È infatti evidente come questo genere tenda a ridurre i margini di variabilità che non di rado attengono alla ricercatezza delle soluzioni estetiche o, più in particolare, alla peculiarità del design.
Atomic Robo-kid, coin-op realizzato dalla UPL nel 1988, basa il proprio successo sul caratteristico stile grafico che lo contraddistingue e cattura efficacemente l’attenzione dei videogiocatori in sinergia con un buon comparto tecnico. Questo sparatutto a scorrimento multidirezionale, infatti, pur proponendosi con un design particolarmente accattivante, non introduce rimarchevoli novità nel genere, limitandosi a controbilanciare alcuni limiti di ordine contenutistico con diverse idee vincenti relative al sistema di armamenti, ai boss e all’articolazione non lineare dei vari stage.
Nel coin-op firmato UPL (la stessa compagnia cui si devono, tra gli altri, Ninja-Kid -1984-, Penguin Wars -1985-, Ninja-Kid II -1987-, Omega Fighter -1989-, Acrobat Mission -1991- e Bio-ship Paladin -1991-) il videogiocatore viene calato nei panni di un piccolo androide, Robo-kid, unica speranza per la sfortunata colonia spaziale Terra-12, costretta ad affrontare nell’ordine: un micidiale bombardamento di radiazioni cosmiche con conseguenti mutazioni di buona parte delle forme di vita e l’invasione di un'ostile razza aliena, i Governor.
L’estetica del protagonista e dei nemici marca la peculiarità del titolo UPL che non propone un vero e proprio approccio “cute”, ma si orienta verso uno stile che sembra ammiccare verso una reinterpretazione del classico look super deformed. Tutti gli sprite di dimensioni medio-piccole dello shoot ‘em up si caratterizzano, infatti, per forme tozze se non proprio tondeggianti che si sviluppano in un dettagliato tratto cartoonistico nei coloratissimi mega-boss. I fondali, poi, contribuiscono a delineare nettamente la personalità grafica del titolo UPL, alternando intriganti commistioni biotecnologiche a sezioni curiosamente avulse dal contesto fantascientifico, sottolivelli con coloratissimi background al limite del surrealistico e tratti di raccordo che sembrano riprendere in parte le ambientazioni più “aliene” di R-Type.
Tecnicamente il coin-op si presenta piuttosto bene per un titolo datato 1988. L’implementazione della multiparallasse, infatti, garantisce un godibile senso di profondità e la vivezza cromatica tende a dare il giusto risalto al buon dettaglio dei fondali.
Nonostante la risoluzione adottata risulti abbastanza bassa (256X192), lo shooter UPL vanta comunque un piacevole impatto visivo che raggiunge l’apice nei peculiari scontri con i particolareggiati e coloratissimi mega boss.
Sul fronte audio, poi, lo shoot ‘em up non delude, proponendo FX qualitativamente apprezzabili e musiche piuttosto valide sotto il profilo compositivo che, peraltro, non risentono troppo dei limiti tecnici imposti dai due chip Yamaha YM2203. Nonostante una resa generale non particolarmente raffinata, le BGM manifestano in ogni modo una spiccata personalità e testimoniano il talento di un sound team del calibro dei Mecano Associates (gli stessi della serie Silpheed -PC-8801, FM-7, PC MS-DOS, TRS-80 CoCo, Apple IIGS, Mega CD / Sega CD e PlayStation 2-, di Fire Hawk: Thexder 2 -MSX, MS-DOS, PC-8801- e di Alisia Dragoon -Mega Drive-)
Le peculiarità di Atomic Robo-kid non si limitano al comparto grafico, ma investono anche determinati aspetti inerenti a struttura, dinamiche e gameplay.
Il coin-op firmato UPL si caratterizza per un ritmo piuttosto serrato che, per evitare cali di tensione dovuti alla relativa libertà di movimento del protagonista, viene mantenuto costante tramite l’espediente del respawning. La struttura non lineare di alcuni stage e la possibilità del piccolo androide di tornare sui propri passi viene, così, scoraggiata dal rigenerarsi di ogni tipo di nemico di dimensioni “standard” (postazioni comprese).
