Il buon Gabriel è a Parigi, assoldato dal principe James di Scozia per vegliarne il primogenito di pochi mesi e scongiurare una sorta di maledizione che accompagna il suo casato, che ha portato alcuni membri a soffrire di una strana forma di anemia. Purtroppo, le cose non andranno per il verso giusto, il neonato verrà rapito e Gabriel, nel disperato tentativo di inseguire gli artefici di tale misfatto, i cosiddetti "visitatori notturni", si ritroverà suo malgrado a Rennes-Le-Chateau, città dedita al culto della Maddalena, foriera di mille misteri, e a soggiornare in un albergo del luogo insieme ad una comitiva turistica.
Inutile aggiungere altro per non svelare troppo della trama, che molti avranno già intuito riproporre gli stessi interrogativi esposti nel libro "Holy Blood, Holy Grail" ben prima che lo stesso venisse saccheggiato da Dan Brown per il suo best seller "Il codice Da Vinci" (piccola parentesi: un plauso a Jane Jansen per aver scelto tale vicenda, ovviamente mescolata con altre, intuendone, in tempi non sospetti, le immense potenzialità; ma la scrittrice, se sperava di fare soldi, ha probabilmente scelto il media sbagliato per proporre la sua storia...). Ciononostante, il terzo e, purtroppo ultimo episodio della serie di GK è l'unico da consigliare con qualche riserbo, pur essendo un capolavoro alla stregua dei precedenti, forse addirittura IL capolavoro dell'intera saga.
Paradossalmente, pur essendo l'ultimo in ordine cronologico e tecnicamente il più avveniristico dei tre, è altresì quello invecchiato peggio. La sua grafica poligonale oggi appare scarna nelle texture, povera di dettagli, spigolosa, a tratti addirittura ridicola, esplicativi i rozzi volti dei personaggi. Il 3D è ormai il media per eccellenza e tale tecnologia ha fatto passi da gigante: già in pochi mesi, le differenze tra un prodotto ed un altro sono notevoli, si pensi alla data dell'uscita di GK3 e i conti son presto fatti. La concorrenza è tanto agguerrita quanto impietosa nei suoi confronti e questo farà storcere il naso a molti. Ma quelli in grado di aggirare tale ostacolo visivo si renderanno conto di quanto questa avventura abbia da insegnare a quegli stessi titoli che esteticamente la ridicolizzano.
Perchè qui la grafica tridimensionale fa si che l'esperienza muti radicalmente e al giocatore venga restituita una sensazione nuova: l'esplorazione dei luoghi sembra reale, l'idea di esserci, di trovarsi lì insieme agli altri personaggi è concreta, l'impressione che ognuno di essi segua un suo percorso, quasi dotato di vita propria, restituisce la convinzione che finanche Gabriel stia vivendo la propria. In più di un'occasione si dimenticherà di stare seguendo un plot che abbisogna di determinate azioni per passare al successivo blocco temporale. Ci si ritroverà a girovagare, così, per il semplice gusto di farlo, solo per assaporare e respirare la magia di quei luoghi intrisi di mistero. Gli incontri, le scoperte, sembreranno realmente casuali, nonostante siano organizzate ad arte.
E, nei limiti del genere, ci si sentirà liberi da ogni vincolo, potendo girovagare per il paese, analizzare dipinti, visitare musei, addirittura pedinare i sospetti che, nel frattempo, seguiranno un loro iter. Questa apparente libertà d'azione ha portato ad un sistema di controllo piuttosto inusuale, che sfrutta in modo combinato mouse e tastiera, scomodo per un'avventura ma pensato per consentire al giocatore di analizzare in toto lo scenario, permettendogli davvero di ispezionare ogni angolo.
Questa è un'avventura senza compromessi, che non cede una virgola alla fruibilità, tagliando fuori buona parte dei videogiocatori novelli anche negli enigmi, davvero difficili. Non che non si possa godere del gioco, solo che ad un certo punto ci si imbatterà nel "Serpente Rosso" e saranno dolori. Perchè bisognerà analizzare tutto, anche le virgole, di quanto appreso fino ad allora, meditare su certi indizi, combinare figure geometriche che celano messaggi in codice, fare ricerche su parole chiave che nel corso del gioco vengono apparentemente buttate lì.
La vera innovazione di GK3, oltre alla grafica, è l'implementazione di Sydney, una sorta di sistema, di banca dati che consente a Gabriel e Grace di effettuare ricerche per ottenere nuove, preziose informazioni, altrimenti celate dal titolo che si limita a formire input che starà al gioatore approfondire.
Risolvere il Serpente Rosso vorrà dire ingegnarsi. Non basterà semplicemente tentare a casaccio, certi che, dopo anche parecchi tentativi, la soluzione arriverà, come accade banalmente in molte altre avventure. Bisognerà agire di logica, magari tentando più soluzioni ma comunque avendo in mente una tattica, una chiave di lettura. Altrimenti tanto vale abbandonare l'idea non solo di terminarlo, ma anche di ottenere il più piccolo progresso. Frustrante, arduo ma anche maledettamente intrigante, poichè ogni tassello che va a completarsi è una vittoria sudata, voluta e mai casuale, quindi ancora più appagante. Ma non si farà in tempo a gioirne che, proprio quando le difficoltà sembreranno superate, ci si ritroverà punto e a capo, con un altro rebus apparentemente inesplicabile. E a poco serve il tasto di help che, nella schermata della mappa, mostrerà le locazioni in cui manca qualcosa, oppure un indizio su come proseguire, perchè è solo un suggerimento, il resto toccherà al giocatore.
Nell'implementazione del 3D, c’è un pò di cattiveria gratuita da parte degli sviluppatori, soprattutto perché alcune locazioni devono essere spulciate in ogni minimo dettaglio per trovare un minuscolo indizio, problematica che comporterà un pò di noia nell'ispezionarle (alcune sono davvero vaste ed è possibile davvero percorrerle in lungo e in largo). Da segnalare inoltre l’assenza, o quasi, della componente horror, nonostante alcuni temi lo siano in parte. In realtà, la serie di GK si è sempre distinta per un'ansia emotiva più che per una effettivamente palesata (anche se i primi due qualcosina di raccapricciante mostravano), ma la vicenda è così intrigante e misteriosa che la tensione rimane sempre alta, soprattutto perchè i PNG sono implementati alla perfezione e il sospetto cadrà su tutti, anche tra coloro apparentemente estranei.
Si potrebbe parlare di una sorta di giallo interattivo, ma le sequenze da brividi, di quelle che generano disagio e inquietudine, non mancano. Della storia come già accennato meglio non svelare nulla in quanto, pur essendo contaminata da altre vicende nel più classico stile della poliedrica autrice, è talmente famosa che in molti la conosceranno già e per quei pochi che ancora la ignorano, sarebbe un peccato anche un semplice cenno perchè è terribilmente intrigante (oltre che realmente sconvolgente) e merita di essere scoperta in prima persona, tra l’altro la Jansen l'ha infarcita con risvolti originali da spiazzare anche chi crede di conoscerla a menadito.
Lo strepitoso doppiaggio in italiano (menzione d'onore per la voce di Gabriel che, all'inizio, potrà apparire troppo caratterizzata e calcata, salvo poi diventare quasi ipnotica) e le stupende musiche d'atmosfera (suadenti e meditati passaggi di piano e archi, roba di classe) completano il quadro positivo.