La storia vede Kate Walker, giovane avvocatessa di New York, incaricata dallo studio legale presso cui lavora, di formalizzare la cessione di una piccola fabbrica di automi in favore di una grossa azienda di giocattoli. Quando Kate arriva nel paesino di Valadilene, scopre che la proprietaria di tale fabbrica, Anna Voralberg, è da poco deceduta, ed ha un unico erede, il fratello Hans, un tipo ritenuto dai più “stupido”, creduto erroneamente morto da anni, e sarà costretta suo malgrado a viaggiare attraverso i luoghi che hanno visto il passaggio dell’uomo alla sua ricerca.
Durante queste peregrinazioni, Kate incontrerà personaggi assurdi e unici, che la avvicineranno al mondo di Hans, così distante e all’apparenza incomprensibile per lei, ambiziosa donna in carriera, e a poco a poco la sua indole apparentemente pragmatica vacillerà, riconoscendo nella figura di Hans una persona speciale, sempre in bilico tra stramberia e genialità, come le sue invenzioni, tutte rigorosamente dotate di un meccanismo a molla, tanto distante dalle tecnologie moderne.
E così le loro esistenze inizieranno ad intrecciarsi, in una sequela di avvenimenti che porteranno Kate a domandarsi quanto valga davvero la sua vita preimpostata, al cospetto di quella dell'uomo che da anni insegue il suo fanciullesco sogno: trovare un mammut.
Il titolo Microids è unico, dotato di una realizzazione “di classe”: evocativa la grafica, col tocco di Benoit Sokal a dipingere con soave maestria i paesaggi, vere e proprie cartoline (anzi, opere d’arte), idem il sonoro, che pur presentando una manciata di musiche, vive di un’emozionalità davvero superba, con una toccante soundtrack dal flavour malinconico che contribuisce in maniera determinante a ricreare quel clima di generale tristezza che accompagna la storia dei fratelli Voralberg; in tal senso, commoventi i flashback in cui viene raccontato il loro rapporto speciale sin dalla più tenera età. Il doppiaggio in italiano è credibile perchè realmente sentito, e le voci scelte azzeccatissime.
Amichevole l’interfaccia e discreti gli enigmi, piuttosto facili tranne uno degli ultimi, in cui si avrà a che fare con una macchina per creare cocktail che potrebbe generare qualche grattacapo.
La durata dell’avventura non è eccessiva, quasi che ad un certo punto, forse per problemi di tempistica, i programmatori abbiano interrotto bruscamente la storia e piazzato brutalmente il finale, rimandando il resto alla seconda parte.
La sensazione è tangibile specie perché la conclusione cronologicamente appare un po’ forzata, non l'ending in sé, scontato ma ugualmente da brividi, quanto il modo in cui avviene, che mortifica parzialmente tutta la preparazione fatta in precedenza. Quando il gioco, dopo un fisiologico momento di stallo, sta nuovamente per decollare, si scopre amaramente che in realtà si è giunti all'epilogo, lasciando un pizzico di amaro in bocca, benchè la sequenza finale addolcirà tale pillola.
Tuttavia nonostante la durata Syberia resta un capolavoro, certo non omogeneo, perché la primissima parte, in cui si vagherà per la malinconica Valadilene, è nettamente la migliore, mentre il prosieguo vive di alti (molti) e bassi (qualcuno), principalmente a causa della magnificenza del prologo che per reali mancanze.
Kate nel corso dell’avventura riceve continue chiamate da parte del capo, del fidanzato e della migliore amica che stenteranno a credere alle sue gesta (invero, la stessa protagonista è spesso allibita di fronte alle situazione in cui si imbatterà) con lo scopo di approfondire quella che è/era la sua vita, creando una sorta di parallelismo con la nuova realtà, mettendone al contempo in luce la vera indole della donna.
La giovane constaterà amaramente di avere un capo opportunista, capace di elogiarla o mortificarla in base al raggiungimento dei suoi scopi, un fidanzato pressante che forse non ama davvero, ed un’amica non propriamente leale, arrivando pian piano a staccarsi da una vita virtualmente perfetta che non era altro se non una prigione dorata, per seguire il sogno di quel folle e geniale vecchietto che evidentemente ha tanto da spartire con lei.
Kate, spogliatasi di tutti gli orpelli, scopre di avere ancora voglia di credere in qualcosa, anche se si tratta dell'utopia di un uomo ormai anziano che, in quanto tale, dovrebbe essere piuttosto disilluso.
Syberia è voglia di libertà, di evasione dai soliti schemi, andando oltre l’apparenza, perché la normalità non è quella che obbliga a vivere e ragionare come automi, secondo dettami prefissati, ma quella in cui ci si trova a proprio agio, in cui si può essere davvero sè stessi: per questo che Kate, alla ricerca di una sua dimensione, si unirà alla spedizione impossibile di Hans.
Syberia insegna a credere nei sogni, a porsi degli scopi e a guardare con occhi nuovi le persone per scoprire che ognuna, anche se insospettabile, ha a suo modo qualcosa da insegnare e da dare, che il mondo non è solo quello conosciuto, che il continuo progresso ha fatto perdere di vista ciò che conta davvero.
E, accecati da tutto questo, incapaci di vedere oltre il proprio naso, finanche disabituati a fantasticare, si può ricominciare aggrappandosi al sogno di qualcun’altro: poco tange che si tratti di quello di un vecchio misantropo, strambo e geniale allo stesso tempo, alla folle ricerca di un mammut... in fondo, l'importante è credere.
Questa recensione vuole essere il tardivo ma sentito omaggio di Retrogaminghistory alla più grande avventuriera di tutti i tempi. Mentre noi siamo qui infreddoliti a girovagare per le desolate ed innevate lande siberiane, tu da lassù ci guardi e ridi sorniona, perchè ormai hai trovato il tuo mammut. Ciao Aspide.
Giuseppe "Epikall" Di Lauro