Questo shoot ‘em up, poi, tende a premiare un approccio “aggressivo” che trova un valido sostegno in un weapon system abbastanza ricco da garantire quella "blasting satisfaction" spesso ricercata dagli aficionados del genere. Il protagonista, infatti, può incrementare la propria potenza di fuoco tramite 5 power up (“Atomic Power Gun”, “3-Way Beam”, “5-Way Beam” e “Atomic Missile”) e collezionare in una barra le varie modalità per poi selezionarle alla bisogna. Oltre ai bonus offensivi, non mancano dei single-shot shield (cumulabili fino a un massimo di 4) che consentono a Robo-kid di resistere ai colpi nemici, un item che incrementa la velocità (“Critical Speed Up”; praticamente un must per i mega-boss più avanzati) e un utilissimo rapid fire.
Se normalmente lo shooter UPL impone al videogiocatore una filosofia improntata al “banzai attack”, va segnalata un’importante quanto ovvia deroga a tale imperante aggessività che, infatti, deve essere accantonata negli scontri con i mega-boss. Questi ultimi risultano abbastanza insidiosi e non tanto per la potenza di fuoco, ma per le ragguardevoli dimensioni che costringeranno Robo-kid a “circumnavigarli” a più riprese per colpirli nei classici weak points, evitando al contempo di essere schiacciato contro le pareti delle “anguste” arene dove si consuma lo scontro. Se, però, il protagonista affronterà i mega-boss avvalendosi del power up “Atomic Power Gun”, classico “laserone” di “AustinPowersiana” memoria capace di attraversare la mole nemica da parte a parte e, magari, beneficiando di velocità maggiorata e di uno o più single-shot shield, non avrà particolari problemi e potrà cavarsela facilmente.
Purtroppo la vulnerabilità che affligge per diversi Act un Robo-kid “lento” e privo dei già citati single-shot shield può essere causa di frustrazione nel caso in cui il piccolo androide perda una vita al cospetto di un Governor e debba fare a meno dell’utilissimo “Power Gun”. In questo caso lo scontro con il mega-boss diviene un estenuante esercizio di pazienza con il nostro eroe costretto ad un continuo movimento ciclico intorno al gigantesco nemico nel costante rischio di essere colpito o costretto in un angolo.
Un’ulteriore pecularità del titolo UPL è costituita dalla presenza di altri personaggi “cute/SD” che manifestano una certa somiglianza con il nostro eroe. Quasi tutti questi “parenti” del protagonista sono ostili e dovranno essere affrontati in curiosi duelli all’ultimo colpo di laser che vedono i due androidi confinati in un’angusta arena e separati da una sorta di cortina semovente composta da un flusso continuo quanto irregolare di ostacoli pronti per essere blastati. L’unica eccezione è costituita un Robo-kid dalle fattezze curiosamente molto simili a quelle di uno dei draghetti di Bubble Bobble: il Merchant. Questi, com’è intuibile dal nome, attenderà il nostro eroe agli Act 7 e 14 offrendogli un vasto assortimento di power-up al “modico” prezzo di una vita cadauno.
Ultima caratteristica distintiva di questo coin-op è l’articolazione non lineare dei livelli (“Act”) che possono essere a scorrimento orizzontale (bidirezionale con “disincentivo” a tornare indietro a causa del respawning) o multidirezionale con alcuni settori vagamente “labirintici” dotati di piccole aree nascoste. Anche se il numero rilevante degli stage, ben 19, e la presenza di 3 bivi (negli Act 2, 9 e 16 che quindi includono 3 sub-level extra) può dare l’impressione di un titolo contenutisticamente ricco e di notevole longevità, in realtà i vari quadri sono generalmente brevi e tendono a riproporre gli stessi elementi grafico-strutturali in combinazioni diverse per dare l’impressione di una varietà più apparente che effettiva.
L’arcade firmato UPL acquista abbastanza notorietà da essere oggetto di diverse conversioni effettuate su vari sistemi: PC Engine, Mega Drive / Genesis, Commodore 64, ZX Spectrum, Amiga, Atari ST e Sharp X68000.
