Un aspetto molto interessante, che aiuta, tra l’altro, a tenere sempre alto l’interesse del giocatore, è la struttura non lineare dei livelli, sempre abbastanza lunghi e mai monotoni. Non è infrequente, infatti, scontrarsi con un boss all’inizio d’un livello, addentrarsi nei vari sottolivelli in cui è diviso, doversi destreggiare su più piani (ad esempio davanti e dietro un cascata, come avviene anche in titoli del calibro di “Super Mario World”). Il tutto gestito da uno scrolling impeccabile privo di rallentamenti. I boss finali risultano ben animati e caratterizzati, sempre di grandi dimensioni: ci troveremo di fronte a draghi robotici, mezzi meccanici, carrarmati, navi spaziali… La giocabilità (complice anche un ottimo sistema di controllo) si attesta su livelli molto alti, così come la difficoltà, che risulta ben calibrata, anche se il giocatore non deve comunque mai distrarsi e deve disporre di ottima coordinazione e riflessi pronti. Da dire che, spesso, gli avversari seguono pattern fissi, una volta capiti i quali tutto si fa più semplice. Indispensabile saper padroneggiare le varie abilità del protagonista (tra queste anche quella di appendersi con la coda a testa in giù a rami e sporgenze d’ogni sorta), basate sull’utilizzo del suo potente jetpack: salti e attacchi potenziati, super velocità e così via. Da segnalare in particolare il “beam charge”, che ricorda (così come la struttura degli schermi di volo spaziale) il leggendario “R-Type”, portando il gioco su una dimensione metaludica e citazionista.
A tal proposito è interessante evidenziare l’alternarsi di sessioni action platform e shoot’em up, che contirbuiscono anch’esse ad arricchire la varietà del prodotto. Potrebbe essere invece causa di frustrazione il fatto che, in caso di morte, si debba ricominciare dall’inizio del livello o dal checkpoint, talvolta molto distanti dal punto in cui si era arrivati. Il comparto grafico è, forse, l’elemento di questo capolavoro targato Konami che più colpisce i sensi: il programmatori sono davvero riusciti a spremere fino all’ultima goccia i chip del Megadrive, console che nel 1993 era sul mercato ormai da 5 anni, quando all’orizzonte iniziava già ad affacciarsi la generazione dei 32 bit, tanto da poter ritenere “Rocket Knight Adventure” un titolo che non avrebbe comunque sfigurato nelle sale giochi dell’epoca. Ci troviamo qui di fronte a un perfetto e consono uso della palette, sprite grandi e degnamente animati, addirittura 5-6 livelli di parallasse (alcuni dei quali anche in primo piano), che conferiscono allo sfondo una notevole sensazione di ricchezza e profondità, uso di effetti di riflesso (talvolta funzionali al gioco, in quanto necessari a scovare piattaforme nascoste indispensabili a superare il livello). Unico neo in un’opera pressoché perfetta viene, a mio avviso, dall’audio e sonoro: si poteva fare di più. Non mancano effetti sonori carini e musiche a tema (alcune di stampo epico, altre più action, altre ancora “nippo-demenziali”), ma una maggiore attenzione e ricercatezza avrebbero conferito decisamente più spessore e impatto emotivo al tutto attraverso un’impostazione melodica più epico-orchestrale, sull’esempio dei grandi kolossal (il già citato “Star Wars”, “Legend”, “Krull”, “Ritorno al futuro” e via dicendo). Il risultato finale, invece, riesce a malapena a strappare la sufficienza, non tanto per motivi tecnico-qualitativi, quanto di vera e propria scelta della colonna sonora.
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