Scratches è un'avventura grafica narrante le gesta di un novello Stephen King, tale Michael Arthate che, in crisi durante la stesura della seconda opera letteraria dopo l'exploit dell'esordio, deciderà di trascorrere del tempo nella più totale solitudine in una vecchia magione vittoriana, Blackwood Manor, per ritrovare l'ispirazione perduta. Proprio in quell'abitazione si è svolto in passato un efferato uxoricidio che ha coinvolto i precedenti proprietari, le cui dinamiche non sono state mai del tutto chiarite dalla polizia. Toccherà proprio a lui, durante i tre giorni di permanenza, svelare gli inquietanti retroscena del delitto.
Avrete già capito che la prima fatica dei Nucleosys è così infarcita di clichè che la metà basta ma questo non è per forza un male. Oggi di videogiochi horror ce ne sono a bizzeffe ma molti, in un'inutile e sciocca competizione, inseguono la chimera della complessità, per stupire e spiazzare a tutti i costi, perdendosi in plot ingarbugliati e cervellotici, finendo col disorientare il giocatore, succube degli eventi e non parte inegrante. Scratches invece è un toccasana perchè pur presentando un incipit classico, ammiccatamente prende per mano, adula con la sua semplicità iniziale, e via via incastra in un vortice da cui risulterà impossibile uscire, perchè troppo addentro e coinvolti emotivamente. E il tutto senza perdere di vista l'obiettivo principe del genere: spaventare.
Sin dai primi istanti in cui si metterà piede nella villa, quel suo malinconico grigiume, frutto degli anni di abbandono in cui ha versato, genererà un senso di opprimente solitudine, col giocatore che andrà alla ricerca di rimasugli di esistenze passate per uscire da tale sconforto psicologico. Ed è con questo spirito che si recupereranno dalla polvere alcuni diari, da un lato confortanti perchè memori di vite precedenti, dall'altro insinuanti, perchè subdolamente infiltreranno nella mente il tarlo del dubbio su cosa sia accaduto alla famiglia che ivi dimorava. In tal senso è davvero encomiabile che la storia sia di facile assimilazione ma allo stesso tempo intrigante e misteriosa da coinvolgere e tenere sulle spine per tutta la durata; i vari appunti non si riveleranno mai polpettoni indigesti ma scorrevoli e appassionanti che aggiungeranno, ad ogni lettura, un tassello in più ed incentiveranno la fame di scoperta, non placandola mai totalmente. Senza dimenticare che, essendo il buon Michael solo, saranno quasi assenti i dialoghi, tranne quando si telefonerà per chiedere aiuto in caso di bisogno (solitamente l'interlocutore sarà Jerry, il suo agente). Questo ovviamente non comporterà una velocizzazione del dipanarsi della trama, perchè data la natura del titolo il suo scorrere è lento, ma almeno non ne provocherà un eccessivo appesantimento. Ottima anche l'idea della latenza cronica di elettricità, che costringerà a girovagare tra le varie stanze in penombra e, nel caso di pellegrinazioni notturne, addirittura nella semi oscurità. Un ottimo espediente per dare un'ulteriore marcia in più alla già claustrofobica atmosfera.
Un punto a favore è rappresentato dalla realizzazione solo apparente minimale: non ci sono vagonate di poligoni su schermo ma, nel constatare il risultato finale, viene da chiedersi che senso avrebbe avuto investire budget più sostanziosi, se alla fine la grafica riesce nell'intento di restituire una sensazione di tridimensionalità pur senza esserlo davvero. Ogni locazione non è altro che un'immagine renderizzata ruotabile a proprio piacimento; il trucco è lo stesso visto nei fondali del primo Tekken su PSX e utilizzato anche in altre avventure, come Dracula o Necronomicon. A differenza di quest'ultimo (in cui è discutibile l'implementazione), gli ambienti qui non appaiono finti, per un dettaglio maggiormente curato con un plauso verso le tinte scelte, smorte e cupe come da copione, la minuziosa oggettistica attinente al periodo e la presenza di alcune chicche che rendono il tutto un pò meno statico (vedasi l'ottima resa di una tempesta, con tanto di lampi e scrosci di pioggia sulle finestre, per un effetto da brividi). Senza dimenticare che chi preferisce un approccio alla Myst (o meglio Darkfall, per restare in tema), può selezionare un'opzione che consente di esplorare i vari luoghi sottoforma di schermate fisse.
