Sono passati due anni da quando Dead Space venne lanciato nel mondo del ludo elettronico. A dire la verità, il gioco non riscontrò nei primi tempi un gran successo tanto è vero che è oggi è possibile reperirlo a prezzi veramente clamorosi degni quasi di un inserto da giornale. Tuttavia, come a volte la storia insegna, spesso gli artisti diventano grandi solo dopo la morte ed è così in sostanza che è successo con il survival horror prodotto da EA. A dispetto dell’apparente insuccesso commerciale, stroncatura pressoché definitiva per un nuovo titolo proposto ai giorni nostri, è partita una sorta di catena di sopravvivenza, lanciata dalla critica del settore la quale difendeva la bontà del prodotto, che si è poi diramata tra gli utenti. A molti mesi di distanza dalla pubblicazione, io stesso acquistai a prezzo irrisorio Dead Space spinto dai pareri positivi riscontrati da amici, del web e non. Effettivamente era un ottimo gioco, magari non originale, ma in grado di saper amalgamare a dovere un crossover fatto di giocabilità e influenze cinematografiche provenienti da altri lidi. Dead Space così sopravvisse, allo stesso modo del suo protagonista, a dispetto delle condizioni avverse. Vennero così a crearsi i presupposti per il sequel: Dead Space 2.
In questo secondo episodio vestiremo nuovamente i panni dell’ingegnere Isaac Clarke con il quale, accompagnati da onnipresente pressione e sudate fredde, eravamo riusciti a portare a termine l’avventura a bordo della nave Ishimura (eventi rivisitabili grazie ad un’opzione gentilmente concessa dai programmatori e dedicata a chi si fosse perso il prequel). La prima novità che riguarda invece Dead Space 2 è il trattamento riservato proprio ad Isaac Clarke che ora sarà visibile in viso oltre che dotato di voce propria. Questo è solo un primo indizio sulle tinte del gioco che, da survival horror, si sbilancia forse più verso il gioco d’azione. Per quanto apparentemente secondaria, la scelta di approfondire l’introspezione psicologica va ad influenzare la giocabilità stessa. Se è vero che probabilmente il primo Isaac era così anonimo da portare a percepire l’avventura come un po’ impostata, è altrettanto vero che quel silenzio e quella incomunicabilità non facevano altro che alimentare la sensazione di isolamento e solitudine che accompagnavano il giocatore lungo un mondo ostile. Isaac ora si mostra, parla, risponde a tono, decide, impartisce ordini, trasmette stati d’animo ed anche stanchezza. Tra l’altro, il nostro ingegnere non è solo ma per buona parte del gioco dialoga e dibatte con una compagna che conoscerà ad eventi in corso. L’avventura acquista quindi un lato umano e distensivo che forse va ad interrompere quella tensione conosciuta nel prequel a favore di un’esperienza più votata all’action. Le minacce da affrontare bene o male sono sempre le medesime ma la sensazione generale è quella di essere più che altro in una missione da completare piuttosto che abbandonati in un universo spaventoso o inquietante. La trama, in aggiunta, non fa altro che aumentare questa percezione ponendo fin dall’inizio un obiettivo chiaro ovvero superare le avversità e distruggere il marchio mentre nel predecessore era l’incertezza a farla da padrona.
Analizzando il gameplay non si notano netti stravolgimenti ma ritocchi mirati. I nostri avversari, i Necromorfi, sono stati aumentati in varietà e sviluppati in intelligenza. Dead Space 2 è un gioco infatti generalmente più difficile rispetto al primo capitolo in quanto appunto i mostri attaccheranno e sfrutteranno i diversi ambienti in maniera più scaltra. Addirittura si organizzeranno tra loro per colpirci in serie ed in maniere differenti. Morire sarà quindi più facile e periodicamente dovremo riaffrontare più volte determinati passaggi a causa della scarsità di munizioni a disposizione o per studiare più accuratamente una strategia vincente. È consigliabile, per gli hardcore gamer del caso, aumentare la difficoltà a livelli maggiormente impegnativi, qui superiori numericamente, in modo da avere fin da subito una sfida nazista ma adatta ai bisogni. Il numero di armi presenti è stato anch’esso incrementato introducendo ulteriori bocche da fuoco in grado di ispessire la pianificazione degli scontri in risposta all’accresciuta pericolosità dei mostri. Ritroviamo ovviamente anche la tuta da combattimento di Isaac anche stavolta potenziabile più volte in particolari punti di connessione sparsi lungo gli stage. Stesso discorso per gli upgrade dell’armamentario o dell’inventario costituito da medicine e varie munizioni sbloccabili in apposite postazioni. Per il resto è rimasto tutto invariato. La tuta di combattimento indica ancora una volta sia la quantità d’energia che le risorse di ossigeno a disposizione mentre le altre schermate, immutate, ci permettono di gestire al meglio i mezzi di offesa e gli oggetti. Passando alla lotta vera e propria si rileva un miglioramento dei controlli: per quanto Isaac sia sempre in qualche modo impedito nei movimenti dalla propria corazza (non mancheranno i rosicamenti) potremo attaccare e curarci a battaglia in corso in maniera più immediata grazie ad una parziale ridistribuzione dei comandi che, garantendoci cure più repentine per duelli più frenetici, va ad assecondare di conseguenza la componente action. Per di più le ambientazioni sono spesso ampie o diversificate rispetto al passato conferendo all’esplorazione, per quanto lineare, un profilo più godibile. Immancabili la “cinesi” e la “stasi”, capacità che permettono rispettivamente di agganciare oggetti, ora anche scagliabili contro i mostri, e di rallentare strutture e nemici stessi. Confermati anche gli sporadici enigmi, praticamente identici a quelli provenienti dal prequel e di cui forse avremmo fatto a meno. La modalità multiplayer introdotta infine è abbastanza avara di soddisfazioni in quanto, al di là del divertimento iniziale dato dall’interpretare umani contro Necromorfi o viceversa, non vi è un’offerta sufficientemente stimolante che giustifichi il consumo di altro tempo nell’online.
Visivamente il primo Dead Space era davvero buono. Due anni dopo non potevamo che aspettarci un aggiornamento del look degno del titolo in questione. Cura del dettaglio e illuminazione sono sicuramente le qualità estetiche più evidenti del gioco. Spicca inoltre una scelta dei colori, anche molto accesi, stavolta più eterogenea al fine di offrire un’atmosfera particolare, allo stesso tempo accogliente e disturbante, che riesce a reggere il confronto con le tinte più fredde e fosche che caratterizzavano lo spirito opprimente del titolo precedente. Qualche imperfezione comunque rimane: non sempre la pulizia grafica è ai massimi livelli così come ancora capitano fenomeni di compenetrazione dei poligoni. Il comparto sonoro ovviamente non delude riproponendo sia dei grandi effetti sonori, che partono dal fragore degli spari fino ad arrivare ai flebili rumori udibili in lontananza, sia delle grandi melodie orchestrate ovviamente al meglio.