Partendo con ordine ritroviamo nella trama il solito canovaccio della rincorsa al potere criminale. Per quanto abusato, questo tema è sempre riuscito a coinvolgere le masse soprattutto alla luce di buona parte della società moderna dove la facile scalata al successo, indipendentemente dalla moralità con cui viene ottenuta, è un qualcosa ambito da molti. Questo spaccato di società è proprio quello descritto in Vice City, una città in cui il più spietato e il più scaltro vince mentre il più debole è destinato a soccombere. In questo marasma urbano vestiremo i panni di un’autentica canaglia, Tommy Vercetti, che può benissimo essere considerato il simbolo di tutto ciò che di marcio incontreremo durante l’avventura. Le vicende hanno inizio con il nostro uomo incaricato di concludere un affare di droga al porto per ordine del boss Sonny Forelli. Lo scambio con i colombiani però va in fumo a causa dell’intervento delle forze dell’ordine guarda caso già appostate nei paraggi. La merce e i soldi vanno perduti e toccherà a Tommy stemperare la rabbia del boss e risolvere la questione. In suo aiuto verrà chiamato in causa un avvocato nevrotico e per giunta cocainomane, tale Ken Rosenberg, ideato palesemente sullo stampo di Dave Kleinfield, personaggio interpretato da Sean Penn nel film Carlito’s Way nel quale l’attore doveva recitare appunto nelle vesti del legale del protagonista Al Pacino. Sarà proprio Rosenberg, invischiato in molteplici loschi affari, a rappresentare la nostra porta d’ingresso per la malavita per poi raggiungere con le nostre gambe le sfere più alte di potere a furia di violenze e corruzioni.
Come anticipato nell’introduzione, la giocabilità non è cambiata di una virgola rispetto a GTA III. Avremo infatti di nuovo a che fare con le classiche missioni da portare a termine con la possibilità, tra una mansione e l’altra, di compiere tutte le tradizionali nefandezze del caso: rubare, picchiare, uccidere, scappare dalla polizia, ecc. Elencate così freddamente, queste attività risuonano come un insulto all’etica umana ma, una volta filtrate dall’atmosfera parodistica e quasi cartoon del gioco, perdono tutta la loro valenza semi-realistica in favore di un’esagerazione così evidente da diventare ironica. Solo dei ragazzini fortemente disturbati potrebbero farsi influenzare negativamente da un universo così palesemente finto e strampalato. A scanso di equivoci, il bollino col divieto per i minori dei 18 anni è stampato chiaro e tondo sulla confezione. Ritornando alle azioni da compiere in Vice City, metropoli fittizia realizzata sulla base di Miami, si registra un incremento notevole sia nell’armamentario che nei mezzi di trasporto. Per farvi un’idea, potremo usufruire di un parco armi che va dal coltellino fino ad arrivare al lanciarazzi, per un totale, comprendente anche i bonus, di una trentina di differenti strumenti letali. Per i veicoli, invece, avremo a disposizione molto di più delle classiche quattro ruote presenti nell’episodio precedente: auto sportive, utilitarie di piccola cilindrata, fuoristrada, camion, furgoncini, limousine e in più mezzi ancor più disparati come autopompe dei vigili del fuoco, ambulanze, buggy, perfino i caddy da golf. Non mancano neppure i motocicli con addirittura la Vespa, moto sportive e custom. Infine ci sarà anche la possibilità di sfrecciare sul mare con il motoscafo o di volare con elicotteri o aerei leggeri. In sintonia con il clima parodistico del gioco (ma anche per motivi di licenze), tutti i mezzi di trasporto presenti scimmiottano quelli realmente esistenti cosicché, invece di avere per esempio le Lamborghini, avremo le Diablo, auto dal marchio diverso ma praticamente identiche nell’aspetto alle rispettive controparti reali. Ottima è anche l’articolazione della città, più grande e maggiormente esplorabile rispetto alla Liberty City di GTA III.
Ma passiamo ora al vero punto di forza di questo Vice City: il fascino indiscutibile. Il mondo attorno al quale ruotano le vicende di Tommy Vercetti è infatti una nostalgica e vivace citazione continua degli anni ’80. Una citazione che fa leva sulla potenza della cultura popolare di quel decennio sia che si tratti di cinema, musica o televisione. Chi non ha mai desiderato vestire almeno una volta i panni di Tony Montana, protagonista di Scarface (film citato in continuazione nel gioco sia attraverso i personaggi che nelle architetture) o guidare al tramonto la Ferrari Testarossa del telefilm Miami Vice (altro riferimento costante) ascoltando le note della canzone Billie Jean di Michael Jackson? Oppure chi non ha mai sognato di essere in uno di quei film ambientati a Miami con Bud Spencer e Terence Hill dove sai che alla fine, qualunque cosa succeda, ti andrà sempre bene esattamente come in questo videogioco? I riferimenti culturali di questo GTA sono insomma così forti che è impossibile, per chi ha vissuto almeno in parte gli anni ’80, non rimanerne coinvolti e il risultato finale è così travolgente che qualunque azione noi compieremo nella città del vizio, indipendentemente che sia insignificante o meno, sarà in un modo o nell’altro più divertente da compiere e da vedere. Fantastica è stata anche la gestione cromatica delle ambientazioni con colori vivaci, luci e neon che non fanno altro che impreziosire ed elettrizzare ancor di più l’impianto scenografico di per sé già bellissimo. E’ con giochi come questi che ti viene una voglia irrefrenabile di scoprire in prima persona l’America, terra da sempre molto spesso mitizzata da noi europei.
Graficamente, Vice City vince il confronto con la Liberty City del terzo capitolo anche se le differenze di per sé non sono poi così marcate. I rallentamenti sono minori, i particolari e le texture sono leggermente più definiti ma nulla più. La distinzione più netta risiede appunto nell’illuminazione la cui resa è assai molto più appagante nella città di Tommy Vercetti. Dal punto di vista sonoro viaggiamo invece su livelli da capolavoro tanto funziona a meraviglia lo sposalizio tra gli anni ’80 e l’effetto nostalgia. Il campionario di brani presenti (intorno all’ottantina) è davvero emozionante in questo senso e non esagero affermando che ci possa scappare anche una lacrimuccia ascoltando certi pezzi che oggettivamente hanno fatto da colonna sonora a una parte della nostra esistenza. Visto il contesto culturale del gioco non so quanto appeal abbia esercitato quest’ultimo sulle nuove generazioni ma a giudicare dai dati di vendita penso che il problema non abbia ragione di sussistere.
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