Probabilmente Vagrant Story è purtroppo tristemente uno degli ultimi capolavori firmati Square. Nel giugno del 2000, esattamente nell’era conclusiva della prima Playstation, venne pubblicato in europa il suddetto titolo sulla scia del grande successo della versione nipponica. Il gioco ci accoglie fin da subito con una consistente introduzione iniziale nella quale faremo conoscenza del mondo di Valendia, una terra afflitta da una sanguinosa guerra civile. Il castello del Duca Bardorba è stato preso dal gruppo di fanatici religiosi conosciuti come Müllenkamp, capitanati dall’enigmatico Sydney Losstarot; la situazione è ulteriormente peggiorata dall’intervento delle milizie del cardinale Batistum, che agiscono senza aver ricevuto alcun ordine dal Parlamento. L’assemblea allora decide di rimediare alla situazione mandando sul luogo Ashley Riot, il personaggio che impersoneremo. Quest’ultimo fa parte dei Riskbreaker, un gruppo scelto di soldati che agiscono in missioni particolarmente delicate e rischiose. Nonostante l’intervento dei Riskbreaker, gli ostaggi vengono uccisi e Sydney scompare. Il Duca, scampato al massacro perché al momento dell’attacco si trovava fuori dal suo regno, viene comunque ucciso una settimana dopo da un assassino sconosciuto. Le accuse allora ricadono sul nostro Ashley, che subito dopo scompare a sua volta. Nel gioco rivivremo le vicissitudini accadute tra la settimana del massacro e l’uccisione del Duca: ci troveremo quindi ad esplorare Leà Monde, città dal passato glorioso, ora in rovina e popolata da oscure creature.
Vagrant Story è un piacevolissimo connubio tra il classico J-Rpg e lo strategico orientale con in più una leggera contaminazione action. Chiaramente è necessario apprezzare questi generi per godere appieno dell’intera esperienza ludica fornita da questo prodotto. Tutta l’avventura si basa sul superamento di dungeon ricchi di mostri, molto vari e diversificati, e puzzle da risolvere. Non mancheranno ovviamente anche i boss, davvero ben caratterizzati e imponenti (lo scontro col dragone è da sbavo). Il punto forte però è il sistema di combattimento veramente profondo e soddisfacente. A differenza di quanto avviene in un Final Fantasy, affronteremo le creature nemiche direttamente sul posto come nei giochi d’azione, quindi senza la messa in scena di una qualsivoglia arena apposita.
Una volta avviato lo scontro, si aprirà una sorta di reticolato sferico che ci informerà sia sul raggio d’azione della nostra arma sia sui bersagli presenti. Attraverso un menù potremo scegliere l’avversario da colpire e, una volta fatto ciò, potremo attaccarlo in una determinata parte del corpo. Mentre sferreremo la nostra azione offensiva, premendo il giusto tasto con tempismo, avremo la possibilità di concatenare ulteriori colpi aggiuntivi fino a quando non sbaglieremo la combinazione. Abbattere i nemici non avverrà in maniera univoca. Potremo decidere di gambizzarli oppure di rendere inefficaci i lori armamenti mirando agli arti superiori. E’ presente quindi negli scontri anche una componente strategica da non sottovalutare, scontri che di conseguenza non si ridurranno ad uno smanioso massacro ma andranno pianificati con perizia. In più, maggiore sarà la battaglia intrapresa con un singolo avversario, maggiore sarà il cosiddetto livello di Risk. In poche parole più si dilungherà uno scontro più avremo la possibilità di effettuare anche un colpo critico. D’altro canto però diminuirà gradualmente anche il danno che causeremo. Oggettivamente la presenza della barra Risk non è sempre così gradita in quanto in certe occasioni, pur affrontando nemici minori, essa si riempirà troppo facilmente costringendoci a soffermarci su creature che andrebbero eliminate molto più rapidamente. Infine saranno presenti delle officine grazie alle quali potremo modificare o addirittura creare nuovi equipaggiamenti e armamenti. Le variabili ottenibili sono una miriade e il gioco ne guadagna in longevità senza assolutamente annoiare. L’unico vero difetto della giocabilità di Vagrant Story, al di là dei generi videoludici su cui si fonda che non è detto che siano apprezzabili da tutti, risiede nella lingua inglese la quale, per coloro che non la mastichino, può davvero rappresentare un fattore castrante ai fini della comprensione della trama e dei suoi bellissimi risvolti meritevoli invece di essere seguiti. E’ un lato negativo non da poco considerando che già da un po’ Squaresoft localizzava in italiano i propri titoli più importanti.
Terminato l’esaustivo discorso sull’aspetto ludico, spendiamo qualche parola per il lato estetico: graficamente non si può chiedere di più al 32 bit Sony che viene spremuto al massimo. Le ambientazioni che visiteremo, di stampo fantasy medievale, sono davvero suggestive a dimostrazione del felice periodo artistico vissuto da Square (vedere Final Fantasy IX). Per la realizzazione dei personaggi va fatta una menzione d’onore per Akihiko Yoshida: oltre ad essere assai ispirati, sono stati dotati di un espressività sorprendente. Ad esempio apriranno e chiuderanno la bocca oppure vedremo sbattere le palpebre dei loro occhi. Anche il fronte sonoro è ineccepibile con melodie sempre d’atmosfera da una parte e campionamenti all’altezza dall’altra. Su questo aspetto poche volte Square ha fallito.
Vagrant Story
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- Pubblicato: 14-01-2009, 19:50
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