplicitamente mostrato da una grafica con una fastidiosa tendenza a scattare a dispetto di un dettaglio grafico abbastanza povero. I contenuti, ancora eccellenti, rimangono per fortuna intatti.
Altro che 2002, la saga di Ecco the Dolphin risale a dieci anni prima e debuttò sul Megadrive con risultati eclatanti, incontrando giocatori sorpresi per la freschezza e l'originalità del concept che ben si abbinava ad un reparto tecnico persino gradevole. Bisognava controllare un delfino per risolvere problemi complessi, scongiurare pericoli terribili per la Terra che anche in Defender of the Future, pubblicato nel 2000 su Dreamcast, è a rischio minacciata da sconosciuti alieni. La magia dei primi anni Novanta, però, sembra esaurita e da titolo curioso ed interessante Ecco diventa lento e macchinoso. Le tre dimensioni non gli calzano a pennello o forse il mondo dei videogiochi ha perso un po' di amore verso la fantasia.
L'ultimo ad arrivare dalla bianca console Sega è Headhunter, sviluppato dal team-meteora Amuze. Al debutto convinse i videogiocatori nonostante l'abbondanza di elementi presi in prestito da Syphon Filter e Metal Gear Solid, dato che si configura come un action game con forti contaminazioni stealth. L'anno passato in attesa dell'edizione Playstation 2 non ha fatto male ad Headhunter che se non propone modelli tridimensionali ricchissimi di poligoni è molto piacevole in termini di stile e regia. Qualche problema di controllo e, soprattutto, puntamento delle armi non pregiudica un gameplay riuscito anche grazie al supporto della sceneggiatura, magari un po' da B-movie ma calzante.
Centre Court: Hard Hitter Tennis ci ricorda ancora una volta di diffidare di Wikipedia. Realizzato dalla Magical Company è giunto sul suolo europeo grazie al distributore Midas, tristemente famoso per avere importato alcuni tra i più grandi insulti al videogioco di sempre. Eppure la nota enciclopedia lo definisce “uno dei più grandi giochi di tennis di ogni tempo”, definizione quantomai ottimistica che non trova riscontro nelle recensioni presenti su internet, le quali non disegnano un quadro positivo. Ci si può divertire come in ogni gioco di tennis, ma per il resto...
Dopo una strada molto, molto, molto lunga ed un triplo cambio di piattaforma da Nintendo 64 a Dreamcast ed infine Playstation 2, Maximo: Ghosts to Glory diventa una realtà. Il nome potrebbe dire poco, ma è un gioco legato all'universo di Ghosts'n'Goblins, ultraclassico della Capcom degli anni Ottanta che, assieme al suo seguito Ghouls'n'Ghosts è stato davvero molto amato. Maximo rappresenta un “trapianto” nell'era tridimensionale, dato che le meccaniche concedono molta più liberta di movimento ma rimane tangibile un amore verso la cultura arcade che si esprime principalmente tramite un livello di difficoltà assassino che lo ha reso uno dei titoli più ardui della sua generazione.
Neanche questo mese la Playstation 2 lascia il suo pubblico a secco di RPG e lancia Forever Kingdom che è un prequel di un launch title della console chiamato Evergrace, che soffriva di una grafica bruttina ma di una storia interessante. Peculiarità che sembrano mantenute da questa nuova installazione che propone un'estetica aggiornata ma comunque tutt'altro che impeccabile alla pari di valide idee sul fronte del gameplay, come un potere mistico che domina le lande da percorrere che accomuna le energie degli individui in maniera che se muore uno, muoiono tutti. I combattimenti sono in tempo reale ma non seguono un modello particolarmente complesso.
Ultimo titolo che analizziamo questo mese è Gitaroo Man della Koei, un music game originalissimo che misurerà la nostra abilità in termini di precisione e non velocità. Per avere la meglio dei vari scontri, infatti, dovremo semplicemente seguire una linea con lo stick analogico del pad, senza pressione di tasti. I combattimenti, che seguono una vera trama, sono costituiti da varie fasi di attacco e difesa e dire che l'idea funziona è dire poco, dato che Gitaroo Man brilla per giocabilità. Il team iNis, tra l'altro, è stato anche capace di sintetizzare una colonna sonora decisamente orecchiabile ed uno stile grafico ispirato!
Gianluca "musehead" Santilio
Ad eccezione di Sonic Advance, che comunque non mi fa impazzire, non ci sono novità di grande successo. Io all'epoca completai Renegade ma non è che mi sia divertito da impazzire... capisco che lo spin-off sia finito là. Mi cimentai anche in Necronomicon, ma era di una noiosità rara. Eppure è difficile fare male con Lovecraft.
Ah, beh, e poi giocai a quella porcata di Hooligans per l'articolo di Disgusto. Bleaaargh, appunto!
Molto meglio Call of Cthulhu : Dark Corners of the Earth.. ma anche il vecchio Prisoner of Ice.
Ottimo speciale, comunque, complimenti.
La parte anni Novanta arriva sempre verso la fine del mese, mentre per quella Ottanta ci ho pensato, ma è molto difficile reperire materiale. Le puntate attuali già soffrono un certo grado di imprecisione, in quel caso dovrei veramente navigare a vista.
Da recuperare assolutamente Polaroid Pete!
Per chi vuole approfondire, di Sonic Advance ho scritto la recensione: LINK
Polaroid Pete, al di là del suo valore collezionistico, mi incuriosisce.
Maximo sembra un ottimo titolo, e visto che l'hanno appena ripubblicato su PSN nella nuova collana "PS2 classics" ci farei anche un pensierino, se non fosse che anch'io tendo generalmente ad evitare i giochi dalla difficoltà assassina