Il bando recitava: “Avendo la ns. Società l’esigenza di lanciare sul mercato un personaggio che possa definirsi una new entry nel panorama videoludico, non potrà partecipare alla presente selezione chiunque abbia già al suo attivo una o più presenze, anche come comparsa, in un videogioco precedentemente realizzato. Si richiede carisma, dinamismo e bella presenza. È essenziale un look quanto più possibile cool, moderno e anni ’90 che garantisca al futuro game character un appeal duraturo presso i videogiocatori fino a divenire una vera e propria VG icon strettamente legata alla ns. Società e alla console Mega Drive.”.
La competizione fu inevitabilmente molto serrata e non pochi candidati eccellenti dovettero in seguito ripiegare su altri contratti. Tra gli esclusi figurarono: due opossum che avrebbero poi lavorato per la Konami (Rocket Knight Adventures e Sparkster) e la Tengen (Awesome Possum), una lince che sarebbe stata assoldata dalla Accolade (Bubsy e seguito), una formica che si sarebbe sistemata presso la Gremlin (Zool e sequel), un piccolo robot che si sarebbe messo a disposizione della Microprose / Spectrum Holobyte (Tinhead), una rana che sarebbe stata assunta dal Team 17 (Superfrog), un cane che sarebbe entrato alle dipendenze della Data East (High Seas Havoc), un pipistrello che avrebbe timbrato il cartellino presso la Sunsoft / Iguana (Aero The Acrobat e seguito) e un elefantino che avrebbe trovato un impiego presso la Electronic Arts / Vectordean (Rolo to the Rescue).
Il vincitore fu Sonic, un porcospino blu dallo sguardo fiero e spesso accigliato.
Fin dall’inizio il futuro portabandiera della Sega e, in particolare, del suo MD si dimostrò un personaggio di carattere, un tipetto, insomma, da prendere con le molle. Erede, in un certo senso, del coniglio bianco di Alice, Sonic aveva sempre fretta… un vero e proprio fascio di nervi. La Sega poteva così contare su un game character perfetto per bucare il video, ma doveva fare i conti con una personalità spinosa, un tipo che non lesinava certo le risposte più pungenti.
Il primo problema che Yuji Naka, game designer del fulminante vg d’esordio di Sonic, dovette affrontare fu un’iniziale crisi di panico da palcoscenico videoludico del suo primattore. Il porcospino, infatti, di fronte a queste nuove enormi responsabilità, ebbe notevoli difficoltà psicologiche e, non ritenendosi adeguato al gravoso compito di contrastare Mario, si chiuse inizialmente a riccio seminando il panico nel team che doveva lanciarlo nel firmamento delle grandi VG star.
Yuji Naka si occupò personalmente del problema. Motivò Sonic dicendogli: “Mario è un personaggio degli anni ’80… è sopravvalutato e superato. Lui è il passato e TU sei il futuro! Non devi farti intimorire da un idraulico italiano con la pancetta! Ricorda che tu sei cool, sei trendy e veloce un casino, sei SONIC il porcospino! Nessuno sarà MAI in grado di tenere il passo con te, nemmeno Speedy Gonzales!”.
Questa piccola arringa che, peraltro, in seguito a una soffiata, mandò su tutte le furie il nemico di Gatto Silvestro (il topo più veloce del Messico, per insidiare il regno del porcospino blu, tentò anni dopo la carta del platform con Cheese Cat-Astrophe), riportò nello sguardo smarrito della futura star quella grintosa fierezza che avrebbe contribuito al suo notevole successo. Sonic, così, si dedicò anima e aculei alla sua prima grande avventura.
Era iniziata la leggenda!
Semplicità nella struttura e linearità nel gameplay
Il Dr. Ivo “Eggman” Robotnik, geniale quanto megalomane scienziato, ha trasformato in robot tutti gli indifesi abitanti di South Island, amena isola del Pacifico dove ha stabilito il suo quartier generale. Il piano del Dottore è, come dire, un tantino ambizioso: conquistare il mondo! Non farà per caso il passo più lungo della gamba? Per ottenere il suo scopo, Robotnik deve impadronirsi dei leggendari Chaos Emeralds, ma non ha fatto i conti con un certo porcospino blu che, determinato a mettergli i bastoni tra le ruote, farà di tutto per liberare i suoi amici da celle e prigioni robotiche e soffiare in tempo al Dottore gli ambitissimi Smeraldi.
Il gameplay di Sonic The Hedgehog è la quintessenza della semplicità.
