Nonostante il freddo, la pioggia e la sporcizia, sull'asfalto sono riversati i corpi di persone vive, ma solo fisiologicamente. L'anima è svuotata, la volontà annichilita da un sangue macchiato dal “juice”, una droga importata dai Boryokudan, l'associazione di malviventi locale, curiosamente denominata con un sinonimo di Yakuza.
Cosa ci fa Azriel Odin su Barracus? Insegue quel briciolo di umanità che gli resta, sopravvissuta ad un passato da criminale che cerca di redimere nella sua carriera come poliziotto, forse. Ma non è sua abitudine lavorare su Barracus, no. E' qui per suo fratello che non vede da... bah, troppo tempo. Qui vive Matthius, un fidato compagno di guerra che lo scorterà fino al punto d'incontro, dopodiché la nave stellare guidata da Kane uscirà dalla sua mimetizzazione per estrarli ed abbandonare l'atmosfera di questo nauseabondo pianeta.
In un posto remoto, in chissà quale recondito anfratto della galassia, si consuma un'altra storia di morte. E' quella di Charlie, come lo chiamano i suoi compagni di sventura, o di Delta-Six secondo la maniera di apostrofarlo dell'autoritario direttore della struttura che lo accoglie. Sembra una prigione, lo chiamano “centro di riabilitazione”, ma Charlie non ritiene che ci sia una grossa differenza. O almeno lo suppone: di sicuro i letti sono scomodi e il cibo fa schifo, ma lui non se li ricorda un giaciglio comodo e un pasto saporito. Eppure è consapevole di cosa siano. In realtà, Charlie non ricorda nulla, sa e basta. E' morto una volta, anzi due, suggeriscono i suoi amici, però non perché qualcuno gli abbia sparato in fronte, ma a causa di un reset del cervello ripetuto appunto due volte.
Cancellare la memoria è utile. Lo dice il direttore, un uomo potente e senz'altro di grande acume, che costringe Charlie ad una vita da automa, ma al cui destino è assai legato, e, nonostante lo tratti alla stregua di un burattino, ostenta premura. Il suo Delta-Six è stato cattivo nella vita precedente, chissà come mai. Adesso è ora di ripartire e questo centro di riabilitazione gli garantirà un'esistenza migliore, più utile: a Delta-Six saranno insegnate le arti delle pistole, l'ubbidienza, l'ordine, chissà a quali scopi, tuttavia.
Azriel e Charlie si muovono dove indicato dalla freccia del mouse, rispettando in pieno la tradizione classica delle avventure grafiche. Altre azioni possono essere richiamate col tasto destro della periferica, ed oltre ai classici usa/guarda/parla troviamo anche un'icona raffigurante un piede che può tornare utile per scalciare qualcosa o salire su un appoggio. In basso, compare l'immancabile inventario.
Dicevamo che in Gemini Rue si muore, evenienza che può arrivare in circostanze più scontate di una cancellazione della memoria. Il gameplay prevede infatti degli scontri a fuoco, quasi eretici per un'avventura, a meno che non si tenga presente un importante riferimento di questo prodotto: Blade Runner della Westwood. In aggiunta alle strade umide ed al distopico futuro nel quale ci aggireremo, con esso qui viene condivisa anche questa piccola componente action, che fuga le perplessità iniziali con un'implementazione intelligente ed un peso nelle dinamiche complessive assolutamente marginale. Le sparatorie si contano sulle dita delle mani, e quelle poche che dovremo affrontare ci stanno dannatamente bene. Impartiremo i comandi tramite tastiera, come ai bei vecchi tempi del DOS, ma bisognerà solo usare saggiamente la copertura, sporgersi e colpire al momento opportuno, quindi nessuno stress eccessivo per i nostri riflessi, solo un'abbondante dose di coinvolgimento in più. L'input da tastiera torna protagonista anche qualora dovessimo spostare delle casse, ma sempre all'insegna dell'accessibilità per tutti, con istruzioni sull'uso costantemente a video.
Tecnicamente, Gemini Rue si fonda sull'Adventure Game Studio, un engine pensato appositamente per la realizzazione di punta-e-clicca, lo stesso del celebre 5 Days a Stranger. La grafica è sapientemente disegnata in un'old-fashioned 320x200 a 256 colori, che ricrea la modalità video principale delle avventure di inizio anni Novanta che ostentavano un prestigioso supporto allo standard VGA. Ciò significa che alla nostra immaginazione è concesso di nuovo qualche guizzo: le anime di questa vicenda non godono di un volto ben definito e sarà la nostra fantasia a disegnarne i tratti mancanti, le espressioni. Si ritorna ad assaporare il gusto del pixel puro, incastonato fra due sfumature vicine e non identiche, si riflette su quanto poliedrico sia il concetto di dettaglio e bellezza.
Un plauso va al doppiaggio, di livello professionale. I personaggi da interpretare sono certo pochi, ma la recitazione delle voci è impeccabile, dal tono disilluso di Azriel a quello perplesso e trasparente di Charlie, fino al determinato e spesso accalorato direttore. Il tutto su una soundtrack che permea la sceneggiatura con discrezione, sottolineando alcuni scenari con una sintesi che riprende le sonorità che Vangelis aveva lasciato nello stesso Blade Runner, con alcuni picchi di eccellenza.
Ma Gemini Rue non tratta di androidi, al massimo di pupazzi, o di cosa impedisca agli uomini di divenire tali. In un contesto afflitto solo da limiti di sviluppo che hanno costretto le vicende ad un misero pugno di locazioni, prende vita il mistero della coscienza umana. La sfida degli studiosi alla psiche, che nel caso-limite di Delta-Six sembra avere la meglio, un individuo che senza saperne il perché conserva l'intuizione del giusto e rifiuta la rassegnazione anche dopo un doppio lavaggio del cervello. Le memorie vengono violentate, i ricordi estirpati ed archiviati in una fredda banca-dati al centro della galassia, ma l'anima può essere domata?
In Gemini Rue FORSE si muore. I ricordi possono farlo e qui sono addirittura spacciati. Ma possiamo rimanere persone anche quando il nostro passato viene ucciso? Chi perde la memoria sa ancora camminare, nuotare, accendere la TV, mostrarsi gentile o aggressivo. Potrebbero essere le esperienze a definire quello che siamo, ad incidere una personalità che evidentemente non risiede nella memoria. Perché quando puntiamo una pistola contro colui che custodisce i segreti di quel che eravamo, sappiamo ciò che è giusto fare. Con o senza un passato.
Gianluca "musehead" Santilio