Non erano trascorsi che pochi mesi dal fulminante esordio della serie che Yuji Naka, game designer leader del Sonic Team nonché padre della mascotte Sega, ebbe un nuovo difficile colloquio con la sua creatura.
Si trattava di comunicare alla star videoludica una novità che poteva essergli sgradita: l’entrata in scena di un partner che avrebbe svolto il ruolo di braccio destro e personaggio alternativo nell’imminente seguito della sua prima apprezzatissima avventura. Dato che Sonic, nel frattempo, si era un tantino montato la testa e si atteggiava a superdivo facendosi fotografare in pose plastiche con occhiali da sole firmati e battutine ad effetto (una sorta di anticipazione porcospinesca del personaggio di Horatio Caine di CSI Miami), si faceva “acconciare” gli aculei in fogge alternative “cementate” da chili di gel e si dedicava assiduamente alle ospitate in discoteca, non era facile prospettargli di dividere la scena con una spalla.
Per evitare la temutissima chiusura a riccio della sua creatura, Naka dovette inizialmente redarguirla dicendo che aveva finito di fare i suoi porcospini comodi ed era giunto il momento di ricominciare a correre (l’abusatissima ma suggestiva frase del leone e della gazzella fu ancora una volta ben spesa), per poi rassicurarla prospettandole la marginalità del ruolo affidato al nuovo partner, che in nessun modo avrebbe potuto rubare la scena al porcospino blu più “cool”, “bucavideo” e veloce del mondo, ancora una volta indiscusso protagonista e stella incontrastata del nuovo attesissimo titolo recante il suo celeberrimo nome… e via slinguazzando.
La nuova spalla di Sonic si chiamava Miles “Tails” Prower ed era una piccola volpe arancione dotata di una curiosa doppia coda (da cui il soprannome “Tails”, mentre “Miles Prower” nasce dalla contrazione di “miles per hour”) che, all’occorrenza, poteva fare le veci di un’elica e consentire all’animaletto di correre più rapidamente. Tails era un fervente ammiratore del porcospino blu (almeno finché non ebbe modo di conoscerlo di persona…) e aspirava ad imitarne la leggendaria velocità utilizzando la spinta supplementare della sua elica per sfrecciare rasoterra come un hovercraft. Il volpino, inoltre, aveva una certa attitudine alla meccanica e un bel biplano che poteva essere utile per la nuova avventura della mascotte Sega.
Il primo incontro tra i due non fu particolarmente cordiale. Sonic squadrò Tails dall’alto in basso per poi esaminarlo come una casalinga che controlla se un melone è maturo. Quando il porcospino vide le due code, non poté fare a meno di punzecchiare la sua nuova spalla dicendo con aria sprezzante che era un modo un po’ curioso per risparmiare sull’aria condizionata. Punto sul vivo, Tails si sentì in dovere di ribattere che una volpe "elicadotata" non poteva essere sgradita per chi amava tanto darsi delle arie.
Iniziò così una grande amicizia.
Se non è rotto perché aggiustarlo?
Sonic The Hedgehog 2 rientra a pieno titolo nel novero dei seguiti realizzati nel rigoroso rispetto dell’aurea massima “Squadra che vince non si cambia” e in ossequio al concetto espresso nel sottotitolo.
La struttura di questo platform, infatti, ricalca fedelmente quella del predecessore ed innesta nella sua formula vincente, la sfida ad alta velocità contro il solito Dr. Robotnik nell’amena cornice della West Side Island, una serie di incrementi contenutistici permessi dal più capiente formato siliceo adottato (8 mbit a fronte dei 4 del capostipite) e alcune novità mirate ad ampliare la varietà delle dinamiche di gioco. Se, dunque, Sonic The Hedgehog si articolava in 6 Zone, ognuna delle quali suddivisa in 3 Acts, il seguito ne propone ben 11 riducendo i sottolivelli a 2 per i primi 7 stage, con, a seguire una 8° Zona scandita in 3 Acts e le ultime 3 “single-Act”.
Alla varietà strutturale del sequel contribuisce il nuovo piccolo grande amico di Sonic: Tails.
