La casa del porcospino blu sfornò un seguito, con relativa conversione per Saturn, dall’impatto potentissimo sia per la maestosità di contenuti che per la magnificenza estetica impressionanti. Namco, dal canto suo, non poteva essere da meno con il suo Tekken 2 che uscì come da programma prima in sala giochi e un anno dopo, 1996, su Playstation. Visti i risultati si può dire che questo gioco fu l’unica degna risposta a Virtua Fighter 2.
Da un punto di vista strettamente legato alla giocabilità Tekken 2 non differisce di molto dal suo predecessore. Il sistema di combattimento basato sull’utilizzo dei quattro arti è rimasto infatti inalterato. Le vere modifiche si registrano soprattutto nell’ampliamento del parco mosse che ora si arricchisce di prese di vari tipi (da dietro e a catena) e soprattutto delle spettacolari contromosse, quest’ultime oggettivamente superiori al concorrente Sega. Ma il vero punto forte risiede nel fortissimo coinvolgimento scaturito dal realismo visivo dei singoli movimenti dei combattenti (non le combo che invece sono molto pirotecniche). Ciascuno di essi è tanto spettacolare quanto verosimile alla realtà regalando così, una volta eseguito con successo, un appagamento che definirei “quasi fisico”. L’unica nota stonata, espressione che capita a puntino nel vero senso della parola, è il sonoro che accompagna ogni collisione che risulta essere troppo coreografico e “finto”.
Passando oltre va ribadito che il fattore longevità è stato aumentato sia per quanto riguarda la curva di apprendimento generale sia per quanto concerne le modalità extra. Ai personaggi iniziali se ne aggiunge una folta schiera di quindici sbloccabili per un totale finale di venticinque. Di conseguenza aumenterà ulteriormente la fase di apprendimento delle combo speciali di ognuno dei combattenti che richiederà molto più tempo del primo Tekken. Cruciali sono inoltre le aggiunte delle modalità Survival e Team Battle le quali, mentre al giocatore moderno non dicono più nulla, all’epoca erano la dimostrazione che non bastava più il semplice fatto di avere una conversione casalinga arcade perfect per divertire ma servivano ulteriori diversivi: il picchiaduro si stava storicamente evolvendo. Per questo motivo troviamo anche il Tekken Theater e la modalità Super Deformed.
Sul fronte grafico si sapeva cosa era in grado di fare il Saturn e quindi, per quanto strabiliante, la conversione perfetta di Virtua Fighter 2 era comunque preventivabile. Del 32 bit Sony invece, essendo una console appena nata, non si era del tutto consci del suo reale potenziale. Tekken 2 mise subito le cose in chiaro. Sia chiaro, anche qui non si può parlare di miracolo. Il System 11 su cui girava la versione da sala era infatti lo stesso su cui girava la Playstation rendendo quindi semplice la conversione per Namco. La sorpresa visiva fu però devastante: personaggi variegati e dettagliatissimi, arene ispiratissime con ambienti pre-renderizzati, effetti di luce e textures dalle bellezza commovente. Si trattava insomma di un pilastro estetico che, visti i risultati globali, rivaleggiava con Virtua Fighter 2 nonostante quest’ultimo potesse fregiarsi dei 60 fps e della maggior risoluzione offerta dal Sega Saturn.