In questo celeberrimo multi-directional scrolling platform game si utilizza un solo tasto per saltare, le direzioni dx e sx per correre (l’accelerazione è progressiva) e quella verso il basso per trasformarsi in una micidiale palla di aculei durante la corsa (in questo stato il Nostro può spazzare via i nemici standard e, in pochi casi, scavare addirittura dei tunnel). Il porcospino, poi, si appallottola anche quando salta e colpisce gli avversari rimbalzando sopra di essi. Quando Sonic è fermo può chinarsi e “guardarsi intorno” in tutte le direzioni per verificare la presenza di nemici o ostacoli.
Il protagonista non dispone di una energy bar, ma si avvale di specifici item, gli onnipresenti anelli, per non perdere una vita in caso di contatto con nemici o ostacoli più appuntiti di lui. La sopravvivenza di Sonic si basa su un unico principio cardine: “Finché ci sono anelli c’è speranza”. Se il porcospino ha almeno uno dei suddetti items non subisce la perdita di una delle vite; una volta colpito, infatti, è privato di tutti gli anelli raccolti (molto spesso, però, ne recupera qualcuno immediatamente).
Sonic poi, può contare su bonus difensivi (uno scudo che protegge da un contatto con nemici o ostacoli e un’invincibilità temporanea), su uno speed-up item che gli consente alcuni secondi di velocità massima e sui visionari special stages (Secret Zones) che, se ben valorizzati, gli fruttano parecchi punti, diversi “continue” e gli ambiti “Chaos Emeralds”.
Il porcospino deve affrontare 6 Zone, ognuna suddivisa in 3 Acts. Ogni Zona è popolata da piccoli robot ostili che il porcospino può distruggere liberando gli animali in essi imprigionati. Alla fine di ognuno dei 18 Acts (sub-levels) il Nostro deve salvare un gran numero di amici aprendo una sorta di gabbia elettronica. Il 3° sotto-livello di ciascuna Zona è presidiato da Robotnik in persona che, alla guida della sua navicella, cerca di mettere a mal partito il porcospino utilizzando diversi congegni e svariate modalità di attacco. Una volta superato la 6° Zona, il nostro eroe affronta di nuovo il suo nemico nel classico duello finale.
Arcade, ma fino ad un certo punto
È facilmente intuibile quanto il platform Sega punti sull’immediatezza. Gli sviluppatori, infatti, garantiscono un approccio “arcade”, un gameplay istintivo e un ritmo serrato ed adrenalinico che conquista fin dai primissimi minuti di gioco.
In effetti, Sonic adotta un “coin-op style” basato sull’azione ipercinetica, sul movimento ampio, acrobatico e rapidissimo. L’ovvia conseguenza di questa high-speed vocation è la dilatazione non di rado vertiginosa degli spazi. Gli Acts, infatti, vantano mappe sufficientemente ampie ed estese su entrambi gli assi che vengono fulmineamente percorse dal protagonista con uno scorrimento del fondale tanto rapido da garantire un notevole impatto sui videogiocatori di inizio anni ’90.
Altra carta vincente di Sonic è la suggestiva implementazione dei background che sfoggiano una spettacolare parallasse multistrato. L’impressione di profondità che ne deriva si sublima in un appagante senso di libertà, quando, ad esempio nella Zona 1 (“Green Hill”) il porcospino sembra quasi sfrecciare come un jet stagliandosi contro il cielo azzurro e misurando la propria velocità dallo scorrimento della scenografica stratificazione multi-parallattica di nuvole e superficie marina.
La vocazione “arcade” di Sonic non coinvolge, tuttavia, il bilanciamento del livello di difficoltà che, diversamente da quanto comunemente accade nei coin-op, di regola caratterizzati da una sfida piuttosto arcigna, è sufficientemente mite da consentire rapidi progressi in breve tempo. La velocità del porcospino e l’alto tasso acrobatico delle sue evoluzioni, infatti, impediscono ai game designer di inserire troppi ostacoli e nemici che, inevitabilmente, renderebbero troppo claudicante il peculiare ritmo di gioco del platform Sega, rischiando di generare fastidiosi picchi di frustrazione.
In Sonic si alternano opportunamente Zone “high-speed”, più “aperte” e caratterizzate da un minor numero di insidie animate e statiche (“Green Hill”, “Spring Yard” e “Starlight”), macro-stages prevalentemente “indoor” come (“Marble” e “Labyrint”, zona, quest’ultima, davvero interessante per la presenza di sezioni sommerse dall’acqua che si dovranno attraversare più lentamente in apnea) che impongono al porcospino un ritmo più prudente e una terna di Acts finali, “Scrap Brain”, con caratteristiche ibride, dove, cioè, si alternano fasi rapide a momenti improntati alla cautela per il gran numero di trabocchetti presenti.