La presenza del suddetto partner si traduce nella possibilità di scegliere fra tre opzioni: affrontare il gioco con Sonic, farlo con Tails oppure lasciare l’impostazione di default e giocare con entrambi i personaggi. In quest’ultimo caso il player sarà ai comandi di Sonic, mentre Tails, gestito dalla CPU, si limiterà a seguire da presso il porcospino come una sorta di “fox-pod” ripetendone più o meno approssimativamente i movimenti. Le scelte di cui sopra, pur non comportando modifiche di alcun tipo su scenari e struttura dei livelli, influenzano in ogni modo la difficoltà del gioco che risulta ancora più mite se si predilige il tandem alle sfide in solitario. Interessante notare come le ridotte dimensioni di Tails rendano più facili gli scontri con i boss nel corso della sua “single challenge” e la velocità della volpe sia leggermente inferiore a quella del più celebre compagno. Fra l’altro, nella “team adventure”, è prevista anche l’eventualità che un secondo giocatore prenda il comando del partner volpino e lo affranchi dall’umiliante condizione di fox-pod, dandogli, così, la possibilità di aiutare molto più efficacemente il porcospino.
La nuova spalla della mascotte Sega consente, inoltre, una simpatica modalità extra per due giocatori che vede questi personaggi sfidarsi in una corsa ad ostacoli lungo tre “circuiti” tratti da altrettante Zone del gioco. Per questa vs. mode gli sviluppatori hanno adottato un audace split screen che raddoppia la risoluzione verticale tramite interlacciamento portandola a 320X448. Nonostante l’inevitabile flickerìo e le proporzioni alterate degli elementi grafici, tale modalità costituisce un buon diversivo opportunamente pensato per serrate sfide con gli amici che, peraltro, possono avere come teatro anche lo Special Stage in pseudo-3D, in cui si ottiene la vittoria giungendo alla fine del percorso con più anelli dell’avversario.
Particolarmente importante per la sua influenza sulle rapide dinamiche di questo platform è l’introduzione di una nuova special move: lo Spin Dash. Finalizzata a limitare al massimo i tempi “morti” (relativamente parlando) e accentuare ritmo e velocità del gameplay, questa nuova abilità di Sonic e Tails consente di effettuare degli scatti alla massima velocità senza dover accelerare in progressione. In pratica è possibile auto-fiondarsi come la pallina di un flipper mantenendo la crocetta direzionale premuta verso il basso e “caricando” lo slancio tramite la rapida pressione di un pulsante di salto, per poi rilasciare in D-pad ed eseguire lo scatto del personaggio in posizione appallottolata. La similitudine con i pinball games (resa manifesta nella Zona 5: Casino Night) è, infatti, accentuata dal “ball mode” dei protagonisti che, in effetti, sembrano lanciarsi tramite invisibili pistoni a molla. Lo Spin Dash, oltre ad essere utilissimo per abbandonare velocemente settori poco salutari, amplia le possibilità di movimento dei personaggi e migliora le loro capacità offensive consentendo loro di combinare la special move con il salto per colpire più rapidamente nemici in volo, oppure di attaccarli rapidamente con uno scatto in “ball mode” in linea retta (Spin Dash Attack).
Se si escludono le suddette integrazioni riguardanti contenuti, struttura e dinamiche di gioco, Sonic 2 ripropone in linea di massima lo stesso gameplay del predecessore, concretizzando, così, perfettamente la canonica espressione “more of the same”.
Sfida latitante?
Questo seguito, dunque, sviluppa ogni caratteristica distintiva del capostipite, inclusa, purtroppo, la facilità che tende, così, ad accentuarsi fino a farlo potenzialmente classificare come un titolo di corto respiro. Non giova, infatti, a conservare un buon livello di sfida la combinazione dell’utilissimo Spin Dash con la generosa quanto inopportuna concessione di una temporanea invincibilità nel momento in cui il protagonista, in seguito al contatto con un nemico o un ostacolo, perde gli anelli. La suddetta facilitazione, assente nel predecessore, si allea, dunque, con la nuova special move e con il design assai poco insidioso delle prime Zone per trasformare le partite a Sonic 2 in qualcosa di simile a una corsa a perdifiato in un prato fiorito, una serie di amene panoramiche viste da un treno AV, una guizzante, psichedelica e vertiginosa danza di velocità.
