Castlevania Curse of DarknessDopo Symphony of the Night, il mondo di Castlevania non è stato più lo stesso. O meglio: nessun episodio successivo ha più raggiunto l’apice qualitativo che è riuscita a toccare Konami con le avventure del mezzo vampiro Alucard. La saga, infatti, ne ebbe un’evoluzione improvvisa su tutti i fronti, passando dall'impostazione di stampo vistosamente arcade a piattaforme ad un action/platform ricco di elementi ruolistici e regalando così ulteriore linfa al mai così florido mercato PlayStation. Ma proprio da qui nacque il dramma, ovvero la successiva ricerca disperata di un capolavoro che non sarebbe mai più ritornato. Il passaggio al 3D con gli episodi su Nintendo 64, difatti, fu un clamoroso flop: due titoli (in realtà un titolo e mezzo) a dir poco impresentabili, mentre il Game Boy Advance ci provò con coraggio e con risultati altalenanti, ma tutto sommato buoni. Poi, venne il momento di PlayStation 2 e XBox (io parlerò della versione Sony): Lament of Innocence, il primo capitolo esclusivo per le 128-bit, titolo seguito poi da Curse of Darkness, oggetto di questa recensione. Esso è stato oggetto di critiche, come del resto tutti gli episodi tridimensionali della serie. Ovvio che paragonare ogni titolo della saga a Symphony of the Night rende automaticamente criticabile il 95% dei Castlevania creati. Allora proviamo a dimenticarcene: eviterò qualsiasi tipo di paragone, analizzando semplicemente il gioco in sé.

Terzo in ordine cronologico all’interno della timeline storica di Castlevania, Curse of Darkness si svolge nel 1479, tre anni dopo Dracula’s Curse per NES, e sorprendentemente non narra le vicende di un componente della famiglia Belmont, bensì di un ragazzo dai capelli platinati di nome Hector. Questi è in cerca di vendetta per la morte della sua amata Rosaly, per il quale aveva rinunciato al grande potere del Forgiatore Diabolico, tradendo Lord Dracula. L'aitante platinato si reca in fretta e furia in un castello alla ricerca del responsabile di questo dramma: Isaac, l’altro Devil Forgemaster (in inglese ha tutto un altro effetto, diciamocelo), che, a differenza di Hector, al Male non ha rinunciato, è la più grande minaccia rimasta, essendo in grado di scatenare da lì a poco il Male Supremo. Il nostro eroe dovrà quindi recuperare tutti i suoi poteri per contrastare Isaac ed eliminarlo una volta per tutte, attraversando peripezie ed eventi inaspettati insieme a personaggi a dir poco misteriosi. Ricordandoci che c’è sempre Dracula di mezzo, ma come dimenticarlo?

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Bene, allora iniziamo dicendo che Curse of Darkness racchiude in sé diverse tipologie di gioco, essendo infatti un action molto vicino all’hack ‘n slash ed abbracciando inoltre elementi tipici dei classici giochi di ruolo, quali la presenza di energia, magia ed esperienza. Hector può infatti salire di livello, potenziando i soliti parametri di forza, attacco, difesa, magia, agilità e fortuna (quest'ultima è legata al ritrovamento di oggetti più o meno rari). L’equipaggiamento comprende diverse tipologie di armi, quali spada, lancia, ascia, pugnali, tirapugni ed armi speciali che regalano quel tocco di pazzia à la Dead Rising, le quali, insieme ad elmo ed armatura, non vengono acquistati, bensì “forgiati” tramite il ritrovamento dei vari elementi necessari, ottenuti dalle uccisioni dei mostri presenti nel gioco. Gli accessori, ovvero i vari anelli, vengono trovati strada facendo, così come alcuni oggetti rari, che giocano un ruolo nella storia. Fatta eccezione per le armi, l’equipaggiamento non influisce ahimè in alcun modo sull’estetica di Hector, bensì sui soli parametri di quest’ultimo. Essi vengono poi modificati anche da una grande novità introdotta da Konami in questo titolo: i Diavoli Innocenti. Durante l’avventura, infatti, grazie al vostro potere di Forgiatore libererete questi esseri in grado di curarvi, togliervi gli status negativi, attaccare i nemici, lanciare magie, farvi planare per lunghe distanze, attraversare o sfondare muri, sacrificare la loro energia per la vostra protezione o far aumentare alcuni attributi di Hector. Insomma, il confine tra “Diavolo Innocente” ed “Angelo Custode” è davvero molto sottile. Ma non finisce qui. I Diavoli acquisiscono esperienza e salgono di livello esattamente come il loro “padrone”, con la vera chicca che sta nelle loro evoluzioni. Raccogliendo delle determinate gemme rilasciate dai nemici, infatti, essi potranno raggiungere lo stato evolutivo successivo, cambiando forma fisica, attributi ed abilità. Per di più, ogni diavolo rilascerà ogni tanto qualche uovo, che, se portato al negozio di Julia (altra protagonista del gioco), potrà essere usato per far crescere un altro Innocent Devil della stessa tipologia. Ma perché direte voi? Perché i percorsi di evoluzione sono molteplici e si possono raggiungere ogni volta delle trasformazioni diverse! Infatti, a seconda della arma utilizzata per ottenere gemme, sì accrescerà un punteggio specifico che servirà a far evolvere il nostro caro diavoletto in un modo o nell’altro. Molte abilità sono ottenibili con una particolare tipologia di Diavolo e non poche di esse sono necessarie ad uccidere alcuni nemici, a scovare passaggi segreti od a raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili.

