Alcuni momenti che portano a odiare il fantastico mondo dei Videogiochi.
Complice la fretta, forse colpa di una memoria non sempre performante o di un sistema di salvataggio poco intuitivo, le nostre partite e gli eroi controllati dalle nostre dita, rischiano di subire una triste e inaspettata dipartita, lasciandoci ammutoliti, pieni di amarezza e incazzati.
Rabbia che si potrà sfogare sul piccolo Controller, molto facile da lanciare, specialmente al giorno d'oggi, dove non sono più imprigionati da un filo, ma liberi di volare, lontano, fuori dalla finestra, migrando al nord assieme ai suoi simili.
Motivazioni che possono accomunare qualsiasi genere di gioco, senza distinzione, generici e non sempre legati alle nostre abilità poco sviluppate, ma a lacune nella programmazione, oppure, a inopportune distrazioni.
Un aspetto da trattare, che ritengo meritorio nei giochi moderni; titoli molto più facili e di immediata partecipazione e divertimento.
Veramente troppo semplice identificare punti di sclero totale e ira nei titoli di qualche decennio fa, dove il giocatore sbuffava ogni tre per due piattaforme, stando ben attendo a ogni pixel, e per sopravvivere doveva farsi un trapianto di fegato. Le imprecazioni erano all'ordine del giorno e non facevano poi quel grande scalpore, una cosa normale come respirare e lasciare vicino alla console un block-notes, su cui scrivere l'infinita password da inserire in una nuova partita, per continuare dal punto che avevamo lasciato.
Il videogioco di oggi non è più quella provocazione ai nervi che eravamo abituati a giocare, semplici e intuitivi, i titoli moderni risultano anche troppo malleabili da portare a termine, eppure... Eppure anche loro hanno i loro momenti da dimenticare o caratteristiche insopportabili.
Alcuni di questi momenti infelici li ho trascritti per voi, meritevoli di essere menzionati per il mio modesto parere da giocatore sopravvissuto agli anni 80.
Come al solito, so già che ne trascurerò qualcuno di importante, se ne volete segnare anche , vi incoraggio a scriverli nei commenti.
Condividiamo, tutti assieme, le pene del girone dei sclerati.
Tanta fatica per nulla.
Ora e ore di combattimenti per portare gli eroi del nostro gruppo in una forma competitiva, dalle abilità imbarazzanti grazie allo sfrenato "livellaggio" e alla crescita continua delle statistiche.
Anche gli incontri casuali più impegnativi sono una bazzecola, ridicoli e cadono dopo aver selezionato un paio di abilità, distrattamente, mentre si guarda un telefilm alla TV. Siamo pronti per il Boss finale, che nonostante il nostro improving e la vita sociale momentaneamente abbandonata per rendere gli eroi imbattibili, risulta più ostico del solito. Ora ha pochissimi punti ferita, lo si più notare dalla barra vita scena pericolosamente nella zona rossa, in fondo a destra. Sta agonizzando, se è un robot, fuma copiosamente in procinto di esplodere, ma sul più bello, con nostra grande sorpresa, si inventa una abilità inedita che esplode davanti ai nostri occhi in uno spettacolo iridescente di scintille, lampi, esplosioni e bestemmie. I nostri eroi, cosi tanto coccolati, muoiono in un turbinare di 9999. Rimaniamo a bocca aperta.
Maledetto boss finale!.
Non ci sono problemi, ci possiamo riprovare basta caricare il punto che...$#*%&, non abbiamo salvato!
I personaggi tornano in vita, si, ma senza quelle grandi caratteristiche che le ore impiegate precedente ci sono servite a aumentare. La futura dinamica di un giocatore che ha subito un simile destino è inevitabile; salvare la partita ogni fine combattimento. Che poi diventerà un meccanismo psicologico difficile da abbandonare anche nei titoli futuri.
La delusione.
