Oltre a programmare in prima persona i loro titoli, alla Psygnosis erano soliti occuparsi anche della pubblicazione di giochi prodotti da terze parti, naturalmente opportunamente selezionati. Ma, alla fine degli anni Novanta, a Liverpool devono aver esagerato con la birra e si sono viste immonde offese al videludo recanti il logo della civetta.
Attack of the Saucerman nasce negli studi della Fubi Industries, società di programmazione comprensibilmente ignota al pubblico. L'obiettivo del gioco è quello di metter su uno shooter che oggi potrebbe ricordarci Destroy All Humans, dove la guerra tra uomini ed alieni viene posta dalla prospettiva delle creature spaziali. Nulla di male, soprattutto se l'approccio è scanzonato ma competente. Bene, Attack of the Saucerman è scanzonato e INcompetente.
Fin da principio si capisce che qui si punta veramente tutto sulla simpatia, e bisogna ammettere che i personaggi sono sufficientemente caratterizzati, almeno come aspetto. Quel che latita è il coinvolgimento: i dialoghi non sono particolamente divertenti e, fatta eccezione per pochi spunti riusciti, vi verranno presto a noia, in special modo a causa della loro inopportuna lunghezza.
Il gameplay è straordinariamente povero: bisognerà seguire le indicazioni forniteci dal nostro compagno d'avventure Zunk, recandoci in varie zone della mappa indicate sul radar e sbarazzandoci di alcuni nemici che incontreremo lungo il percorso. Nel frattempo, ci toccherà familiarizzare con i controlli, veramente pessimi. L'alieno è nervoso a dir poco, l'imprecisione nei salti è ragguardevole e per fortuna c'è una mira automatica ad assisterci nei combattimenti. Peccato che li renda anche troppo semplici, complice anche l'inesistente intelligenza artificiale dei nemici che li costringerà a minimi movimenti.
Se la struttura di gioco è a dir poco deludente, cosa dire dell'impianto tecnico? Obbrobrioso. Gli scenari sono costituiti da un paio di poligoni messi in croce, davvero. Le varie stanze spesso non mostrano altro che le texture delle pareti e, quando c'è qualche elemento decorativo, esso è pure rappresentato tramite bitmap che soffrono di uno scaling capace di renderle fastidiosamente blocchettose. Bidimensionali sono anche i protagonisti e i nemici del videogioco che, in un'era in cui si giocava ad Half Life e Metal Gear Solid, stonavano da morire. Perdipiù, erano anche dotati di pochissimi frame d'animazione. Senza esagerare, avremmo criticato un simile livello tecnico anche su console di potenza inferiore alla Playstation come 3DO, Jaguar o 32X.
Gianluca "musehead" Santilio