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Bisogna ammettere che Curse of Darkness scorre via come l’olio grazie ad una giocabilità impeccabile, in primis nei combattimenti. Frenetici e divertenti: così infatti si possono riassumere le gesta di Hector contro i mostri. E’ possibile sfoderare molti attacchi differenti (il quadrato rappresenta l’attacco normale, mentre il cerchio quello finale), combinabili tra di loro attraverso svariate sequenze di tasti e sempre in funzione dell’arma che si sta utilizzando. Con la X si salta, mentre con il triangolo si utilizzano gli attacchi, le magie e le abilità dei vari Diavoli. Essi infatti, possono essere messi in “automatico”, con un’intelligenza artificiale niente male, oppure in “manuale”, dove appunto utilizzeranno le abilità sotto nostro comando, ma attaccheranno comunque in automatico, o in “modalità sacrificio”, che vedrà scalati i loro HP al posto dei nostri. Infine, i tasti variano dalla mappa con select alla schermata degli stati con start, passando per le parate/schivate con L1 e l'”aggancio” dei nemici con L2 (metodo introdotto da Ocarina of Time -locking on”). Un punto debole di questa produzione è rappresentato dalla gestione della telecamera, vero cruccio konamiano fin dai tempi del Nintendo 64. La visuale a 360° in terza persona mostra infatti parecchie latenze durante i combattimenti, soprattutto se si aggancia il nemico, finendo molte volte per eliminarlo “al buio”, ovvero senza capire effettivamente dove sia andato a finire. Sarebbe stato più consono un innalzamento dell’inquadratura, magari un po’ più a volo d’uccello, in modo tale da rendere le battaglie meno confuse.

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Sappiamo tutti che anche l’occhio vuole la sua parte, ma in questo caso Konami, pur potendo sfruttare la Playstation 2 in tutta la sua incredibile potenza, non sembra aver messo l'estetica al primo posto. Insomma, relativamente al comparto visivo Curse of Darkness è senza infamia e senza lode. Se infatti Hector ed i nemici ingame sono abbastanza ben definiti, lo stesso non si può dire delle ambientazioni, davvero troppo scarne ed apparentemente buttate lì tanto per mettere qualcosa, risultando oltretutto molto ripetitive, a maggior ragione considerando la discreta vastità delle varie locazioni. Apprezzabili, viceversa, le scene d'intermezzo in Full Motion Video, davvero ben curate e d’impatto. Personalmente, mi sento di lodare i Diavoli Innocenti e tutte le loro varianti, sicuramente uno dei fiori all’occhiello della produzione.
Un altro punto di forza di Curse of Darkness è certamente la longevità. Questa infatti ammonta a più di 15 ore, un risultato ottimo per questa tipologia di gioco. In più, i tanti segreti (personaggio compreso), la difficoltà aggiuntiva per veri hardcore gamers e la possibilità di evolvere in maniera differente i Diavoli garantiscono una buonissima rigiocabilità.
Per ultimo ho lasciato il sonoro, sempre di altissima qualità in ogni episodio di Castlevania, a confermare come su questo fronte Konami non perda mai un colpo! Idem come sopra il doppiaggio in inglese, non poco realistico ed assolutamente d’atmosfera.


COMMENTO FINALE


"Castlevania: Curse of Darkness può essere considerato il miglior capitolo 3D della saga. Ha avuto infatti il coraggio di riproporre tutti gli aspetti visti in Symphony of the Night e di migliorarli, come ad esempio con i Diavoli Innocenti, comunque già presenti nel titolo per PlayStation. Una trama non entusiasmante, un lato grafico poco convincente ed i non trascurabili problemi di telecamera non ne minano in ogni modo il divertimento, che scaturisce dalle frenetiche battaglie, dall’utilizzo dei Diavoli e dalla ricerca dei molti segreti sparsi per la mappa. Mi sento quindi di consigliarlo sia a tutti coloro che hanno un debole per gli action, che a quelli che amano livellare a non finire, siano appassionati di Castlevania o meno. Giocato senza Alucard in testa, Curse of Darkness merita dunque molto di più di ciò che gli è stato attribuito, cioè tante critiche. E se potete, acquistate il CD della colonna sonora, un vero capolavoro."





Castlevania Curse of Darkness Video gameplay