Ma le innovazioni introdotte all’interno del gioco non si esauriscono certamente qui. In Darkstalkers fa infatti la sua prima apparizione in un picchiaduro Capcom l’oramai onnipresente barra delle Super (che in quello stesso anno avrà la sua definitiva consacrazione con lo spettacolare Super SFII Turbo). Tale indicatore veniva però proposto in una versione che potremmo definire “prototipo”; in quanto una volta riempito avrebbe iniziato a decrescere automaticamente, andando così a determinare un lasso di tempo entro il quale poter effettuare tutte le Super desiderate. Il picchiaduro della Capcom è stato inoltre il primo ad introdurre sia le parate aeree che l’indicatore delle combo. Non è quindi possibile ignorare la grande spinta innovatrice di Darkstalkers, nonostante la serie sia finita in questi ultimi anni un po’ nel dimenticatoio. Più in generale il gioco si presenta con un approccio decisamente più frenetico e meno ragionato rispetto a SF, del quale riconferma i canonici sei tasti e le immancabili mezze lune, ma rispetto al quale si discosta per il peso decisamente maggiore dato alla concatenazione fra i vari colpi, che risultano talmente efficaci da far assomigliare Darkstalkers ad una specie di Guilty Gear ante litteram. La qual cosa non sarebbe neanche un male se non fosse per il sistema di combo troppo semplicistico, che prevede praticamente l’inserimento in sequenza dei tre soli colpi (debole, medio e forte), con pochissime variazioni sul tema in base al personaggio.
Come ogni picchiaduro di successo che si rispetti anche quello di Dimitri e soci poté godere di numerosi seguiti (ben 4 nell’arco di soli 3 anni), che ne andarono modificare di volta in volta sia il cast di personaggi che alcune delle più basilari meccaniche di gioco, come l’accumulo di più livelli di super e il riporto al round successivo dell’energia avanzata dopo una vittoria.
Questa versione per PSP, pur non volendo essere esplicitamente una collection, finisce comunque per assumerne il ruolo, in quanto la modalità arcade ci metterà nelle condizioni di poter scegliere qualsiasi personaggio o stile di combattimento sia mai apparso all’interno della serie.
Ma la vera novità di questo “Chaos Tower” risiede però nella seconda modalità disponibile, che, come si intuisce dal nome stesso, consiste nello scalare un particolare edificio. In ogni piano di questa torre ci troveremo infatti ad affrontare uno o più nemici, contraddistinti da un livello di difficoltà, e a volte anche da un handicap, crescente. In caso di vittoria ci verrà logicamente consentito l’accesso al piano superiore, dando così vita ad una interminabile scalata (l’edificio non ha infatti mai termine) che ci consentirà di sbloccare alcuni bonus come premio per il raggiungimento di determinati traguardi. Per movimentare ulteriormente la situazione i programmatori hanno pensato bene di inserire la possibilità di selezionare tre personaggi differenti, che potremo perciò utilizzare in maniera strategica in base al tipo di sfida proposta. In quanto non solo alcuni “mostri” si riveleranno decisamente migliori di altri per il raggiungimento di determinati obiettivi, ma anche perché l’unico modo per recuperare parte dell’energia perduta sarà quello di far “riposare” il nostro personaggio per qualche turno. Rispettando determinati requisiti sarà inoltre possibile accedere ad alcuni bivi, in grado di farci salire più rapidamente o di evitare alcuni passaggi particolarmente penalizzanti.
Tecnicamente parlando assistiamo ad un opera di riciclaggio praticamente totale dei vecchi sprites e fondali, cosa che, strano a dirsi, finisce con l’avere una resa ai limiti dell’incredibile sul mai troppo osannato LCD del portatile Sony, in grado di cancellare quasi per incanto i dieci e passa anni che il gioco si porta sulle spalle.
Una menzione particolare merita la risposta ai comandi, che risulta praticamente perfetta sugli ultimi modelli “slim”, ma che rischia di minare l’esperienza in caso si possegga la primissima versione della PSP. In questo caso eseguire le vari mosse con precisione risulta quasi impossibile a causa dei ben noti limiti che affliggono la croce direzionale. Cosa che ha spinto i programmatori ad inserire una modalità “easy”, che semplifica gli input per le mosse più complicate, andando però ad alleggerire ulteriormente le già poco complesse meccaniche.
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