Light Crusader MegadriveTreasure è una delle compagnie più stimate dagli appassionati di videogiochi, nota per essere sempre pronta a fornire intrattenimento di qualità senza rinunciare alle innovazioni tecniche e apprezzata per le trovate interessanti, per un grado di sfida non certo tarato verso il basso, per l'azione a mille e per non proporre mai (o quasi) due volte di fila lo stesso gioco.
Per uno degli ultimi titoli nella vita del loro amato Megadrive, Light Crusader, la software house ha deciso di portare agli estremi l’ultima parte di questa loro filosofia. Il suddetto titolo, infatti, è quanto di più diverso da tutto il resto della loro precedente produzione, e anche della successiva, dato che si tratta di un action RPG in stile occidentale con poca “action”, poco RP (mancano pure i punti esperienza) e tanti rompicapi. Decidere di realizzare qualcosa di così lontano dalle proprie corde è stato forse un azzardo... però Treasure nasce anche per sovvertire le aspettative, quindi questo titolo sarà certo un giocone misconosciuto... oppure no? Lo scopriremo presto, anche a beneficio di chi volesse scaricare la versione per la Virtual Console di Wii.

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Già la sequenza introduttiva, formata da schermate semi-statiche intervallate dai credits degli sviluppatori, è spiazzante per chi ha in mente i titoli più amati di Treasure. La grafica, difatti, non ha nulla a che fare con il buffo stile “anime super-deformed” che abbiamo potuto ammirare in titoli quali Radiant Silvergun e Mischief Makers, e ricorda invece col suo relativo realismo i titoli per PC dei primi anni '90 (va detto che, in effetti, esiste una conversione del titolo per i personal computer: che fosse quello il mercato di riferimento?). Ugualmente "eccentrico" risulta anche lo sviluppo iniziale della trama, opposto alle trame solitamente surreali dei titoli della casa: il cavaliere David capita presso il paese di Green Row, vorrebbe rilassarsi ma si fa ricevere dal solito re che lo sfinisce col solito sproloquio sulla sparizione di alcuni sudditi, attraversa il villaggio incontrando i soliti PNG fossilizzati sul posto e trova l'ingresso al solito dungeon multi-piano situato al di sotto del villaggio, dove affronterà gli accoliti del solito demone redivivo. Vorrei poter aggiungere altro, ma la storia è tutta qui: non ci sono altri paesi da visitare oltre a Green Row e al suo minuscolo castello, e tutta l'avventura è concentrata nei 6 piani del dungeon che, a dire il vero, non si differenziano neanche troppo tra loro.

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Il gioco in sé si svolge secondo una prospettiva isometrica che, dato anche lo stile grafico adottato, può ricordare un altro titolo per MD quale The Immortal, ma le somiglianze tra i due giochi finiscono qui. Non appena l’avventura nel dungeon inizia, ci si accorge subito del sistema di combattimento piuttosto scarno, con David che si limita alle spadate e a un salto con affondo finale (anche perché, per tutta la durata dell'avventura, non ci saranno altre armi al di fuori delle spade)... il punto è che, per quanto assurdo possa sembrare, il fulcro del titolo non è tanto il fare a pezzi i nemici, quanto risolvere tutta una serie di puzzle. Questi ultimi vanno dai più tipici, come lo spostamento di blocchi e le sequenze di interruttori, a prove di memoria stile “Simon”, ad altri sempre più diabolici che coinvolgono esplosivi, bilance, orologi ferma-tempo, aree del pavimento da premere e così via!


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Light Crusader MegadriveSo già cosa state pensando: un gioco Treasure senza azione? Ma siamo impazziti? Eppure è così: la maggior parte delle stanze del dungeon sono costituite da rompicapi di vario genere, anche non poco frustranti il più delle volte, principalmente per due motivi. Il primo è che gli indizi sono pochi, oscuri e talvolta sparsi per il piano in cui ci si trova, il che porta a un noioso ammontare di backtracking, mai un buon segno in giochi di questo tipo; in secondo luogo, la prospettiva isometrica, altro elemento mai più ripreso in altri loro giochi, non facilita certo gli spostamenti nostri e dei blocchi nei puzzle puri, oltre che i salti e il nostro posizionamento in relazione ai nemici, per cui spesso ci si ritroverà ad uscire e rientrare dalle stanze per resettare i rompicapi, finché non ne potremo più.
Il punto, quindi, è che il ritmo di gioco si presenta già letargico di per sé, e i continui puzzle non fanno che spezzarlo ulteriormente… ma il vero problema è che questo Light Crusader, da qualunque parte lo si guardi, non sembra affatto un titolo Treasure.

