Fortunatamente la fortissima somiglianza con Virtua Cop finisce col riflettersi anche sulla giocabilità del titolo, il quale eredità in pieno le consolidate meccaniche della sua pregevole fonte d’ispirazione. La relativa semplicità di quest’ultime (in fondo sempre di un tiro al bersaglio si tratta) viene infatti magistralmente superata grazie all’ottima varietà delle situazioni di gioco e alla loro più che ponderata alternanza. Precisione, velocità e riflessi del giocatore verranno di volta in volta messi alla prova e stimolati in maniera differente, dando così il via ad una vera e propria giostra capace di mantenere sempre vivo l’interesse per il titolo.
Come tutti i giochi dello stesso genere, anche Confidential Mission trova la sua più grande limitazione nella longevità. I tre scenari e i quattro livelli di difficoltà proposti saranno sicuramente in grado di tenere impegnato il giocatore per un buon numero di ore, terminate le quali, però, difficilmente si proverà la voglia di inserire nuovamente il GD-Rom all’interno della nostra amata Dreamcast. A poco serve in tal senso l’aggiunta in questa versione casalinga della modalità denominata “Agent Academy”, la quale ci permetterà di affrontare una serie di sfide all’interno di un apposito poligono di tiro. Carente sia sotto il profilo tecnico che delle meccaniche, tale sezione non riesce infatti ad acquisire una propria dignità ludica, finendo col rappresentare al massimo un blando diversivo dalla modalità principale. Logicamente quanto detto finora assume tutto un altro significato nel caso in cui si disponga di una seconda pistola e di un amico con il quale condividere l’esperienza. Condizione che, come al solito, sarà in grado di dare a questo genere di gioco una vera e propria marcia in più.
Nonostante l’ennesimo “porting” da sala praticamente privo di compromessi, il titolo Hitmaker risulta incapace di lasciare il segno sotto il profilo tecnico. La qualità delle tessiture e dei modelli poligonali risulta infatti inferiore sotto tutti gli aspetti allo splendido “The House of the Dead 2”, pubblicato sempre dalla Sega la bellezza di due anni prima. Un comparto audio totalmente nella media ed un lato artistico cronicamente privo di originalità ed ispirazione chiudono infine il cerchio su di un titolo le cui uniche qualità in tale settore risiedono essenzialmente in pulizia e solidità dell’engine.
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