L'acquisto sulla fiducia, provati da più di un decennio di intollerabile attesta, di una copia di Duke Nukem Forever.
Quando si dice la fortuna.
Dopo missioni al limite del delirio e al termine di uno sterminio, infinito di mostri di ogni tipo, genere e orientamento sessuale, troviamo un luogo di riposto dove finalmente salvare e comprare qualcosa nel canonico “Shop” creato per farci spendere i nostri sudati soldi virtuali.
Troviamo un'arma dalle caratteristiche devastanti, con un look inedito mai incontrato prima ma estremamente costosa, tanto che dopo averla acquistata ad occhi chiusi, rimaniamo senza neanche una moneta per comprare qualche pozione cura ferita. Fiduciosi di continuare, con molta più potenza la devastazione di flora e fauna dei successivi livelli, ci buttiamo in azione infilandoci nella prima missione a disposizione. Con decisione caliamo il letale colpo della nostra nuova, fiammante, arma sul primo abominio nel nostro percorso, ad esempio, un rospo rosso dalle zampe grasse. Il danno che ne segue ci soddisfa ma l'oggetto che rilascia in premio, dopo la sua morte, è la stessa arma che abbiamo acquistato qualche secondo prima.
Per questo sono anni che non compro più un'arma da nessun “Shop” in nessun gioco.
Dove vai, se la banana non ce l'hai?
Il Racing Game, dove il gruppo di avversari hanno due giri di svantaggio rispetto a noi, ma una volta che usciamo di strada, anche per pochi secondi, riprendendo subito a correre dopo una velocissima manovra di recupero, questi arrivano velocissimi e ci sorpassano senza tanti complimenti, tagliando assieme al traguardo appassionatamente.
Il nemico che non muore.
Mi riferisco agli sparatutto online dove riflessi e una buona dose di nervi saldi aiutano molto, con in corpo qualche litro di Red Bull, cauti come non mai. Si individua il nemico che corre senza averci visto, benissimo!
Gli scarichiamo tutti i colpi disponibili, più quelli trovati per terra e qualcuno preso in prestito da un amico. Questo non muore, anzi, seguita a correre, si gira con calma, ci vede perché dopo la raffica siamo facilmente individuabili e ci spara un solo colpo alla testa con una pistola a pallini, ammazzandoci. Mi piace pensare che sia colpa della lag, anche quando non è presente.
Una contraddizione.
Possiamo cavalcare con abilità, correre per chilometri senza stancarci, sparare in corsa con precisione chirurgica, ammazzare centinaia di criminali e sopravvivere a una rovente sparatoria senza un graffio, ma se cadiamo in una pozzanghera, oppure tocchiamo uno specchio d'acqua con il piede, moriamo mandando a monte l'intera missione. Sono molti i personaggi in giro affetti da una forte idrofobia.
Die, Noob!
Nel gioco online si sa, possono entrarvi tantissime persone e delle più svariate tipologie.
C'è il casual gamer che gioca per stare lontano dalla cucina, dominata dalla moglie, il ragazzetto che gioca per non studiare, il bimbo che segue i colori, la ragazza che vuole provare qualcosa di diverso, l'uomo che si svaga dopo una giornata di lavoro, il casellante mentre aspetta un cliente nel suo bugigattolo e chissà quale altra varietà di persone. Il tipo più frequente, sempre a identificare e che non finisce mai di stupirci è il Noob, ( “Principiante” tradotto in italiano, anche se attualmente la traduzione di noob in italiano per molti rimane:”Noob”)
Inevitabile essere principianti, ci siamo passati tutti; prima o poi bisogna iniziare a giocare, capire le regole, fare errori, imparare e perdere dignitosamente, lo abbiamo fatto tutti e tanti altri lo faranno cercando di migliorare, è un passaggio ma non una condizione permanente.
Quello che fa uscire di senno non è trovare dei “noob” in partita, ma dichiararlo in partita prima del match e venire inevitabilmente maltrattati.
