Gravity RushRipensavo al giugno 2012, ovvero al periodo della sua uscita in Occidente, quando Gravity Rush parve essere uno dei titoli “salvifici” della console, vale a dire un potenziale apripista per molti altri giochi sviluppati ad hoc per la nuova portatile Sony, console che già allora soffriva di una carenza di titoli di grosso calibro e di una line-up con troppi porting (sebbene alcuni, come Rayman Origins, non presentassero pecche rispetto alle versioni per console domestiche) e prospettive buone ma non eccezionali per quanto riguarda l’uscita di titoli cosiddetti tripla A.
Tuttavia, a parte l’Abisso d’Oro di Uncharted, non si può dire che su PS Vita vi sia una moltitudine di esperienze che potremmo definire “massicce”. In effetti, anche tenendo conto di questa prima metà 2014, di titoloni non ne sono certo spuntati fuori a valanghe. In compenso vi è un numero significativo di ottimi titoli indie, che ha in parte mitigato l’amarezza di alcuni possessori di PS Vita, soprattutto se iscritti al servizio PlayStation Plus.

È trascorso molto tempo dall’uscita di Gravity Rush alla redazione di questo pezzo e questo è dipeso da due motivi.
Il primo è che, sapendo di essere facile preda di entusiasmi, temevo di incensarlo eccessivamente. In quel periodo, poi, avevo scritto di Uncharted: l’Abisso d’Oro, di Super Stardust Delta, di Escape Plan... non potevo dunque monopolizzare il settore PS Vita, console che peraltro possedevo da poche settimane ed ero assai galvanizzato dallo schermo (e ancora adesso trovo ben più piacevole il primo modello di Vita, quello con OLED display, rispetto a molti freddi smartphone -scusate il campanilismo videoludico-).

Il secondo motivo per cui non potevo scrivere di Gravity Rush, inoltre, stava nel fatto che, a differenza dei titoli sopraccitati, non l'avevo finito. Sul serio, fino a questa primavera 2014 non avevo ancora portato a termine il gioco. Non ce la facevo: sono andato avanti a sprazzi per quasi due anni... e per fortuna i comandi sono così ben mappati da rendere difficile perderci la mano. Giocavo un po’ e poi dovevo smettere per dedicarmi ad altro e non perché fosse un brutto titolo, visto che, al contrario lo ritengo un grandissimo gioco. Però riconosco una mia debolezza: tendo ad essere molto colpito dal lato artistico di un videogame e rischio di elogiarlo fin oltre le sue qualità. Così ho preferito attendere parecchi mesi ed analizzarlo a mente fredda, cosa d'altra parte assai difficile, poiché l’opera di SCE Japan Studio avvince come poche e sarebbe sufficiente il solo comparto tecnico -peraltro di un gioco uscito in Giappone nel febbraio 2012, al lancio della console, con il titolo Gravity Daze- per ammaliare con la magica atmosfera che permea la città di Hekseville.

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Gravity Rush è uno dei rarissimi giochi che mi ha fatto provare sensazioni tipiche della sindrome di Stendhal: una tale potenza visiva da rendermi insostenibile mettermi a completare troppe missioni di fila, facendomi desiderare invece di esplorare la città il più possibile, magari con la consapevolezza di perderci solo tempo e con la parziale giustificazione della ricerca di alcuni frammenti di cristallo viola sparsi in giro per la città, elementi che permettono a Kat, la protagonista, di potenziare le proprie abilità. Ecco, in questo e in molte altre caratteristiche Gravity Rush non propone chissà quali novità: la progressione della protagonista dovrà essere bilanciata dal giocatore, scegliendo cioè autonomamente come migliorarne le abilità, proprio come in un classico action-RPG.
Eppure questo titolo... è insostenibilmente bello e non si tratta di un “non gioco” alla Journey, sia chiaro. Gravity Rush presenta infatti molti elementi comuni: una protagonista carismatica che si muove in un mondo open-world, una barra della vita, dei nemici, dei PnG, delle missioni principali da seguire per proseguire una storia e diverse missioni secondarie da completare per goderci il mondo di gioco...

