Il primato di Super Famicom / Super NES / Super Nintendo in termini di unità vendute a livello mondiale derivò principalmente dall’ampia diffusione nipponica del 16 bit prodotto dalla grande N (17,7 milioni di console) che relegò in un canto l’hardware Sega (4,3 m.).
Il Mega Drive, viceversa, godette di un notevole successo nelle Americhe, dove piazzò ben 25 milioni di unità (gran parte delle quali negli USA e in Canada con il popolarissimo Genesis) a fronte di un 23,3 m. riconducibili alla console di Super Mario World e non mancò di fare altrettanto in Europa, dove registrò un ragguardevole totale di 6,9 milioni, vale a dire una generosa percentuale dell’ottimo risultato (10,4 m. con l’hardware rivale che si fermò a 8,6) ascrivibile alle aree cui oggi si fa riferimento con la sigla EMEAA (Europe, Middle East, Africa e Asia).
L’ampia diffusione del 16 bit Sega in ambito occidentale e, per converso, il fiacco riscontro commerciale ottenuto in Giappone fecero sì che questa console fungesse da trait d’union tra varie “scuole videoludiche”, nonché da terreno siliceo di confronto tra sviluppatori nipponici, europei e statunitensi.
Questa sorta di globalizzazione videogiochistica, iniziata nella prima metà degli anni ’90 e consolidatasi in seguito con lo straordinario exploit della PlayStation, si basò essenzialmente sulla popolarità di Mega Drive / Genesis e Super Nintendo / Super NES, con la console di Sonic che, grazie anche al trampolino fornito dal buon successo già ottenuto dal Master System in Europa, anticipò la rivale della grande N nella progressiva occidentalizzazione della sua line-up.
Se l’action-platform Mystic Defender / Kujaku Ou 2: Geneijou non rappresenta un’effettiva dicotomia videoludica tra Oriente e Occidente, costituisce tuttavia un esempio interessante dei rapporti talvolta complessi tra le produzioni più spiccatamente giapponesi per il 16 bit Sega e le relative distribuzioni sui mercati statunitensi ed europei.
Questo esponente di lungo corso della line-up Mega Drive è la terza trasposizione videogiochistica di un manga datato 1985-89 in cui l’autore Makoto Ogino narra le imprese di un monaco buddista specializzato in esorcismi e intrepido cacciatore di demoni.
Conosciuta negli USA come “Spirit Warrior”, titolo del relativo OAV, la serie horror-occultistica ispira due film (“Peacock King” e “Saga of the Phoenix”) e quattro videogiochi: Kujaku Ou (1988 - NES), Kujaku Ou 2 (1990 - NES / MSX), Kujaku Ou / Spellcaster (1988 - Sega Mark III / Master System) e, appunto, Kujaku Ou 2: Geneijou / Mystic Defender (1989 / 90 - MD / Genesis)
A differenza delle point-and-click (NES / MSX) / arcade adventure (Master System) sviluppate per i sistemi a 8 bit, il titolo per il 16 bit Sega è un action-platform puro che per atmosfera e dinamiche di gioco può ricordare in parte classici delle serie Shinobi e Castlevania.
Kujaku Ou 2: Geneijou / Mystic Defender è caratterizzato da un’estetica prettamente orientale che s’incardina nel protagonista Kujaku (Joe Yamata nella localizzazione EUR / NA), contraddistinto da una dettagliata veste monacale. Questo abbigliamento tradizionale è sostituito nelle versioni occidentali dell’action-platform da una più anonima tenuta da combattimento.
E’ evidente come la Sega abbia ritenuto troppo orientale il look dell’eroe Kujaku che, per non risultare tendenzialmente estraneo all’utenza americana ed europea, necessitava di un restyling mirato a renderlo più internazionale e, riprendendo la terminologia sportiva, più “da trasferta”. Peccato che, nel confronto tra le due versioni, sia facile rilevare come il protagonista di Mystic Defender sia meno consono all’ambientazione medieval-giapponese e perda, così, un elemento di peculiarità che caratterizza felicemente la controparte nipponica.
Nell’anno che vede il 16 bit Sega agli esordi nel mercato europeo e ai primi passi in quello americano, l’action-platform ispirato dal manga di Makoto Ogino, oltre ad essere uno dei primi videogiochi disponibili per i sistemi PAL (tanto per avere un riferimento cronologico, Kujaku Ou 2: Geneijou esordisce una settimana prima dell'assai più celebre The Super Shinobi), include uno dei più datati esempi di nudo integrale che si possano segnalare in un titolo per console.
La conclusione di Mystic Defender, infatti, vede il nostro eroe sconfiggere il boss finale per liberare la dolce Alexandra che si libra nel vuoto dopo la distruzione di quell’abominio che risponde al nome di Zao. Se la rappresentazione in costume evitico della suddetta fanciulla può apparire del tutto innocua agli occhi dei videogiocatori moderni, non doveva risultare ugualmente trascurabile all’inizio degli anni ’90, visto che l’action-platform fu oggetto di una successiva revisione mirata a rendere "presentabile" la bella Alexandra.