Prima partita online, il gioco ci è ostile, saranno due giorni che è uscito, inizia la partita e noi, dalla chat, dichiariamo la nostra inesperienza con una semplice frase in inglese, direi comprensibile da tutti:”Sorry, my first game here”. Inconfutabile.
Il gioco prosegue e, invece di ricevere degli aiuti su come muoverci, che tattiche adottare e come comportarsi in situazioni, oppure stare semplicemente in silenzio facendomi imparare dai miei sbagli, dalla chat fioccano insulti verso il nostro indirizzo:”NOOB!!”.
Certo che siamo noob, è la nostra prima partita, ho ancora la confezione incelofanata, si sente ancora l'odore di plastica nuova.
“NOOB!!” - scrive ancora il compagno.
L'ho scritto prima, è la mia partita, sono appena uscito dal tutorial, dove una voce cortese e sensuale mi consigliava di provare una partita online, assieme ad altri simpatici giocatori per imparare a giocare meglio e dove, peraltro, avrei trovato gente ben disposta ad aiutarmi.
“NOOB!!” - di nuovo.
La partita finisce, io e la mia squadra perdiamo e inizio più o meno a capire la dinamica del gioco, ma arriva comunque un incoraggiamento dai miei compagni di squadra:
“F**K YOU NOOB!”
Ora capisco la frase:”L'esperienza di gioco può cambiare nelle partite online” scritta sul retro della confezione.
Die Noob, again.
Noob non vuol dire solo “Principiante” viene usato come insulto, spesso gratuito, utilizzato senza cognizione di causa, anche solo per creare una flame war nella chat, come provocazione, oppure come lamentela per una azione che, a detta del giocatore, risulta scorretta, invece spesso è frutto di esperienza di gioco, abilità e riflessi. Non sempre, purtroppo, viene percepita cosi.
“Mi hai ucciso usando il spatafruncher di lato, arcuato, con doppia capriola senza avvertirmi!, sei un noob!” oppure:”Hai usato l'aduken dopo un salto rivoltato rimbalzato, noob!” o anche:”Mi hai colpito, nooob!”. Noob anche se avete vinto la partita a loro danno, non esiste una classificazione pertinente dove catalogare questo nuovo genere di insulto, quello che risulta evidente è la sua provenienza; un mentecatto oppure un pargolo da latte appena uscito dal tutorial.
Quanta gente lavora dietro un videogioco...
Si carica il gioco appena comprato, la voglia di provarlo è evidente e sono mesi che lo aspettiamo con attesa incontenibile, accendiamo la console, infiliamo velocemente il disco con una mossa agilissima, installiamo il titolo e dopo un'attesa infinita che consumiamo a distrarci il più possibile leggendo un fumetto, o guardando la sigla di Cobra 11 sulla RAI, guadando i messaggi sul cellulare o imbiancando la camera da letto e, finalmente, appare la scritta:”CARICA IL GIOCO” sullo schermo. Facciamo partire il titolo e prima dell'agognata schermata iniziale, sfilano davanti ai nostri occhi una carrellata interminabile di titoloni; il nome della software house, il nome di chi l'ha prodotto, di chi l'ha programmato, chi l'ha ideato, il logo del motore grafico, un simbolo che gira senza capire se è una scritta o un coniglietto, un siparietto di omini che corrono e poi compongono un logo dai caratteri strani, tutto questo senza la minima possibilità di saltarli. Per questo semplice motivo, si terrà la console accesa nei momenti in cui non riusciamo a giocare al titolo, per evitare di sorbirci nuovamente tutti il carosello di scritte, loghi e baracconi.
Per fortuna su PC, c'è un semplice trucco di circostanza che tutti dovrebbero conoscere (basta o cancellare i filmati in questione o creare altri file vuoti con lo stesso nome).
Mai ti doppierò.