L’aver premuto senza ritegno l’acceleratore sul fronte del ritmo, della rapidità e del flusso incessante entro cui canalizzare la frenetica azione di gioco tenderebbe, dunque, a trasformare Sonic 2 in un’esperienza ludica suggestiva ma effimera come un sogno. E tuttavia, se è innegabile che il punto debole costituito dalla sostanziale carenza di sfida, già presente nel capostipite, faccia sentire maggiormente il suo peso in questo seguito, non riesce in ogni caso ad appannare lo straordinario fascino di questo particolarissimo approccio ipercinetico alla platform action.
Sonic conquista e diverte per molto più tempo rispetto a quello che l’indubbiamente blanda sfida che lo caratterizza farebbe prevedere. Giocano a suo favore la notevolissima realizzazione tecnica, le suggestive ambientazioni, il brillante design, il carisma del protagonista, la simpatia dei personaggi, l’incentivo a collezionare tutti gli Smeraldi del Caos (e sbloccare un gustoso hidden character: Super Sonic -una sorta di versione Super Sayan del nostro porcospino-), la maggiore difficoltà dell’estesa Zona 8 (Metropolis), la più dura sfida con i boss finali e la natura di divertentissima giostra digitale tipica di questa serie. Per quanto, infatti, si conosca a memoria il percorso di un ottovolante, non per questo si rinuncia a ripartire con un altro giro, poiché “Ogni mattina, nella West Side Island, un porcospino si sveglia e sa che deve correre più in fretta della volpe… quando la partita inizia, non importa se sei una volpe o un porcospino… comincia a correre!”
Blast Processing… ovvero eccellente programmazione
Nel 1992 il Mega Drive / Genesis contava 4 anni di “vita” iniziando già a confrontarsi con un concorrente più moderno e dotato di specifiche tecniche superiori come il Super Famicom / Super NES (il Super Nintendo esordisce proprio nel corso di quest’anno). Sonic 2, dunque, fu un titolo fondamentale per l’immagine del 16 bit Sega. Questo platform, infatti, doveva dimostrare che la console era ancora ampiamente competitiva, rendendo peraltro manifesto che la maggioranza dei titoli realizzati in precedenza non ne avevano dispiegato in toto le reali potenzialità audiovisive. Con Sonic 2, dunque, la Sega calò un’altra decisiva carta vincente, combinando il notevole traino del predecessore con una programmazione eccellente da parte di Sonic Team / Sega Technical Institute e un’aggressiva quanto efficace campagna pubblicitaria statunitense che faceva leva sulla trovata del “Blast Processing” (negli spot la migliore capacità di calcolo consentita dalla CPU del Genesis “garantiva” la sua superiorità “globale” rispetto al Super NES). La qualità grafica di questo seguito, quindi, contribuì grandemente al suo notevole successo commerciale (circa 6 milioni di copie vendute) e all’affermazione di Genesis e Mega Drive sul mercato USA ed europeo. L’impatto visivo di Sonic 2 fu, così, un’eloquente testimonianza del fatto che la “carriera” del 16 bit Sega era ben lungi dall’essere conclusa e che il meglio doveva ancora venire.
L’eccellenza visiva di Sonic 2 è tale da dare la netta impressione di non trovarsi di fronte ad un titolo per Mega Drive.
La notevole resa cromatica rende conto di un largo quanto eccezionalmente calibrato utilizzo dei colori. Non solo le sfumature utilizzate sono nettamente superiori di numero rispetto al predecessore, ma la selezione e la giustapposizione delle stesse tende a fornire la percezione di una quantità di nuances visualizzate più elevata di quella prevista dalle caratteristiche tecniche della console. Se in diverse Zone l’ammontare dei colori a video si attesta su una media di 40-50 (tenuto conto che le specifiche del Mega Drive ne impongono un massimo di 61, si tratta di valori più che rispettabili), non mancano sezioni dove l’adozione di particolari tecniche grafiche (raster effects) consente di implementare trasparenze (Chemical Plant e Aquatic Ruin) e aumentare in modo rilevante (Aquatic Ruin) il numero di tonalità su schermo aggirando, così, i limiti hardware del 16 bit Sega.
