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ID: 238567Considerato da molti come un capolavoro mentre da altri come un seguito mal riuscito, Metal Gear Solid 2 rappresentò comunque un evento importante nella storia dei videogiochi. Esaltato dalla critica del settore per giocabilità, trama e attenzione al dettaglio, il gioco venne parallelamente criticato da molti utenti paradossalmente delusi per gli stessi motivi. Nel bene e nel male divise quindi l’opinione di schiere di fan. L’attesa del terzo episodio fu di conseguenza altrettanto spasmodica in quanto Konami, oltre che accontentare i giocatori fin lì soddisfatti, doveva riconquistare le simpatie di coloro che avevano storto il naso testando il sequel.
Pur essendo ufficialmente un seguito, MGS 3 si svolge anticipando cronologicamente i due titoli precedenti. Questo elemento va così ad incidere sulla trama in sé ma anche sul gameplay vero e proprio. Partendo dalla storia scopriremo che stavolta il protagonista vestirà i panni del soldato dal nome in codice Naked Snake, saremo nel 1964 e le vicende che vivremo non saranno quindi effetto ma causa dei fatti a cui abbiamo assistito nella parte precedente di questa saga. Lo scenario è quello della guerra fredda, della crisi missilistica di Cuba. Un periodo epocale e storicamente gelido in cui le due grandi vincitrici del secondo conflitto mondiale, USA e URSS, gareggiavano tra loro nell’ambire al ruolo di unica super potenza esistente sul globo terrestre.
A livello di tipologia di racconto non si può parlare di rivoluzione ma sicuramente, per quanto il contesto fantapolitico continui a sussistere in maniera massiccia, non si percepisce quell’invasività narrativa avvertita in MGS 2 nel quale la fase effettiva di gioco era continuamente dilaniata da fitti dialoghi e lunghe scene di intermezzo. Per lo meno, ora, la quantità e la qualità delle sessioni interattive riesce a reggere il peso di quelle non interattive nonostante quest’ultime siano tutt’altro che esigue. Come accennato inizialmente, si è optato per un teatro storico che va ad influire sulle meccaniche ludiche stesse. Siamo negli anni ’60 e quindi dobbiamo scordarci l’utilizzo di gadget tecnologicamente avanzati come rilevatori, codec o quant’altro. Ciò ha comportato un maggior incremento ed attenzione alla fase d’infiltrazione, importante in questa sede ora più che mai. Non potendo prevedere la posizione precisa dei soldati nemici né il loro campo visivo, come avveniva comodamente in passato con tanto di coni colorati, saremo costretti a riflettere ripetutamente su ogni mossa prima di metterla in pratica ed evitare il più possibile gli scontri ravvicinati, molto più pericolosi che in passato visto il continuo susseguirsi delle truppe avversarie. A differenza dei capitoli precedenti il pensiero ricorrente è quello di Clicca sull'immagine per ingrandirla. 

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ID: 238576trovarsi assolutamente un nascondiglio e solo dopo ponderare l’attacco, poiché le possibilità di essere scoperti e di non sopravvivere sono aumentate vertiginosamente. In questo senso viene in aiuto il fattore mimetizzazione: attraverso varie tute e pitture facciali, Snake sarà in grado di “sparire” più o meno efficacemente (una percentuale sullo schermo ci fornirà il grado di camuffamento) nell’ambiente circostante evitando così il contatto diretto col pericolo oppure per eliminare le proprie tracce durante una fuga. Ed è lo stesso ambiente circostante che dà man forte al gameplay sostituendo quelle location occlusive e ripetitive di MGS 2. Al di là del dettaglio con cui è stata ricreata la natura, con i suoi rumori di fondo e le sue creature, vegetazione e corsi d’acqua sono stati realizzati ad hoc per esaltare la mimetizzazione. Stessa storte è stata riservata all’architettura delle costruzioni civili, sia che si tratti di un laboratorio che di una base militare. Lo spazio infatti dà l’apparenza di essere esplorabile ed arioso nonostante i percorsi affrontabili siano a conti fatti lineari. Non è però tutto oro quel che luccica: una magagna assai seccante è costituita dalla ripresa in terza persona e dalla cattiva gestione delle telecamere in generale, soprattutto alla luce del fatto che, potendo disporre al massimo di un radar sonoro, è fondamentale esaminare visivamente tutto il campo d’azione per verificare l’assenza o meno di insidie. Purtroppo, invece, nonostante i mille controlli effettuati, accadrà spesso di venire inaspettatamente scoperti proprio a causa dell’inefficienza delle visuali a disposizione. Altro difetto, o forse è una questione di gusti, riguarda il passaggio da un travestimento all’altro, il quale richiede ogni volta l’entrata nell’apposito menù spezzando il ritmo di gioco. Medesimo discorso per il fattore sopravvivenza: Snake può aver fame (barra del vigore) o ferirsi. Curarsi o saziarsi necessiterà nuovamente dell’ingresso nelle relative interfacce grafiche. Per chiudere il sipario passiamo all’analisi degli scontri corpo a corpo e di quelli con i boss. In MGS 3 è stato introdotto il cosiddetto “Close Quarters Combat”. Trattasi di una tecnica di combattimento realmente esistente che è basata sul rapido disarmo e successivo blocco dell’avversario per mezzo delle mani o di armi da taglio di piccola portata. Il ventaglio di scelte offerto al giocatore è quindi più ampio rispetto al solito “stordisci o ammazza” alle spalle o ai semplici calci e pugni. Una volta che avremo infatti Clicca sull'immagine per ingrandirla. 