Ma è il caso che io spieghi dove ho trovato una tale bellezza in questa opera di Keiichiro Toyama, conosciuto per aver contribuito alle saghe di Silent Hill e Forbidden Siren.
A metà 2012 decido di dar fiducia al suddetto titolo. Scappo a casa, decido di provarlo... e già s'inizia con i tocchi di classe... Niente video introduttivi: qui la narrazione si fa attraverso delle bellissime tavole a fumetti da muovere tramite touch screen ed orientabili attraverso i giroscopi della console. Conosceremo Kat, una ragazza che ha perduto la memoria e inizieremo a muoverci per i bassifondi di Hekseville, una meraviglia assoluta ad ogni livello.
Ripeto, si va oltre la tecnica: un cel-shading fuori parametro per una console portatile, il cui impatto mi ha ricordato la bellezza di The Legend of Zelda: Wind Waker! Per la potenza bruta vedremo la Vita forse al massimo delle sue potenzialità nel sequel, peraltro già annunciato! Qui siamo dinanzi ad una commistione di stili così differenti da far temere un minestrone indigesto. E invece sono stati amalgamati in modo così azzeccato... fatico ancora a crederci. Un comparto tecnico che, unito alla bizzarra trama, renderà il tutto piacevolmente assurdo, se non a tratti psichedelico. Basti guardare come si modifica la palette di colori quando si procede ad alterare la gravità: si entra in un alone traslucido e tutto assume dei colori più saturi. Il cel-shading, azzeccatissimo, esalta ancor di più i contrasti e rende le avventure di Kat favolose, anche solo dal punto di vista grafico-artistico. Mi entusiasmo facilmente? Non lo nego. Ma raramente ho potuto volteggiare in una specie di piccola Londra vittoriana, con anche elementi vagamente steampunk, ritratta con tratto da manga -lo stile anime (alla Evangelion) è riconoscibilissimo nei protagonisti, nelle loro trasformazioni e nei nemici- ed anche europeo -nelle sequenze narrative e nell’architettura della città-, con una cura per il dettaglio sbalorditiva.

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Comunque, all’inizio del gioco Kat non saprà che fare, e noi con lei. Sentiremo di trovarci in un mondo sconosciuto, in balìa degli eventi e qui, così come in altre situazioni “introspettive”, si potranno rilevare diverse affinità con alcune opere del grande Miyazaki.
Gradualmente ci sposteremo per la città, senza ben sapere cosa dovremmo fare, quando all’improvviso scoppierà il caos: una forza superiore di cui ancora non conosciamo nulla trascinerà con sé parte della città stessa! Alcuni cittadini saranno in pericolo, e, senza rendersene conto, Kat mostrerà dei poteri sovrumani: potrà alterare la gravità.
Questo le permetterà di volare, per quanto non senza limiti di tempo, eseguire attacchi in volo, lanciare oggetti nelle vicinanze ai nemici e camminare su ogni superficie (pareti o soffitti!) Molte altre abilità, poi, si sbloccheranno con il prosieguo del gioco. Il tutto, inoltre, sarà debitamente potenziabile: un volo più veloce, attacchi più forti, una maggiore barra della vita... Idem come sopra per il tempo di fluttuazione che, inizialmente scarso, potrà e dovrà essere incrementato per poter volteggiare più a lungo. Ogni secondo farà la differenza... ma appena saremo a terra la barra del “potere” si ricaricherà in pochi secondi e, facendo attenzione a non fare mosse avventate, non ci sarà troppo da preoccuparsi di rimanere a secco. E volteggiare per i cieli sarà sempre così magico da non poterci proprio fare l’abitudine: sarà sempre esaltante! Quando però cominceremo a prendere la mano coi comandi, allora si riuscirà a sfruttare al meglio ogni sessione di volo, sfruttandone anche l’inerzia, avendo l’accortezza di non perdere i poteri quando ci troveremo sul vuoto.
Anche le cose più semplici sono ben realizzate, con un sistema di combattimento, soprattutto per quanto dovremo fare nella prima parte del gioco, effettivamente basilare. Potremo schivare gli attacchi dei nemici, a terra e in aria, e caricare dei calci -letteralmente!- volanti. Ma contro chi? La storia, per quanto narrata con semplicità, è attenta a non rivelare tutto fin dall’inizio. In effetti se la prende piuttosto comoda, con molti personaggi che rimangono a lungo avvolti nel mistero. Tra i character che incontreremo non sarà facile distinguere fin da subito fra amici e nemici, che si riveleranno solo col proseguimento delle missioni. E la narrazione sarà... delicata, direi.

