Questo è il panorama in cui l'Orakiano Rhys, erede al trono di Landen, si accinge a sposare la sua amata Maia, una ragazza tanto bella quanto misteriosa, giunta nel regno priva di memoria solo due mesi prima. Proprio mentre si stanno celebrando le nozze, un demone alato, subito identificato come Layano, rapisce la giovane Maia. Così comincia il viaggio avventuroso di Rhys e dei suoi eredi, verso la salvezza dell'amata e la scoperta delle molte verità nascoste del loro mondo.
L'esordio di Phantasy star si presenta così: un miscuglio splendidamente bilanciato tra una classica storia d'amore e una terra dal passato oscuro, sullo sfondo di un ambientazione a metà tra l'epicità del medioevo e l'irruenza di una tecnologia avanzata. Gli ingredienti di base della serie Sega sono mantenuti e vengono sfruttati
L'avventura di Rhys, com'è intuibile, si conclude con il salvataggio dell'avvenente Maia. Giunti a questo punto, si avrà la possibilità di scegliere chi sposare, lei o un'altra fanciulla altrettanto cara al giovane principe. Il figlio scaturito dalla coppia diverrà il nuovo personaggio principale, che sarà diverso a seconda della donzella con cui ci avremo deciso di ammogliarci. La stessa cosa avverrà una volta terminate le peripezie della nobile progenie di Rhys: anche in questo caso sceglieremo tra due pretendenti (sempre una Orakiana e una Layana), che, a loro volta, daranno alla luce uno dei due nipoti del protagonista iniziale. Da questo semplice stratagemma narrativo nascono le quattro diverse storie che potremo intraprendere nel gioco.
Ad accompagnarci lungo tutte e tre le generazioni indipendentemente dal protagonista controllato, ci saranno i due cyborg Wren e Mieu, unici membri permanenti del nostro gruppo.
Purtroppo non è tutto oro quel che luccica. Uno schema di gioco che poteva essere fonte di un opera estremamente varia e innovativa, si traduce in una meccanica di gioco che in realtà offre veramente poco oltre all'intreccio che viene narrato. A parte i brevi tratti in cui viene snodato il racconto, il gameplay si riduce ad interminabili viaggi da una città all'altra o verso un sotterraneo, sempre per recuperare oggetti o incontrare persone che varieranno di poco o nulla l'attività di gioco. La gran parte del tempo la si passerà a sconfiggere mostri o robot durante gli innumerevoli combattimenti casuali, in cui ci si imbatterà con una frequenza di uno ogni pochi secondi. Contando che i primi mezzi per muoversi più rapidamente si incontrano solo in una fase molto avanzata del gioco, e che i viaggi a piedi sono spesso molto lunghi, si capisce bene come, durante le molte ore di gioco, ci si dovrà rassegnare a spendere un'abbondante fetta del proprio tempo a sostenere le diverse centinaia di scontri che capiteranno.
Questi sono strutturati in generale, secondo lo schema tipico della serie: da una visuale in prima persona si attaccheranno gruppi di nemici
Tutto questo complicato discorso risulta però essere un buco nell'acqua, uno sbiadito tentativo di stimolare la ricerca di una strategia. I combattimenti casuali hanno il difetto di essere tanti me per nulla difficili. Il rischio di insuccesso senza alcuna pianificazione tattica è ridotto all'osso, sia per la facilità degli scontri stessi, sia per l'ampia disponibilità di magie e oggetti di cura e resurrezione. Inoltre, i personaggi sostanzialmente non muoiono mai, ma “perdono la forza per
Poco riusciti anche i passaggi di livello e l'acquisizione di esperienza. Innanzitutto non esiste uno standard nel gioco che indichi il livello relativo di forza tra i personaggi. Alcuni elementi del gruppo, pur risultando di un livello molto basso, si dimostreranno essere più forti, all'atto pratico, dei compagni di un livello anche dieci volte superiore. In sostanza, ogni carattere ha un modalità di avanzamento completamente diversa da quella degli altri. Il valore del dato numerico che indica il livello di esperienza viene dunque a perdere qualsiasi significato.
Una peculiarità riguarda anche la modalità di sviluppo delle tecniche possedute dai personaggi Layani, che consiste nel meccanismo del “quadrato delle tecniche”, uno schema un po' artificioso ma sostanzialmente inutile e sul quale non vale la pena di spendere ulteriori parole.
Al quadro generale si va ad aggiungere un aspetto grafico scarno e poco ispirato. Paesaggi e sfondi sono di una monotonia disarmante, che priva il giocatore di qualsiasi piacere possa trarre dall'esplorazione. Stesso discorso per i dungeon, che, non essendo più in prima persona bensì impostati sulla stessa visuale sfruttata per l'esplorazione del mondo esterno (a volo d'uccello), non presentano alcun incentivo aggiuntivo alla voglia di giungere alla fine del gioco.
Da tutto questo è facile dedurre che per completare Phantasy star III i requisiti richiesti al giocatore sono quelli di avere una grande forza di volontà e tanto tempo da perdere. Inoltre, una volta finita l'avventura con uno dei personaggi, riprendere in mano il titolo per giungere a un finale alternativo risulta davvero una scelta masochistica. Peccato, perché le potenzialità erano quelle di un titolo veramente ottimo.
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