È facilmente intuibile come Sonic The Hedgehog, come del resto i seguiti, presti facilmente il fianco a critiche incentrate sulla sua carenza di longevità. Questo platform game, infatti, soffre un po’ la combinazione tra gameplay super immediato, dinamiche arcade molto rapide, alto tasso di divertimento e difficoltà tendenzialmente bassa.
Nella prima avventura del porcospino blu, peraltro, gli elementi “esplorativi” consentiti dall’estensione delle mappe di gioco non sono ancora tali da creare quei fattori di varietà che i “grandi” formati silicei permetteranno a Sonic The Hedgehog 3, a Sonic & Knuckles (entrambe cart da 16 Mbit) e alla “fusion” tra questi due titoli tramite la lock-on technology. L’esordio di Sonic, infatti, è confinato in una “taglia” molto più contenuta, 4 Mbit (già il primo seguito, Sonic The Hedgehog 2, adotta il più “confortevole” supporto da 8 Mbit), il che costituisce un’ulteriore riprova della notevole competenza del Sonic Team, équipe fondata proprio dal “papà” di Sonic Yuji Naka a partire da sviluppatori provenienti dal Sega AM8.
Nonostante sia relativamente facile terminare Sonic in breve tempo, questo platform si presta molto ad essere rigiocato per il suo gameplay spumeggiante e genuinamente divertente, per la suggestione funambolica delle acrobazie del protagonista, per la sfida costituita dalla raccolta di tutti i Chaos Emeralds e per la notevole qualità audiovisiva. Non va, infatti, sottovalutato l’incentivo a migliorarsi nelle evoluzioni ad alta velocità, nelle manovre caratterizzate da particolare precisione, nella ricerca dell’opportuna combinazione tra tempi brevi per il completamento degli Acts e “raccolte” nutrite di anelli, nell’individuazione di percorsi alternativi e sezioni nascoste e, naturalmente, nell’incremento del punteggio.
Volendo fare un paragone, giocare a Sonic, come, del resto, emerge chiaramente dalla conformazione di alcune sezioni di “Green Hill” e “Star Light Zone”, è un po’ come andare sulle montagne russe: la "corsa" è in linea di massima la stessa, ma si rifà sempre volentieri!
Eccellenza tecnica nella realizzazione grafica
Oltre al già citato Yuji Naka, programmatore e project manager, fanno parte del primo “Sonic Team” Hirozaku Yashuara, direttore e progettista, Masato Nakamura, musicista, e Naoto Ohshima, character designer di Sonic e del Dr. Eggman / Robotnik.
Sonic The Hedgehog non avrebbe riscosso tanti consensi né si sarebbe guadagnato una così notevole popolarità se non fosse stato sviluppato da programmatori di notevole caratura tecnica.
La sua peculiare struttura, infatti, imponeva un’estetica d’impatto, un design capace di catalizzare l’attenzione dei videogiocatori, una spiccata vocazione verso l’estremizzazione delle dinamiche classiche dei platform 2D.
Gli sviluppatori sono riusciti a contemperare la notevole velocità dello scrolling con un discreto livello di dettaglio che, opportunamente, si risolve in un look geometrico, stilizzato, spigoloso come il protagonista.
Prevalgono in Sonic The Hedgehog le linee nette, gli angoli aguzzi, le giustapposizioni di tinte e i bruschi contrasti cromatici.
Colpisce la fantasia e rimane indelebilmente scolpita nella memoria quella Green Hill Zone al tempo stesso astratta e adamantina come un cristallo, bidimensionale ma vertiginosa nella sua profondità parallattica, suggestiva per quel sapiente alternarsi di elevati picchi e inimitabili file di palme dall’indimenticabile fogliame così simile ad origami, sospesa tra la convulsa e ipercinetica azione del primo piano e l’idilliaca quanto distante pace incorniciata dall’iridescente superficie marina e dal candore delle nuvole.
I game characters sono delineati con notevole efficacia e, insieme al primo layer del background, valorizzano superbamente la 320X224 del Mega Drive. La carismatica silhouette di Sonic, infatti, è sorprendentemente definita e non può che contribuire validamente all’irruzione a viva forza di questo personaggio nell’immaginario collettivo. Le animazioni degli sprite, pur realizzate con pochi frames, sono sufficienti per caratterizzare a dovere il protagonista e garantire agli altri personaggi quel tanto di vitalità necessaria ad un titolo dalla struttura così peculiare.
La generale nitidezza e la notevole pulizia grafica del platform evidenziano, peraltro, come il 16 bit Sega si avvalga generalmente di una risoluzione superiore a quella della diretta concorrenza di NEC (PC Engine / TurboGrafx-16) e Nintendo (Super Famicom / Super NES / Super Nintendo), le cui console, pur prevedendo modalità video analoghe, inducono quasi sempre gli sviluppatori a ripiegare per motivi tecnici sulla più modesta 256X224.