Ad andare di pari passo con una grafica lugubremente ispirata sono le musiche, dannatamente d'atmosfera, mai invasive (tranne quando occorre) e soffuse, con suadenti passaggi di piano e malinconici archi, oltre a qualche logica variazione sul tema. A completare l'eccellenza del comparto sonoro, ci pensano raccapriccianti FX e il solito doppiaggio italiano di livello professionale, con un ottimo abbinamento delle voci (specie pensando al timbro un tantino ridicolo propinato al protagonista nella versione originale).
L'interfaccia è di una semplicità disarmante e gli enigmi, altro elemento chiave per la riuscita di un'avventura, si basano principalmente sull'utilizzo degli oggetti raccolti, non disdegnano una manciata di puzzle, risultando intriganti, mai troppo ovvi e nemmeno eccessivamente astrusi, un paio forse risultano un pizzico macchinosi nella loro esplicazione ma nulla di cui lamentarsi, perchè generalmente coerenti e stimolanti, senza tralasciare la non assoluta rigidità cronologica nella risoluzione degli stessi.
Tuttavia, ciò che colpisce maggiormente, specie dopo aver assistito al finale (poco originale e con vari vuoti da colmare, insomma inizialmente persino deludente) è, facendo mente locale, il realizzare che alcuni particolari inizialmente trascurati, non sono messi lì per caso, ma fanno parte di un unico grande disegno e persino ciò che sembra fuori contesto o accessorio ha un perchè. Ovvio che alcune lacune rimarranno e spetterà alla deduzione del giocatore colmare tali buchi ma è anche questo che intriga, il non avere tutte le risposte e rimanere con quel pizzico di amaro in bocca il cui sapore si apprezza nel tempo, perchè rende una storia meno scontata e porta a rimuginarci sopra dopo la sua conclusione.
Per tutta la durata, si avrà sempre la spiacevole sensazione di non essere soli, accompagnati da spettrali mugugni e suoni sinistri, col male albergante a Blackwood Manor che si palesa tramite impercettibili segnali, facendo rimanere la mente del giocatore sempre in bilico tra ambigua suggestione e lucida follia e quando si crederà di aver trovato il bandolo della matassa ed essersi messi alle spalle l'intera vicenda, ecco che l'ending tutt'altro che consolatorio farà crollare tutte le flebili certezze fino a quel punto acquisite...
Menzione d'onore per alcuni momenti davvero speciali che inquietano non poco: la prima volta che si visiterà la cantina, pur sapendo che nulla dovrebbe accadere (sono i primi minuti di gioco), si avrà ugualmente la spiacevole sensazione che qualcosa si annidi nel buio e una ronzante ancorchè fastidiosa musica contribuirà a gettare il giocatore in una spirale crescente di angoscia al punto da non vedere l'ora di fuggire da quel luogo. Per tacere del salto che si farà sulla sedia durante la prima notte (in una sorta di incubo interattivo): da pelle d'oca. E tutto questo senza palesare nulla di eccessivo, come è da tradizione dei giochi di classe, quale Scratches è.
Quest'avventura, realizzata con poche risorse, può vantarsi di aver fatto un pò come Davide contro Golia, col gigante rappresentato dai costosissimi e iper pompati survival moderni che, sul piano delle sensazioni forti, non sempre reggono il paragone con l'avventura dei Nucleosys. Insomma, per gli appassionati c'è davvero di che gioire. Per tutti quelli che non apprezzano particolarmente il genere, bhè, forse è giunto il momento di cambiare idea. E ora scusate ma devo andare a controllare cos'è quello strano rumore proveniente dalla cantina...
Esiste di Scratches una patch sottotitolata "Director's Cut" che restituisce il gioco con una grafica migliore e soprattutto una nuova storia (un breve spin-off) che vede un giornalista approdare nella magione dei Blackwood per approfondire la triste e sfortunata storia del casato e il cui finale darà delle risposte ad alcuni omissis della vicenda originale. Purtroppo, essendo un prodotto nato per il mercato USA, necessita della versione americana ed è altresì da giocare in inglese. Al momento, non si hanno notizie circa una traduzione nel nostro idioma, peccato.