Altra caratteristica di assoluto rilievo è sicuramente la ricchezza della velocissima parallasse multistrato. In questo seguito, infatti, si assiste ad un’impressionante moltiplicazione dei livelli di scrolling mirata a fornire una vertiginosa profondità di campo. Questa sontuosa multi-plane parallax è ottenuta grazie all’efficace implementazione del “raster method” che consente di suddividere diversi layers in ulteriori stratificazioni indipendenti, fino a generare in alcune sezioni degli effetti simil-prospettici.
Nessuna delle particolarità sopra descritte riuscirebbe, però, a garantire la superiorità visiva di Sonic 2. I programmatori, infatti, non si sono “limitati” ad un utilizzo eccezionale dei colori e all’implementazione di un codice particolarmente efficiente (di notevole rilievo, peraltro, il già citato split screen 320X448 in “interlace mode 2”), ma hanno anche delineato background dettagliatissimi, sprites ottimamente definiti, ben ombreggiati e discretamente animati e alcune Zone semplicemente superbe per resa grafica e impatto spettacolare (Emerald Hill, Chemical Plant e Aquatic Ruin).
Da segnalare, comunque, delle concessioni alle limitazioni di memoria riscontrabili nella netta diminuzione del dettaglio grafico nelle più brevi (“mono-Act”) Zone finali Sky Chase e Wing Fortress e nella sotterranea Mystic Cave che mostra una resa visiva più affine a quella del primo Sonic. Risulta, infine, abbastanza deludente in termini di definizione, dettaglio e fluidità lo Special Stage in pseudo-3D che consiste in una corsa mirata alla raccolta di un numero crescente di anelli e di uno degli Smeraldi del Caos all’interno di un incrocio tra una pista da bob e uno scivolo “stile Aquafan”.
La colonna sonora non resta indietro
Il notevole comparto grafico di Sonic 2 poneva i musicisti di fronte ad una sfida impegnativa per far sì che BGM e FX non sfigurassero nel confronto con l’impressionante estetica di backgrounds e sprites.
Nonostante i limiti tecnici e le complesse esigenze imposte a livello di programmazione dal doppio chip audio del Mega Drive, i musicisti hanno realizzato una soundtrack di indubbia caratura tecnica che, inoltre, si avvale di composizioni particolarmente vivaci, frizzanti ed orecchiabili. La colonna sonora di Sonic 2, come del resto quella del predecessore, si fregia della prestigiosa firma di Masato Nakamura, leader e bassista della J-pop band Dreams Come True. Il musicista realizza alcune BGM memorabili (di rilievo quelle delle prime 4 Zone tra cui spicca in particolare la remixatissima “Chemical Plant”) e, in generale, delle chiptunes complessivamente adeguate a dinamiche, ritmo e atmosfera del platform. La valorizzazione dell’hardware audio si concretizza, poi, nella ricca polifonia (entrambi i chip sono utilizzati per un totale di 9 canali), nell’efficace utilizzo dei samples per la batteria, nell’ottimo basso in sintesi (vista la formazione musicale di Nakamura non è proprio un caso) e nella buona resa stereofonica. Purtroppo si rileva un curioso peggioramento della qualità musicale nella seconda parte del gioco, con brani da poco incisivi (Sky Chase) a sostanzialmente mediocri (Mystic Cave e Wing Fortress).
Per quanto concerne gli effetti sonori, Sonic 2 non si discosta di una virgola rispetto al predecessore. Gli FX sono sostanzialmente gli stessi e continuano a garantire lo stesso feeling, misto tra corsa automobilistica, sfrecciare di jet e partita a flipper, del capostipite.
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