Posso comprendere come, la lingua inglese, sia inevitabilmente necessaria per chiunque usi un computer o navighi in rete, per lo studente, per chi viaggia. Sarebbe veramente utile studiarla e impararla per non rimanere indietro con l'Europa, o almeno, per non fare la figura degli ignoranti. Quello che non mi posso aspettare è che, un Italiano medio che magari dell'inglese non se ne fa nulla e non avrà mai bisogno di studiarlo, debba leggere dei sottotitoli, in caratteri grandezza acaro, in alto nello schermo (se si chiamano SOTTOtitoli ci sarà un perché), per poter seguire la trama dell'ennesimo titolo privo di doppiaggio (in aumento a quanto pare).
Sembra una strategia alimentata dal mercato degli oculisti, che in questo frangente troverebbe una nuova potenziale clientela.
L'amico smemorato.
Ennesimo gioco di ruolo o di avventura, dove i dialoghi costituiscono una parte fondamentale per l'immedesimazione nel suo oscuro mondo. Incontriamo alcuni personaggi (NPC per gli amatori di acronimi) che ci aiutano nel corso del gioco, condividono con noi momenti di panico, azione, devastazione collettiva e che facilmente sfruttiamo, senza complimenti, per non perdere una vita, fare esperienza, corteggiare con la sua fidanzata, eccetera. Se, dopo questo festival di esperienze, interagiamo nuovamente con loro, scopriamo che il loro vocabolario non è cambiato e ci tratterranno esattamente come il primo secondo in cui lo abbiamo incontrato.
Compagni d'armi dalla memoria a breve termine.
So già tutto, grazie.
Siamo al terzo o quarto capitolo della solita saga di gioco che, in questi lunghi anni, ci ha tenuto compagnia nelle lunghe notti invernali, dove fuori sferza un vento gelido e il cielo sembra carico di malefici, quando in realtà vuole riempirci solo di neve.
Sappiamo a memoria ogni dettaglio del gioco e ricordiamo la storia dei capitoli precedenti, la curiosità nel vedere l'epilogo è alta. Ci aspettiamo un titolo all'altezza dei precedenti e, in effetti, non rimaniamo delusi. Quello che potrebbe farci imbestialire invece è il finto livello iniziale per propinarci l'ennesimo tutorial, che non possiamo saltare, dove ci vengono insegnate le stesse tecniche, gli stessi comandi, gli stessi tasti, le stesse regole, le uguali dinamiche dei titoli precedenti, che conosciamo a memoria e, anzi, con un po' di impegno possiamo spiegare meglio e con più professionalità. Invece no, dobbiamo tornare all'asilo. Sarebbe come vedere Rambo, in un ipotetico nuovo seguito, vestito con il grembiule, tra i banchi di scuola, che impara a manovrare un Ak47 o a lanciare una granata, seduto sul suo banco.
Ti porto in un posto bellissimo.
La missione di “Escort” (per favore, evitiamo puerili battute in questo frangente) che stiamo portando a termine è impegnativa, serve una buona conoscenza della mappa, una certa dose di pazienza, con calma e decisione scortiamo il tipo in questione per il suo tour che può comprendere una consegna, un tour guidato o un semplice massacro, non ci sono limiti a quello che può fare, tanto è un NPC senza vita, sfruttiamolo. Nell'ultimo tratto di strada che ci separa dalla conclusione di questo tormento virtuale, giungiamo a destinazione contenti e fieri, siamo pronti per festeggiare il giubilo alzando un pugno al cielo o pubblicando il successo della missione sul proprio blog, quando ci accorgiamo che il nostro compagno non ci ha seguito come ci saremo aspettati. Anzi.
E' dietro di una ventina di metri che sta correndo contro un cancello, alto venti centimetri, impossibilitato ad attraversarlo, bloccato da qualche algoritmo che non gli permette di saltarlo. Non facciamo tempo a raggiungerlo che viene selvaggiamente massacrato da un branco di cani idrofobi, oppure ucciso da un fantomatico bug assassino, fuso in mezzo a qualche poligono, disperso in mezzo alla folla; la fantasia non ha confine quando si scorta un NPC privo di intelligenza.