Non saranno affatto delicati, al contrario, i nostri violenti nemici: i Nevi. Si tratta di esseri misteriosi che possono assumere vari aspetti: a volte informi, a volte vagamente simili ad alcuni animali o piante. Essi saranno però accomunati dalla presenza di un punto debole, non sempre facilmente raggiungibile, che dovremo colpire a tutta forza per avere ragione di loro. Rimanendo a terra, potremo scegliere di effettuare delle semplici combo col tasto quadrato, ma anche dirigerci verso i nemici scivolando sul terreno, come surfando sull’acciottolato (ci saranno anche delle gare a tempo!), semplicemente toccando il touch screen sui bordi laterali e inclinando la console nella direzione cui vorremo sterzare.
A proposito del touch screen, ne viene fatto un buonissimo uso, ma per chi viene dalla PSP (“intoccabile”) o dal DS (touch screen “resistivo” con pennino), non sarà certo immediato abituarsi all’uso massiccio dello schermo “capacitivo” multitocco, sia anteriore che posteriore. Nessun problema in ogni modo, visto che la mappatura dei comandi prevede l’utilizzo dei classici tasti, dorsali compresi. Quando dovremo combattere contro dei boss, bisognerà avere le idee chiare e farsi una strategia, dato che si tratterà di scontri o con dei colossi in grado di farci davvero sudare, o con i mandanti stessi dei Nevi, i quali forse saranno più o meno della nostra taglia, ma non risulteranno per questo meno pericolosi, anzi! Più rapidi e intelligenti, metteranno infatti tutti a dura prova la nostra abilità di manipolazione della gravità.

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In ogni caso, che vogliate combattere o volteggiare per la città, facendo uso dei pulsanti frontali e dorsali, oppure inclinando e toccando le superfici della PS Vita, sarà sempre un piacere lottare o girovagare per i tetti o per i vicoli. O anche sotto la città stessa, e non parlo solo di librarsi nelle fogne, ma tra le fondamenta stesse! La città di Hekseville è infatti sospesa in aria, fluttua in cielo. E in effetti è anche immensa, con un'unica monorotaia ne collegherà i vari quartieri. Ma perché prendere il tram quando potrete volare?
Librarsi nei cieli è una soddisfazione unica. Un sistema di volo non solo risulta tecnicamente ben realizzato, ma anche suggestivo e da sogno, tanto che ancor oggi continua a stupirmi, ogni giorno come se fosse il primo.
Il fatto di essere in una città gigantesca, totalmente esplorabile in ogni suo punto, con segreti e persone con cui poter anche solo scambiare qualche parola è uno dei motivi per cui, ne sono certo, le fasi “esplorative” non avranno una durata molto dissimile da quella strettamente connessa al completamento della storia in singolo (ma anche buttandosi a capofitto in quest'ultima non vedrete i titoli di coda prima di una quindicina di ore...). Si tratta poi un free-roaming poco dispersivo e molto "compatto", visto che sarà sempre indicato sulla mappa di gioco dove recarsi per proseguire nella storia, così come tutte le missioni secondarie e i personaggi con cui parlare saranno pronti da raggiungere relativamente in breve tempo.

Certo, "poco dispersivo"... a meno di non farsi prendere dallo spirito esplorativo! Per quanto anche la storia si faccia ricordare! Un’avventura che parte un po’ in sordina, per poi dipanarsi al suo meglio nelle diverse missioni, con obiettivi sempre diversi e aree davvero fuori di testa, fino a catturarvi completamente nel giro di poche ore.
Non esplorerete poi solo la città e i quartieri, diversissimi tra loro, che la compongono, ma anche molte altre location, visitabili in determinati eventi, ambientazioni che sfoggeranno una ricercatezza estetica vista davvero raramente in un gioco per console portatile (e non solo...). Tunnel di lava, scenari spaziali, mondi sottosopra... ci sicuro non ci sarà da annoiarsi.
Tranne che in un caso: i non certo brevi caricamenti che intercorrono quando si prosegue con la storia o con le missioni secondarie. In particolare, sarà un po' frustrante iniziare una prova a tempo (che sia una gara o un combattimento) e, una volta capito non potercela fare, non avere neppure il pulsante di riavvio! Si dovrà quindi o completare la missione (oppure fallire, o morire...), beccarsi una valutazione non eccelsa e ricominciare. Se da una parte è giusto non dare al giocatore l'impressione di essere onnipotente, negandogli la possibilità di un fulmineo restart, i tempi di caricamento sono tuttavia troppo lunghi per essere accettabili. In ogni caso si tratta davvero dell’unica pecca evidente, neo che peraltro non ritengo riesca ad inficiare l’esperienza globale di gioco. È anche vero che certe missioni -soprattutto alcune delle esigenti secondarie- possono sembrare mal bilanciate, ma la cosa comporterà semplicemente che Kat non sarà in grado in quel momento di affrontarle e sarà quindi il caso di andare ad accumulare esperienza altrove.
Per il resto, i dettagli saranno la cosa più emozionante. Ogni angolo, ogni persona, anche ogni animale (il micio!) sarà infatti di una naturalezza unica e darà l’impressione di trovarsi in una città viva. Anche il brusio della folla e il vento tra i capelli non saranno solo degli effetti audio, ma contribuiranno alla sospensione dell’incredulità. Idem come sopra per le musiche che, ora tranquille, ora roboanti, si sposano davvero alla perfezione con le ambientazioni.