Il porting di Atomic Robo-kid per il 16 bit Sega è realizzato nel 1990 dalla Treco, team americano sussidiario della Sammy Corporation.
Questa conversione, complessivamente valida, riproduce quasi tutti gli elementi distintivi della controparte arcade che viene “condensata” senza grossi sacrifici in una “umile” cart da 4 Mbit (512 kB).
Lo shoot ‘em up, infatti, beneficia di una programmazione tutto sommato competente che si manifesta nella perfetta fluidità, nel ritmo di gioco piuttosto elevato, nell’assenza di rallentamenti e nella sostanziale validità del gameplay.
Sono in ogni caso da rilevare diversi compromessi estetici sul fronte dei colori a video, ben selezionati e distribuiti ma di fatto dimezzati rispetto al coin-op e alla versione PC Engine (Atomic Robo-kid Special, sviluppato nel 1990 dalla stessa UPL) e sulla varietà dei fondali che tendono a reiterare fin troppe volte una rosa limitata di dettagli e determinati pattern.
In generale la povertà dei background e l’essenzialità delle animazioni testimoniano le pressanti esigenze di risparmio memoria imposte dall’esigua “taglia“ del supporto adottato.
Rispetto al porting per la console NEC, poi, si nota una minore fedeltà all’arcade relativamente ai fondali stessi che, in alcuni casi, vedono dei “riciclaggi” assenti nel coin-op e nella versione PCE, di fatto maggiormente differenziata dal punto di vista estetico.
In ogni modo i punti di forza grafici di Atomic Robo-kid su Mega Drive consistono nella risoluzione (320X224 a fronte di una 256X224 di AR Special su PC Engine e della 256X192 del coin-op) e nella pervasività della parallasse, implementata più sporadicamente nella controparte NEC.
Il fronte musicale risulta fin troppo sacrificato da una sintesi abbastanza grezza, piuttosto povera a livello di polifonia (da 3 a 5 canali sui 6 dello Yamaha YM2612 -chip primario- con il Texas Instruments SN76489 -secondario- riservato ai soli FX) e fastidiosamente improntata su toni acuti.
Gli orecchiabili brani sfoggiati dall’arcade, infatti, perdono l’impostazione ritmica originale per trasformarsi in BGM dal sound penetrante ed eminentemente metallico che non di rado tende a farsi addirittura stridente. Anche se l’indubbia qualità compositiva della soundtrack firmata Mecano Associates riesce in ogni caso a mantenere parte della propria personalità nell’assai poco brillante reinterpretazione del chip YM2612, resta l’amaro in bocca per una OST che poteva e doveva essere realizzata meglio.
Gli effetti sonori risollevano un po’ l’impatto acustico di questa conversione affiancando a flebili white noises alcuni FX qualitativamente accettabili che ben si adattano al peculiare stile grafico dello shoot ‘em up.
Anche se teoricamente la conversione di Atomic Robo-kid su Mega Drive beneficerebbe di un triplice livello di difficoltà selezionabile dalla schermata delle opzioni, si tratta a conti fatti di skill level fittizi dal momento che i pattern e il fuoco nemico sono sempre i medesimi. In sostanza la Treco propone semplicemente un differente numero di vite e continue a seconda della scelta del videogiocatore: EASY - 7 vite e 6 continue, NORMAL - 5 vite e 4 continue e HARD - 3 vite e 2 continue.
In ogni caso il porting si caratterizza per una difficoltà più apparente che non sostanziale che tende a rivelarsi come tutt’altro che insormontabile giacché si entra nelle particolari “logiche” legate al miglior utilizzo dei power-up e agli scontri con i mega-boss. In generale, quella che può sembrare una china piuttosto ripida si trasforma in una salita assai più dolce dal momento che si incontra il Merchant con abbastanza vite per fare acquisti e si affrontano i Governor con la necessaria prudenza, tenuto debitamente conto che ridursi a poter contare sul solo laser di default al cospetto di essi equivale a prenotare quasi invariabilmente il Game Over.
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