Basso profilo.
Le missioni di stealth, dove un basso profilo è consigliato e se rimani invisibile è meglio non le ho mai digerite più di tanto. In certi giochi però, il basso profilo ha una rilevanza decisamente fastidiosa e opinabile. Le guardie hanno una miopia acuta anche in ambienti molto illuminati; se siete lontani circa quattro metri da loro non vi vedono, ma se vi avvicinate di uno, allora iniziano a sospettare che qualcosa non sta andando per il verso giusto. Sui due metri si sentono osservati e al metro di distanza, finalmente, vi vedono anche se non riescono a capire se siete un estraneo, un amico, oppure uno di loro.
Anche il loro udito lascia a desiderare. Se bussate contro il muro, correte rumorosamente, oppure fate cadere qualcosa, per loro è il medesimo rumore, anzi pensano che magari a bussare contro il muro al ritmo di :”Ammazza la vecchia...” sia stato un topo o un libro che cade.
Game Over
Il personaggio muore, succede prima o poi, non siamo infallibili, qualche errore possiamo farlo, è per questo che è stato inventato il sistema di save/load.
Continuando la partita più e più volte saremo in grado di imparare il livello a memoria, magari completarlo in metà tempo, senza morire, possiamo sapere la posizione dei nemici a memoria e comportarci di conseguenza. Morire nei giochi è più naturale che miagolare per i gatti. Quello che non mi spiegherò mai e mi darà sempre fastidio è come viene gestita la morte in molti giochi d'avventura, alcuni survival horror, altri semplici sparatutto.
Che venga sbranato da un party di zombie oppure crivellato da uno stormo di proiettili, la sequenza finale spesso risulta troppo lunga, con l'eroe che per qualche minuto agonizza, la telecamera che ruota sul suo corpo nudo e la fatidica scritta:”GAME OVER” sullo schermo.
Possiamo certo aspettarci un game over in un videogioco, più che per abitudine che per motivi di utilità, a mio avviso è una prassi decisamente obsoleta per questo genere di videogiochi.
Il Game over era più efficace negli anni 90, in sala giochi, quando dovevi continuare a inserire dei gettoni per continuare la partita, oppure negli anni 80 dove una partita negli Arcade in sala giochi, se si aveva solo un gettone, la partita era veramente, definitivamente conclusa, senza possibilità di continuare. GAME OVER e tanti saluti, la festa è finita, bello.
Però in casa mia con un gioco pagato 60 euro, seduto sul divano e tutta la notte per giocare, muoio dopo neanche mezzora di risse e sparatorie, il GAME OVER non deve esistere. Finisco di giocare quando lo dico io. Daltronde chi di noi si fermerebbe alla prima difficoltà in un game dei nostri tempi, cosi semplici?
La prima cosa che voglio vedere dopo aver perso la vita virtuale è la schermata dei salvataggi e non la domanda:”Vuoi continuare dal salvataggio/checkpoint precedente?”.
No, ho paura! mi fermo qui! AaAaAaaaah!
Domanda inutile, se voglio fermarmi spengo la console, che altro posso fare con il gioco, oltre che proseguirlo nella sua campagna/avventura? Usarlo per intrattenere il gatto?, portarlo fuori a cena? Usare la musica del menù principale come sottofondo musicale?
Per questo possono provocare qualche scatto di rabbia in “game over” inopportunamente lunghi con domanda scontata finale, il perché è che sono qui per giocare, non per rispondere a delle domande idiote.
Corsa alle armi.
