Generalmente, per un gioco su licenza, sarebbe utile spendere qualche parola riguardo la fonte da cui si è attinto il materiale per costruire il tutto ma forse, alla luce della qualità complessiva di questo lavoro, tale operazione non è necessaria. Trattasi, come già anticipato, di un picchiaduro bidimensionale a incontri in linea con la tradizione classica del genere con l'eccezione rappresentata dalla mancanza del doppio round e di conseguenza del relativo conteggio del tempo. Ritroviamo così le ordinarie barre vitali accompagnate dalle rispettive barre della potenza, in questo caso rosse, adibite all'esecuzione delle mosse speciali. Svuotare la linea della potenza implica un breve stordimento da parte del proprio combattente così come ricaricare la stessa comporta una vulnerabilità analoga. Per il resto nulla di nuovo sotto il sole. I comandi, al di là dei tasti direzionali, consistono in quattro pulsanti riservati al pugno, al calcio, alla sfera d'energia semplice e infine quello riservato al volo, decollo o atterraggio che sia. Nonostante tutto, una volta in aria, l'architettura degli scontri non varia di una virgola rispetto a quelli a terra mantenendo la stessa impostazione e annullando l'esistenza in sé di questa feature.
Analizzando le meccaniche alla base dei combattimenti non si registra alcunché di innovativo per il genere peggiorando la situazione grazie ad un sistema delle collisioni pessimo ed una risposta dei comandi che lascia alquanto a desiderare. Il ritmo degli scontri è infatti lentissimo privilegiando nettamente i colpi a distanza che a loro volta sono distanti da ciò che si chiamerebbe rapidità d'esecuzione. Basta solo questo, in definitiva, per comprendere che Dragon Ball Z Ultimate Battle 22 è un beat’em up mal programmato, un’esperienza ludica che non è né carne né pesce: troppo semplicistico per essere un picchiaduro tecnico e troppo statico, quasi immobile, per risultare un titolo che punti sull’immediatezza. L'offerta di contorno ad una IA ridicola è infine la solita: Arcade Mode, VS Mode, Torneo. Vi è poi una modalità dalla logica discutibile in cui, affrontando avversari sempre più forti pilotati dall'IA, è possibile rafforzare il personaggio scelto così poi da opporlo ad un altro combattente forgiato invece da un amico. Ad ulteriore demerito della Bandai pensate che nel manuale di istruzioni del gioco sono addirittura presenti i trucchi per sbloccare i combattenti segreti. Sembra un gioco destinato ad una clientela stupida. Vogliamo parlare poi della fedeltà al cartone animato? Non c’è niente, al di là dei personaggi e delle ambientazioni, che ci leghi alle serie televisive se non fosse per il video introduttivo, il libretto di istruzioni e il cd stesso del gioco che equivale forse al pezzo realizzato con maggior cura.
Il reparto estetico, per fortuna, non è neanche malaccio considerando che DBZUB22 fu pubblicato nel 1995 (in Giappone) ovvero all'inizio dell'era 32 bit. I combattenti sono stati realizzati in linea con l’anime attraverso una grafica bidimensionale in convivenza con arene invece tridimensionali. Salta subito all’occhio la netta differenza di qualità, si fa per dire, tra le due parti. I personaggi per lo meno sono discreti sfruttando frames d’animazione ben disegnati anche se le relative movenze sono a dir poco legnose e scarsissime in varietà visiva. Per esempio non c’è differenza tra un’onda Kamehameha di Goku ed un Big Bang Attack di Vegeta al di là della differente postura del corpo dei due in seguito all’esecuzione del colpo. I fondali sono invece di una pochezza ed una noncuranza disarmante, facendo apparire i lottatori quasi come se fossero sagome di carta incollate sullo schermo talmente è netto lo stacco di definizione e dettaglio rispetto agli stage. Il sonoro infine si salva semplicemente eseguendo il compitino: musiche non noiose e campionamenti nella norma con tanto di voci dei doppiatori originali.
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