Le problematiche testimoniate dalle REV 00 / 01 di Mystic Defender non erano certo isolate, giacché ancora nel 1991 Sega of America imponeva alla Razorsoft la copertura delle “scandalose” nudità che caratterizzavano una delle più apprezzate firme iconografiche del platform Stormlord, le famose fairies.
Il plot narrativo dell’action-platform Sega è quanto di più canonico.
In un oscuro e demoniaco Giappone medievale il perfido negromante Zareth rapisce Alexandra, la figlia di una suprema divinità che difende la giustizia dalle risorgenti forze del Male. Lo spregevole individuo intende sacrificare la dolce fanciulla in un empio rituale finalizzato alla rievocazione di Zao, un potentissimo dio malvagio che consentirà a Zareth di sprofondare l’umanità in una ferrea dominazione fondata sul terrore. L’unica speranza è riposta nelle mani di Joe Yamato, esperto evocatore di forze mistiche e intrepido cacciatore di demoni che, con l’aiuto dei poteri conferitigli da entità benevole, si recherà allo spaventoso antro di Zao, il Castello di Azuchi, e metterà in gioco la vita per salvare Alexandra e con lei il mondo intero.
Mystic Defender si presenta come una sorta di Castlevania più demoniaco e squisitamente nipponico nell’ambientazione, in cui la frusta è sostituita da poteri magici utilizzabili a diversi livelli di potenza (quello di default -“Mystical Energy Balls”- e il “Sonic Magic”) o per limiti variabili di tempo / portata (“Flame Magic”).
Le suddette arti mistiche sono vincolate ad una power bar che deve essere caricata tenendo premuto il pulsante di fuoco in modo del tutto analogo al classico Beam di R-Type. Si distacca dal modello dello shoot ‘em up Irem il suggestivo “Flame Magic”, sorta di lanciafiamme mistico direzionabile e proporzionale in ordine a portata e tempo di funzionamento al livello di caricamento della suddetta barra.
I power up reperibili nei vari livelli sono due: il classico ripristino di un’unità di energia (l’eroe inizia la sua avventura con tre energy unit) e un bonus che velocizza il charging della power bar. Non manca infine la classica smart bomb una tantum, il “Thunder Dragon Magic”, che consente di evocare un gigantesco drago con tre teste distruggendo ogni cosa sullo schermo e infliggendo un grave danno a middle e final boss.
Caratteristico di Mystic Defender è il ritmo dell’azione che si presenta fin dalle primissime battute come piuttosto serrato. Lo scrolling, infatti, è veloce quanto reattivo e i movimenti degli sprite sono ugualmente rapidi, non mancando peraltro situazioni di “affollamento” in cui armi come Flame Magic”e Sonic Magic danno vita a coreografiche salve di esplosioni.
Nonostante i demoniaci accoliti di Zao siano presenti in gran numero in ogni location del gioco e si dimostrino alquanto agguerriti, le maggiori difficoltà sono concentrate nel livello 4, reso ostico dall’attraversamento di un letale fiume di lava (rappresentato con una godibile parallasse multistrato) e nei boss finali. La lunghezza dell’action-platform, poi, è più “formale” che non sostanziale poiché gli 8 livelli vedono un pressoché integrale riciclo di nemici e background dal 3° al 6° stage e una certa ripetitività, facilmente riscontrabile nelle location successive al terrificante fiume di lava del lv. 4.
Nonostante i colori a video siano sostanzialmente pochi e alcuni fondali non brillino per dettaglio, spiccano in ogni modo per le gradevoli soluzioni grafiche i livelli 1, 2 (azzeccato il design di alcune creature demoniache e più che dignitose le relative animazioni), 4 e 5 (in particolar modo per la ricca multiparallasse e i boss vermiformi) e in generale risulta più che apprezzabile la cura riposta in alcuni dettagli e la perfetta fluidità di scrolling e movimenti degli sprite.
La colonna sonora di Mystic Defender è perfettamente adeguata alle peculiari ambientazioni dell’action-platform e alla sua caratteristica impronta medieval Japanese horror fantasy. Benché la sintesi non sia molto raffinata e tenda a privilegiare sonorità metalliche non di rado poco confortevoli sul fronte acustico, non mancano tuttavia ricercatezze compositive e brani di notevole rilievo come quello piuttosto evocativo del livello 2, l’incalzante quanto adrenalinica BGM che sottolinea con grande efficacia gli scontri con i boss e le gradevoli chiptune che tengono alta la tensione degli stage 1, 3 e 6. Analogamente, gli FX, pur caratterizzati da una resa un po’ grezza, risultano nel complesso adeguati, in particolar modo nelle cupe esplosioni.
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