Come meccaniche di gioco Tekken ricalca bene o male quelle del capolavoro Sega anche se c’è una netta differenziazione a livello di comandi. Solitamente infatti, come è sempre stato nei beat’ em up, i tasti sono sempre equivalsi a pugni e calci di potenza crescente. Nel lavoro targato Namco invece ciascuno dei quattro pulsanti a disposizione corrisponde ad un diverso arto quindi due rispettivamente per le braccia e due per le gambe. Di conseguenza non domineranno più le classiche super mosse fatte di mezzelune o cambi di direzione. Saranno le diverse combinazioni di calci e pugni, premuti in sequenza o simultaneamente, a dare vita alle varie combo e prese attraverso un approccio alla lotta molto offensivo e “spaccone”. Nonostante Tekken appaia quindi molto più frenetico e meno razionale rispetto a Virtua Fighter, titolo più tecnico dove è importante studiare i tempi per attaccare l’avversario, garantisce comunque una consistente curva d’apprendimento data appunto dalla diversa funzione dei tasti che va per forza di cose affrontata se si vuole godere appieno dell’esperienza giocata.
Quest’ultima potrebbe scoraggiare coloro che sono sempre stati abituati alla vecchia maniera di memorizzazione delle mosse con la possibilità negativa di fossilizzarsi sull’utilizzo di pochi personaggi a discapito di altri. Per quanto riguarda il bilanciamento degli otto combattenti presenti non ci si può lamentare in quanto sono stati rispettati i soliti canoni di diversificazione (c’è il personaggio medio adatto ai neofiti come Kazuya, quello veloce ma poco dannoso come Law e viceversa). In aggiunta è possibile sbloccare altri lottatori per un totale numerico che supera il doppio di quelli a disposizione inizialmente. Infine, parlando del livello di sfida, non c’è quel rischio di frustrazione che si può provare sempre in Virtua Fighter, suo continuo termine di paragone, se non si ha la pazienza necessaria di studiare. Tekken è infatti un gioco più immediato dove a conti fatti difendersi non è poi così fondamentale a differenza dell’attacco. Senza contare poi che la durata dei round è molto risicata rispetto alla media del genere incrementando ulteriormente lo stimolo ad “offendere” l’avversario.
Graficamente, filtrando il tutto con gli occhi moderni, non possiamo più gridare al miracolo a differenza dell’epoca dove Tekken batteva l’arcinoto picchiaduro della Sega che, per pietà verso i lettori, non nomino più. Abbiamo infatti le stesse texture mappate ammirate anche in Ridge Racer che si mostrano attraverso arene 3D ispirate da luoghi realmente esistenti, anche se con sfondi bidimensionali, e attraverso personaggi imponenti e ben caratterizzati. Per quanto poi il ritmo di gioco risulti lento rispetto ai canoni attuali sono comunque percepibili animazioni ed effetti di luce oggettivamente più che discreti. I filmati in CG (quello iniziale e quelli dei finali dei personaggi) sono infine degli autentici colpi di classe.
Paolo "Big_Paul86" Richetti