Devo ammettere che nell’andare a scrivere queste righe mi trovo in seria difficoltà. Prima di tutto perché sono un grandissimo estimatore dell’opera originale da cui questo videogioco è tratto, e secondariamente perché si tratta di uno dei primissimi titoli che ebbi modo di provare sul Dreamcast (una delle mie console preferite in assoluto). Alla luce di tutto questo capirete che non mi riesce affatto facile mantenere quel tono distaccato che una recensione per sua stessa natura richiede. Nel limite delle mie capacità cercherò comunque di non farmi condizionare più di tanto da questa mia forte simpatia, cercando di mantenere uno sguardo il più obiettivo possibile.
Per quanti non lo sapessero diciamo subito che “Berserk”, nato originariamente come manga partorito dalla geniale matita di Kentaro Miura, narra le vicende di un oscuro cavaliere di nome “Gatsu”, portatore di un simbolo maledetto che lo costringe a combattere senza tregua contro orde di entità demoniache che vedono in lui niente più di un’offerta sacrificale. Oltre a cercare di mantenersi in vita il nostro eroe è anche alla disperata ricerca di “Grifis”, un suo ex amico e compagno d'armi responsabile non solo della già citata maledizione, ma anche della morte di tutti i suoi più cari amici. Per portare a termine una simile missione Gatsu potrà fare affidamento sia sulla sua incredibile “ammazzadraghi”, ossia uno spadone dalle spropositate dimensioni che solo lui è in grado di maneggiare, che su svariate armi secondarie “montate” sul suo corpo deturpato da mille battaglie; come ad esempio un piccolo cannone inserito in un rudimentale braccio artificiale.
I punti di forza del fumetto sono sicuramente le forti tematiche filosofiche/esistenzialiste magistralmente trattate nel corso della storia, la fedele ricostruzione delle atmosfere e delle ambientazioni medievali, nonché la crudezza di alcune tavole, in cui non mancano scene al limite dello “splatter” affiancate ad altre dal forte impatto erotico.
Questa trasposizione per Dreamcast dell'opera di Miura si presenta come il classico gioco d’azione in stile hack & slash, in cui nei panni dell’oscuro cavaliere dovremo farci largo fra orde di nemici più o meno umani, per giungere infine all’inevitabile faccia a faccia con il boss di fine livello.
I controlli risultano abbastanza semplici ed immediati e non richiederanno un tempo eccessivamente lungo per essere assimilati: Dei quattro tasti frontali due saranno adibiti all’utilizzo della nostra spadona, uno al salto e il restante a parare o schivare i colpi avversari. Con la pressione del tasto dorsale sinistro potremo invece rinfoderare la spada, passando così alla modalità corpo a corpo. La quale si rivela abbastanza inutile, fatta eccezione per quegli sparuti frangenti in cui il ristretto spazio di manovra non ci consentirà di utilizzare il nostro gigantesco ferro. La pressione del dorsale destro attiverà infine le armi secondarie, che sono nell'ordine: Il già menzionato cannone, dei coltelli da lancio, delle piccole bombe esplosive e l’immancabile pozione guaritrice. Sotto la classica barra dell’energia troveremo inoltre un secondo indicatore, che si riempirà ogniqualvolta infliggeremo o subiremo dei danni. Una volta completato il nostro personaggio entrerà automaticamente in modalità berserk, che incrementerà per un periodo limitato le nostre capacità offensive.
Il discreto repertorio di mosse che è possibile realizzare con un siffatto sistema, unito ad un level design decisamente inspirato, ed il cui sfruttamento risulta strategicamente fondamentale per avere la meglio sulle orde di nemici che ci sbarreranno il cammino, contribuiscono non poco a rendere il gioco abbastanza vario e mai noioso, nonostante la sua struttura volutamente retrò e perciò carente dal punto di vista della varietà. Lo schema che si ripete fino alla fine dell’avventura ricalca infatti quello dei classici picchiaduro a scorrimento tanto in voga nei primissimi anni novanta, e a cui SOTB rende egregiamente omaggio. Le variazioni sul tema si contano sulla dita di una mano, come ad esempio l’inserimento di alcuni intermezzi in tempo reale, in cui ci verrà chiesto di premere con prontezza un determinato tasto (esattamente come accadeva in Shenmue se sapete di cosa sto parlando), pena la perdita di parte della nostra life-bar o, peggio ancora, l’arrivo di un maggior numero di nemici.