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A proposito di musiche... qui un piccolissimo assaggio. Un brano che ascolterete a lungo, quando potrete girare liberamente per la prima sezione della città. Fuori contesto può non dirvi granché, ma fidatevi: durante il gioco non penserete di abbassare l’audio, né direte “mi sta stufando”. Questo pezzo, come tutti quelli proposti nel gioco, è collocato proprio nel giusto contesto e fa parte del gioco non meno del gameplay. Se poi Kotaku dedica all’ambito musicale un'intera pagina, un motivo ci sarà!
“Dizzy & delightful”, come non concordare? Le musiche sono firmate da Kohei Tanaka, autore che ha composto le colonne sonore di diversi anime, tra cui il grande One Piece, e che qui si diletta nel creare brani che ricordano diverse sonorità europee e soprattutto americane (a un certo punto, giunto in un nuovo distretto della città, ho sentito un brano jazz davvero notevole!). Comunque, archi e ottoni e pianoforte saranno sempre presenti! E leggendo questo articolo appena citato, so di dovergli rubare un paragrafo, perché concordo appieno! “This is the first straight-up jazz tune that plays, and it accompanies the moment when I suspect most players will truly fall in love with Gravity Rush. After finishing a few missions in the first district, the protagonist Kat takes a train to the Pleasure Quarter, and suddenly… it’s night, and the lighting is entirely different, and this off-kilter tune begins to play. Soaring around building tops while accompanied by a swinging violin solo… not many other games are this cool, is what I’m saying.”.
Quando si arriva al Pleasure Quarter... siete catturati, avvinti, non ne uscite più! Scena: eravate stati solo nella città vecchia, la Old Capital – la prima area del gioco –, e potevate pensare “bello, ma se c’è solo quest'area allora non durerà a lungo...” Io e voi sapevamo che non poteva essere così, immaginavamo che c’erano da scoprire diverse altre aree. Non è che fosse proprio esplicitato, ma la mappa del mondo mostrava delle zone nella nebbia, no? Mappa, tra l’altro, molto comoda da utilizzare, da pizzicare per allargare e segnare i prossimi obiettivi da tenere in evidenza. Comunque, giunti al Pleasure Quarter, io e voi abbiamo o avremo provato un’emozione: avremo scoperto di aver girato solo per una piccola parte della decisamente vasta area di gioco, rendendoci conto che ci aspettano molte altre zone, ognuna diversa dall’altra e... il Pleasure Quarter è lì per darcene prova!
Come da previsione, molti giocatori si innamoreranno definitivamente di questo titolo proprio quando entreranno in questo quartiere. Non solo è bello di suo, ma anche simbolo delle scoperte che il giocatore può continuare a fare! Anche per me è stato così e quello si è rivelato uno dei momenti più intensi, uno di quelli da cui non si torna indietro facilmente. La cosa migliore è che in quel momento sapremo che rimanere a bocca aperta capiterà ancora, e ancora, e ancora... molte sorprese aspettano chi vorrà cimentarsi in questa avventura!


COMMENTO FINALE


"Ho trovato stupefacente Gravity Rush, meravigliandomi nel vedere come esso amalgami alla perfezione ogni elemento. Anche senza sfoggiare una complessità poligonale da primato e certamente senza cercare il fotorealismo (si punta invece su un cel-shading da sogno!), la sensazione è comunque quella di far parte di una comunità, in cui Kat è colei che può fare la differenza, mettendo i suoi poteri al servizio della popolazione, aiutando i propri amici, ma anche prendendosi dei momenti di riflessione, meditando su se stessa e sul proprio ruolo. Ecco, quel che più mi ha stupito è la riuscitissima commistione tra i classici dettami di un gioco “sandbox”, con missioni primarie e secondarie, punti esperienza e abilità potenziabili, e un ambiente di gioco difficilmente descrivibile a parole. Bisogna giocarlo, bisogna viverlo! La bellezza non si è affievolita in questi anni ed Hekseville era e rimane un luogo fantastico. Di ispirazione artistica e buon gameplay ne troverete dunque in quantità in Gravity Rush. Un titolo che ben fa sfoggio delle potenzialità della PS Vita e che merita di essere giocato da chiunque sia alla ricerca di un videogame dallo stile ricercato ma non elitario, che unisca la sostanza allo stile, la concretezza al sogno!"