Il titolo Asmik si articola in 6 stage (“acts”), con sfondi che variano dallo spazio aperto a paesaggi lunari, città devastate, orbite attraversate da cinture d’asteroidi, mega-astronavi da sconfiggere sorvolando un pianeta ad altissima quota e, infine, come “act” finale “organico”, “interiora” di un “pianeta vivente”.
Le armi sono decisamente canoniche e offrono tre tipologie di sparo, con tre gradi di potenza ciascuna. Naturalmente le suddette tre varietà offrono diversi rapporti tra l’ampiezza del raggio e la potenza, con il primo fattore che decresce con l’incrementarsi del secondo. La navicella ha, inoltre, la possibilità di utilizzare missili a ricerca (fino a 7 per volta), smart bomb di raggio ampio e potenza media e uno scudo che protegge da due colpi standard. È infine possibile selezionare con uno dei tasti tre diverse velocità, in modo del tutto analogo a Thunderforce III e Gaiares. Verytex “cita” nemici e situazioni dai più noti shoot ‘em up a scorrimento verticale sopra menzionati, proponendo, fra l’altro, boss di metà e fine livello che riprendono, con una certa efficacia, stilemi e design dal retrogusto tipicamente giapponese. Analogamente a Truxton, gli stages sono suddivisi tramite “check points”, da cui ripartire in caso di abbattimento, con l’unica eccezione dell’act 6, in cui il giocatore sconfitto dal boss finale deve ripetere l’intero livello. Va, in ogni caso, tenuto conto che gli ultimi due act sono più brevi degli altri quattro, con l’ultimo che, tipicamente (e non diversamente, ad esempio, da Gaiares e Gynoug), ripropone alcuni middle boss degli stages precedenti.
Verytex, dunque, è tutto qui: uno shoot ‘em up senza alcuna pretesa di innovazione che, viceversa, privilegia semplicità, linearità e immediatezza di puro stampo arcade. Questo aspetto fortemente “tradizionalista” non comporterebbe di per sé un demerito in questo genere di giochi che, per propria natura, tende ad uniformare. Verytex avrebbe potuto avere, dunque, le carte in regola per essere un buon titolo, in quanto potenzialmente capace di venire incontro agli aficionados degli sparatutto che, nei primi anni ’90, costituivano ancora una fetta consistente di frequentatori di sale giochi e possessori di consoles. Purtroppo, però, il titolo soffre di tre gravi mancanze: è graficamente carente, eccessivamente facile e troppo breve.
Il primo impatto con la grafica potrebbe anche dare una buona impressione: nessuna barra di status laterale, sprites piuttosto grandi (alcuni dei quali, come già detto, dotati di un apprezzabile design), discreta velocità e fluidità senza particolari rallentamenti, ed efficace utilizzo della parallasse.
I suddetti aspetti positivi risultano, però, vanificati dalla generale povertà estetica dei fondali: assai poco definiti, scarsamente dettagliati e realizzati con un numero di colori e una selezione degli stessi più degna di un NES che di un MD. I grafici, infatti, si sono limitati a delineare sfondi a 8 o 16 colori, con scelte cromatiche spesso discutibili e accostamenti tra backgrounds e sprites che spesso rendono difficile distinguere nemici e proiettili a causa del ripetersi di tonalità e sfumature.
Le animazioni, poi, sono ridotte al minimo indispensabile e contribuiscono, insieme ai banalissimi pattern d’attacco, a svilire quel minimo di caratterizzazione dei nemici che pur sarebbe compatibile con un gioco di questo genere.
La difficoltà, inoltre, è tarata male e, soprattutto, in mancanza di un qualsiasi option screen, non può essere incrementata. Il giocatore è, così, costretto a due acts iniziali piuttosto noiosi in cui è difficile essere abbattuti (gli unici momenti d’impegno sono i boss dell’act 2), un 3° act dove, ancora una volta, gli unici ostacoli risultano i due boss finali, un 4° (il più divertente e il migliore graficamente) relativamente impegnativo e con un boss finalmente all’altezza e, infine, gli ultimi due, molto più brevi degli altri, ancora una volta carenti sul piano della sfida e dotati di boss “sbilanciati” (di nuovo semplice il boss dell’act 5 e impossibile quello del 6°, se non si posiziona la navicella in un punto cieco, lasciando che il nemico sia lentamente distrutto dai missili a ricerca).
Verytex, dunque, afflitto da longevità irrimediabilmente scarsa e realizzazione grafica sciatta, è, nel complesso, un titolo mediocre (inferiore, ad esempio, alla conversione per MD di Truxton). Una volta sconfitto il boss finale, utilizzando il suddetto punto cieco, altro testimone della programmazione quantomeno affrettata di questo titolo, lo shoot 'em up Asmik è definitivamente archiviato. Il giocatore è “gratificato” dallo scorrere su nudo sfondo nero dei titoli di coda e dello staff, per tornare, infine, tristemente alla schermata dei titoli.
L’unico aspetto veramente positivo di questo titolo è l’ottima qualità di musica e FX. I brani sono decisamente evocativi e beneficiano di una pulizia, nitidezza e corposità acustica davvero sorprendenti. La sintesi è, infatti, piuttosto sofisticata e “limata”, al punto da gratificare con un sound abbastanza “soft”. Particolarmente adeguate e suggestive risultano le musiche degli acts 1, 2, 4 e 5, senza nulla togliere agli altri brani (su tutti spicca il trascinante tema della schermata dei titoli) e agli efficaci jingles. Lo stile è epico, eroico e drammatico nei brani durante gli acts, quanto incalzante e adrenalinico al punto giusto al cospetto dei boss di fine livello. La soundtrack è, dunque, assolutamente impeccabile e degna di un titolo di levatura molto superiore.
Gli effetti sonori, ugualmente frutto di efficaci sintesi, sono all’altezza della situazione, in quanto adeguatamente incisivi e, in alcuni casi, sufficientemente fragorosi.
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