Particolare attenzione è stata posta nella stesura della storia, per la quale è stato scomodato nientedimeno che l’autore in persona. Le vicende qui narrate sono infatti del tutto inedite, e rappresentano perciò un motivo in più per far avvicinare a questo gioco i numerosissimi fan del fumetto. La trama viene spiegata con l’ausilio di numerose scene di intermezzo che sfruttano lo stesso engine 3D utilizzato nelle sezioni di combattimento. Le quali risultano forse un po’ troppo lunghe ed invadenti, ma che possono comunque essere saltate con la semplice pressione di un tasto. Altra pecca è sicuramente rappresentata dalla mancanza dei sottotitoli in italiano per le suddette scene, cosa che rende la comprensione dei dialoghi assai ostica per chi non possiede un’ottima conoscenza dell’inglese parlato.
La realizzazione tecnica si attesta su livelli più che buoni, soprattutto se paragonata alle altre produzioni dell’epoca. Il numero non esorbitante di poligoni viene abilmente mascherato con l’utilizzo di textures di ottima fattura e, come da prassi per un gioco Dreamcast, il tutto finisce con l’assumere un aspetto molto solido e pulito, senza sfarfallamenti o sparizioni di sorta.
Come era lecito aspettarsi SOTB non lesina certo sulla quantità di sangue digitale che il nostro eroe sarà in grado di spargere. Ogni colpo inflitto farà infatti zampillare grossi fiotti di liquido rosso dai corpi dei nostri avversari, che, se finiti con apposite mosse, finiranno smembrati per la gioia dei nostri occhi.
Il comparto audio svolge invece onestamente il proprio lavoro, con degli effetti sonori nella media accompagnati da alcune orchestrazioni di sottofondo. Probabilmente il gioco avrebbe meritato una colonna sonora decisamente più ritmata, in modo da risultare maggiormente in sintonia con la carneficina virtuale di cui Gatsu si rende artefice; ma in questo caso si tratta veramente di un particolare facilmente trascurabile. La vera pecca di SOTB risiede però nella longevità, in quanto la storia non richiederà molto tempo per essere portata a termine e, fatta eccezione per alcuni extra da sbloccare, non esiste alcun vero incentivo per rigiocare il tutto. Nonostante questi difetti più o meno gravi ci troviamo comunque al cospetto di gran bel gioco, caratterizzato da un’azione frenetica e una storia affascinante, ma soprattutto da una giocabilità che a tratti ricorda molto il mitico Golden Axe.
Sword of the Berserk: Gut's Rage - Dreamcast
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- Pubblicato: 20-02-2008, 22:14
- 5 commenti
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Sword of the Berserk: Gut's Rage
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#1Ospite ha commentato20-08-2010, 01:15Modifica di un commentoquoto la review..magari un pò più lungo e con un maggior calibro di difficoltà, adesso ne parleremo come di un piccolo gioiellino per DC..ma per i fan del guerriero nero è manna discesa dal cielo
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aspetto una recensione su la versione per ps2 sempre di berserk
Ps , sapete se esiste una traduzione per il gioco ps2 ?
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Originariamente inviato da Dextheraspetto una recensione su la versione per ps2 sempre di berserk
Ps , sapete se esiste una traduzione per il gioco ps2 ?
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calcola amico mio, che quel gioco riesce a destabilizare quel gioco del dreamcast e rendere l'esperienza ancora più dura.
E poi li Guts acquisisce una certa armatura ... D:
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Originariamente inviato da Dexthercalcola amico mio, che quel gioco riesce a destabilizare quel gioco del dreamcast e rendere l'esperienza ancora più dura.
E poi li Guts acquisisce una certa armatura ... D:
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