Nel corso della nostra avventura abbiamo imparato a usare il bellissimo fucile automatico Frakka Frakka Distruggimondi, veloce nella ricarica, con un'ampia angolazione di tiro e cosi terribilmente letale, anche nelle medie distanze. Lo amiamo come se fosse un nostro figlio, anzi la nostra prole non viene cresciuta con cosi tanta cura; compriamo per lui le munizioni migliori, il mirino laser verde con stabilizzatore, la canna in oro laccato e ogni upgrade disponibile per questo gioiello di devastazione, tanto da renderlo invincibile. Non è un arma come le altre, è il nostro Frakka Frakka Distruggimondi livello 99 con tutte le statistiche alzate al massimo del limite del possibile; ore, giorni di lavoro, sottratti a mansioni più importanti, come portare a spasso il cane o intrattenere la fidanzata a letto. Mettiamo anche una sua foto su Facebook, vantandocene con gli amici.
L'ultimo livello di questo gioco ha in servo per noi una sorpresa, che mai e poi mai ci saremo aspettati, dopo aver scoppiato una mandria di alieni imbufaliti, il gioco amplia l'arsenale disponile con un'arma nuova: il Boom Boom Spaccagalassie che a livello 1 sorpassa di tre anni luce, velocità e danno del nostro Frakka Frakka. Questo episodio insegna come non si deve mai, e poi mai, affezionarsi al proprio inventario.
Mai e poi mai.
Ti faccio vedere io come si fa.
Una stanza abbastanza piccola, una porta poco distante e una leva, questo è la ricetta per un altro fastidio videoludico. Si tira la leva per aprire la porta, sembrerebbe un'azione semplice e senza molte complicazioni ma...parte un'inquadratura; panoramica della stanza, una telecamera fluttuante raggiunge lentamente la porta che, particolare della maniglia, si apre con uno scatto, senza possibilità di saltare l'inutile scena. Mettiamo che il livello sia particolarmente ripetitivo e dobbiamo passare sullo stesso punto qualche minuto dopo, troveremo la stessa leva e la stessa porta e cosa succede, una volta tirata? Altra panoramica del regista pignolo che, dall'altro della sua magnanimità, vuol mostrarci nuovamente dove sia posizionata la solita dannata porta che avremo aperto, si e no, tre/quattro dannate volte in tre ore.
Una dimostrazione del fatto che alcuni giochi sono stati concepito per qualsiasi tipo di utenza, anche per i deficienti con problemi di memoria.
Un tasto, tante funzioni.
In un tipico pad ci sono ben 10 tasti a disposizione, escludendo la funzione del D pad e la pressione dei due joystick analogici; è mai possibile che in molti giochi, il tasto più usato nelle situazioni con maggiore criticità è associato anche a un altra azione meno opportuna e secondaria?.
Descrivo una panoramica su una scena tipo: Arriviamo in un punto, tradizionale, dove l'unica maniera per proseguire è menare tutte le creature viventi che ci sbarrano la strada, non è un problema, grazie alle potenzialità incredibili dell'immortale protagonista, iniziamo a massacrare il primo manipolo di sfortunati, questi lasciano cadere a terra le loro armi, che non ci sogniamo di raccogliere perché sono l'emblema dell'inutilità, in ogni caso, lo farete ugualmente; il tasto che serve per sferrare potenti cazzotti è anche lo stesso per raccogliere le armi. Partirà quindi un walzer di mosse demenziali che comprenderanno, una sventagliata di pugni, l'eroe che si inchina per prendere l'arma che ci è accidentalmente posizionato sopra, la buttiamo per terra perché inutile, altra raffica di pugni, il personaggio ri-prende un altra arma e via con la danza demenziale.
Ne ho visto io di cose, ho visto uomini di pixel chiamare il cavallo invece che parlare con un negoziante, donne aprire una porta invece che ricaricare l'arma, robot uccidere un passante invece che saltare, nerboruti soldati correre felicemente attraverso una sparatoria invece che nascondersi dietro un muro. E tutto questo continuerà, inesorabile, per chissà quanto tempo ancora.