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ID: 238577neutralizzato il malcapitato di turno potremo usarlo come scudo, lanciarlo a terra, ucciderlo od addirittura interrogarlo. Per quanto concerne i boss, invece, a livello di caratterizzazione, l’impegno profuso è stato nettamente superiore rispetto a MGS 2 dove oggettivamente, escluso forse Vamp, i super villains lasciavano alquanto a desiderare. Si faranno ricordare per carisma e liricità tre nemici in particolare: The End, The Sorrow e The Boss. Tutti loro, con i rispettivi drammi ed esistenze, insegneranno umanamente qualcosa a Snake che imparerà e rimarrà segnato dall’incontro con ognuno di essi. Pienamente promossi quindi anche i nemici principali che si fondono al momento giusto nel canovaccio narrativo dalla direzione e montaggio impeccabili. Finalmente ci troviamo davanti al ritorno di una vicenda godibile e soprattutto giocabile, una vicenda priva di tutte quelle invadenti montagne di parole e concetti ridondanti che facevano apparire il capitolo precedente più come il delirio del proprio autore anziché un’avventura toccante e coinvolgente.
Graficamente viaggiamo su altissimi standard. La natura virtuale dà realmente l’idea di essere viva grazie alla creazione di una vegetazione e di una fauna dai comportamenti indipendenti ed, allo stesso tempo, reattivi al nostro passaggio. D’altro canto anche le costruzioni in cui ci imbatteremo si inseriranno senza stonature nel contesto naturalistico presentando un’assenza di ripetitività e un bilanciamento cromatico fatto a puntino. I modelli poligonali forse non rasentano la perfezione, non tanto nel dettaglio, ma nella modellazione dei volumi dei corpi che paiono, soprattutto visti da vicino, un po’ troppo rotondeggianti. Notabili dei rallentamenti, per di più piuttosto numerosi e legati presumibilmente all’accresciuta mole di contenuti da far girare. Fortunatamente, rispetto ad una volta, il fatto di essere costretti a prediligere la fase stealth con il suo ritmo lento, riesce ad occultare in parte questa lacuna. L’audio è da applausi: la colonna sonora è eccelsa spaziando dalle splendide melodie di background, capeggiate dall’estro di Harry Gregson-Williams, per arrivare agli incantevoli temi principali Snake Eater e Way to Fall composti rispettivamente dal sassofonista Norihiko Hibino e dal gruppo inglese Starsailor. Il doppiaggio è sublime confermando la bontà di quello precedente ed è riconfermato lo stato di grazia di David Hayer, ormai pienamente a proprio agio nei panni di Snake.

COMMENTO FINALE


Metal Gear Solid 3 forse non è il terzo episodio che alcuni fan si sarebbero attesi. E’ infatti con lo Snake più famoso che il processo di immedesimazione dell’utente è totale. Resta il fatto che l’esperienza di gioco offerta è ciò che ci si aspettava dal capitolo precedente. Kojima probabilmente si è accorto di essersi fatto prendere la mano in MGS 2, in favore del suo amore per la spettacolarizzazione filmica, ed ha corretto il tiro producendo un lavoro pur sempre cinematografico (le citazioni di Rambo si sprecano) ma da giocare, non solo da guardare. Detto questo siamo di fronte ad un grande titolo, non perfetto, ma sicuramente in grado di fornire per il tempo un mix di narrazione e azione introvabile nella concorrenza.





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Paolo "Big_Paul86" Richetti