I background nelle Zone successive alla spettacolare Green Hill non sono ugualmente dettagliati. I programmatori, infatti, scontano con fondali più semplici il limite di 4 Mbit (512 KB) della cart. Il peculiare stile geometrico, tuttavia, è sempre presente e non manca mai di caratterizzare efficacemente l’ambiente. Si rimane, in ogni modo, colpiti dalla qualità dei fondali di “Spring Yard” e ”Labyrint”, dall’efficacemente calibrato utilizzo dei colori (i grafici si limitano ad un massimo di 32 tonalità; solo gli 8 Mbit di Sonic 2 permetteranno di utilizzarne più di 40), dalla buona resa dell’acqua e, in generale, dalle brillanti idee dei level designer che sono sicuramente uno dei principali punti di forza di Sonic.
L’aspetto tecnico più notevole di questo celeberrimo platform è, indubbiamente, lo scorrimento: multi-parallattico, velocissimo e sempre perfettamente fluido. Lo scrolling, poi, risponde con grande rapidità e precisione ad ogni movimento del porcospino blu e gli slowdowns, molto localizzati, si limitano al momento in cui il protagonista è colpito e perde un gran numero di anelli. La velocità dello scorrimento raggiunge, in alcuni casi, picchi davvero notevoli, tanto da rendere a fatica distinguibili dettagli del background layer in primo piano.
L’impatto della “Sonic speed” sui videogiocatori consentì alla Sega di creare il “mito” del “Blast Processing”, una fantomatica marcia in più del Sega Genesis rispetto al rivale Super NES. La pubblicità del 16 bit Sega negli USA, infatti, faceva leva sulla velocità di Sonic e Sonic 2 per affermare che la console della grande S era più “potente” del nuovo sistema concorrente grazie alla superiore velocità della sua CPU, “manifestata” in particolare dai titoli aventi come protagonista il nostro porcospino, il personaggio “figo” (“cool”: “qualità” estesa al Genesis) per eccellenza.
Musiche J-Pop
La colonna sonora di Sonic vanta la firma di un musicista proveniente dalla nota J-Pop band “Dreams Come True”. Il bassista Masato Nakamura, infatti, leader di tale gruppo, compone le orecchiabili BGM del platform che sono, poi, adeguatamente valorizzate da una raffinata sintesi sostenuta da un buon drum channel campionato.
Se tutta la soundtrack è di ottimo livello, i brani più significativi sono sicuramente quello idilliaco-brillante che accompagna le evoluzioni di Sonic nella Green Hill Zone e la dolce, distensiva chiptune che riecheggia sotto il cielo stellato della Starlight Zone. Non sono peraltro casuali le somiglianze tra le BGM menzionate e i pezzi dei Dreams Come True “Marry Me” (album: “Sing or Die” -1997-) e “Million Kisses” (album omonimo datato 1991), né, considerata la caratura musicale dell’autore, stupisce la ricercatezza di bassline jazz-style e morbidi riff melodici.
Gli effetti sonori confermano in pieno il pregevole livello tecnico delle BGM: efficaci gli FX “fumettosi” che sottolineano l’impatto del porcospino sui nemici, simpatici quelli legati al fuoco nemico e all’attivazione dello scudo di Sonic, caratteristici quelli pinball-style, assolutamente peculiari i tintinnii stereofonici relativi agli anelli e, infine, tipicissimo il noise “simil-jet” che accompagna il Nostro quando si appallottola in velocità.
SEGA HAS PASSED SONIC 1
Sonic The Hedgehog è la brillante attuazione di un progetto molto ambizioso.
La Sega aveva bisogno di legare i destini della propria console a 16 bit ad un nuovo personaggio carismatico che potesse assumersi il compito di portabandiera, di prova lampante del fatto che l’effettiva valorizzazione delle potenzialità hardware del sistema era ancora dietro l’angolo, di simbolo della vitalità di una piattaforma a che, a 3 anni dalla sua commercializzazione, aveva ancora molto da dire. Non era certo un compito facile realizzare una killer application mirata a lanciare un “cool character” che, fin dall’inizio, puntava a sublimarsi nell’icona vincente di una Sega fiduciosamente proiettata verso un luminoso futuro. Nonostante le difficoltà insite in tale progetto, la grande S, grazie all’efficace combinazione di alcune ottime idee, un’eccellente programmazione e di un’aggressiva quanto efficace campagna pubblicitaria, riuscì nel proprio intento e creò uno dei personaggi più noti della storia dei videogiochi.
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