Certo, non mancano all'appello i classici boss enormi e dettagliati, praticamente un marchio di fabbrica, ma il sistema di combattimento ridotto all’osso e la prospettiva fanno sì che le battaglie non risultino mai davvero divertenti o appassionanti da affrontare. Ci sono sì le innovazioni tecniche, come l’implementazione di un modello fisico per simulare gli spostamenti degli oggetti da parte di David che appare piuttosto avanzato per un Megadrive. Peccato però che questa caratteristica finisca per rovinare ancora di più il gioco: da una parte la sensibilità eccessiva degli spostamenti rende inutilmente complicati i puzzle, che andranno quindi pianificati al millimetro, dall’altra il fatto che David possa spostare ogni singolo oggetto che non sia ancorato al terreno annichilisce la già scarsa epicità rimasta a questo fantasy medievale. Provate, infatti, a spingere le mucche, una indovina con tanto di palla di cristallo o lo stesso re nel mezzo del discorso e poi mi saprete dire!

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Anche un espediente a volte utilizzato in altri titoli della casa, in altre parole quello di inserire una sezione in apparenza non correlata a tutto il resto del gioco (in questo caso delle porte dimensionali che faranno affrontare a David, tra gli altri, cowboy, ninja e un carro armato!), non risolleva le sorti del titolo. Inoltre, le random drop dei nemici sono abbastanza sballate, con l’armatura più resistente del gioco ottenibile da un tipo di nemico presente solo nei piani iniziali del dungeon (come si può vedere da una delle immagini). Si tratta certo di una scelta strana ma, in un certo senso, comprensibile, visto che, a differenza di altri titoli, l’equipaggiamento è quasi sempre ben nascosto in aree secondarie del dungeon. Non che questo cambi qualcosa dato che, come detto, il combattimento non è certo un elemento fondamentale del gameplay.

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L’unico aspetto veramente azzeccato di Light Crusader è il sistema delle magie, che di certo non potevano mancare all'appello, altrimenti questo davvero non sarebbe più un RPG. Esso però ricorda fin troppo quanto già visto in Gunstar Heroes per le armi dei protagonisti: in sostanza David può acquisire i quattro elementi fondamentali e combinarli fra loro per ottenere incantesimi di vario tipo (offensivi, difensivi, curativi), anche 3 o 4 per volta. Un’idea interessante e dalla discreta versatilità... peccato però che dovremo ogni volta aprire il menu delle magie (e interrompere il già frammentario gameplay) per decidere le combinazioni. Per il resto: la grafica è OK, con qualche animazione interessante degli sprite, ma una brutta resa degli esseri umani “realistici”. Sul fronte audio, le melodie di sottofondo sono discrete ma scivolano via come acqua fresca, mentre l’uso continuo di brevi stringhe di parlato risulta irritante.
In generale l’impianto complessivo di gioco è troppo basilare per un RPG che si rispetti. Nell'insieme Light Crusader sembra quasi una beta, una “tech demo” fatta per mostrare qualche innovazione programmatoria e poco più.



COMMENTO FINALE


"Non si può certo dire che Light Crusader sia un gioco orribile, anche dal punto di vista di chi, come me, non riesce a digerire troppo i puzzle; però confermo che si tratti di un titolo parecchio ripetitivo, blando e anonimo, oltre che frustrante. I combattimenti sono risicati e l’esplorazione diventa presto tediosa. L’unica spiegazione possibile è che questo sia il prodotto di una Bizarro-Treasure volta a fare esattamente l’opposto di quanto l’ha resa famosa, oppure che la compagnia nipponica abbia voluto sbeffeggiare gli sviluppatori occidentali, fingendo di volerli imitare e mettendo in luce tutti i difetti dei loro titoli. Comunque sia, la cosa fa un effetto davvero strano, un po’ come se il Bagaglino avesse voluto fare un documentario sui massacri in Cambogia."