Tra l'altro, per levare ogni pensiero al giocatore è stata tolta qualsiasi customizzazione dell'associazione dei tasti sul pad, quindi dovremo convivere con questo vizio di forma sino alla fine del gioco. Fino a che game over non vi separi.
+ libertà + giocabilità?
Sono anni che si sente sempre più spesso parlare positivamente del free roaming.
Chi si dispera non c'è, chi ne è piuttosto lusingato, a chi non interessa basta che ci siano i seni grandi. Io faccio parte di quella piccola cerchia di persone che vede il free roaming, come un po' come una piaga per la giocabilità. Non solo ci da la possibilità di annoiarci prima della fine del gioco, ma ci da dono della possibilità di esplorare un bellissimo mondo, curato certo, evocativo, tutto quello che volete, ma velleitario per la progressione del gioco.
Un conto è arricchire il titolo con un mondo vivo a ruolo di complessità del titolo, atmosfera e profondità (Skyrim, Fallout 3 per dire due titoli), un conto è subirlo come in alcuni titoli, con mappe vastissime, (chi ha detto GTA?), dove per arrivare in un punto, bisogna arrivarci fisicamente, percorrendo in lungo e in largo l'ambientazione, avanti e indietro, senza mai la possibilità di abbreviare il viaggio.
In un gioco vorrei divertirmi, distruggere qualcosa, risolvere enigmi, devastare nemici e non vivere in una città affollata, con tanto di traffico, che allunga paurosamente la distanza tra me e la giocabilità. Se voglio viaggiare, c'è il mondo reale che contiene molti spunti.
Il discorso cambia, quando l'ambientazione è progettata in maniera più intelligente e sintetica, come in Batman Arkham City, Skyward Sword e tanti altri titoli che non menziono perché non voglio trasformare questo articolo in una lista (e va bene, non me li ricordo! Ok!?)
Un videogame non dovrebbe essere una riproduzione in scala 1:1 della vita, ma una sintesi in chiave allegorica, priva di noia. Manca poco che proclamino a un gioco, come caratteristica innovativa: La coda in Posta.
Per questo aggiungo, l'esagerato free roaming tra le caratteristiche di un gioco mi fanno lanciare fuori il pad dalla finestra urlando:” Questa è vera libertà, baby”.
Fra l'altro sono d'accordo con il problema di rarefazione del divertimento che talvolta si lega ad un free roaming mal implementato... lo sperimentai per la prima volta con GTA: San Andreas... titolo che trovai allo stesso tempo troppo ricco sul fronte dei contenuti quanto paradossalmente vacuo sul fronte dell'intrattenimento.
In tutti i capitoli dal 3 in poi gran parte del divertimento per me sta nel esplorare le varie zone, godersi le ambientazioni, le chicche che la rockstar puntalmente nasconde anche ignorando per lungo tempo la trama principale
Mi piacciono meno quando son troppo dispersivi o comunque non offrono nulla di che e girare a piedi fuori dalla tarma principale diventa vuoto e noioso, visto che non c'è nulla da fare o da vedere... Vedi ne Il padrino, nel primo Just Cause, in Red Faction Guerriglia...
Troviamo un'arma dalle caratteristiche devastanti, con un look inedito mai incontrato prima ma estremamente costosa, tanto che dopo averla acquistata ad occhi chiusi, rimaniamo senza neanche una moneta per comprare qualche pozione cura ferita. Fiduciosi di continuare, con molta più potenza la devastazione di flora e fauna dei successivi livelli, ci buttiamo in azione infilandoci nella prima missione a disposizione. Con decisione caliamo il letale colpo della nostra nuova, fiammante, arma sul primo abominio nel nostro percorso, ad esempio, un rospo rosso dalle zampe grasse. Il danno che ne segue ci soddisfa ma l'oggetto che rilascia in premio, dopo la sua morte, è la stessa arma che abbiamo acquistato qualche secondo prima.