Una Westwood col fiato corto cerca di rigenerarsi tecnicamente e ludicamente, ma una volta ancora il punto di partenza è il passato.
Il romanzo dei vermi
La popolarità di Dune fra i lettori di queste pagine passa in buona parte dai videogiochi, ma tutto quanto riguarda questa saga deriva dal romanzo omonimo di Frank Herbert, pubblicato nel 1965 e onorato da numerosi riconoscimenti. Lo scrittore ci trasporta ventimila anni nel futuro, in un'epoca in cui l'uomo ha raggiunto un'evoluzione spaventosa, un'era nella quale risulta futile persino l'uso dei computer. Uomini e donne acquisiscono poteri mentali ed una cerchia di quest'ultime appartiene alle sorelle Bene Gesserit, ordine posto a tutela della razza umana, capaci di influenzare la volontà altrui tramite l'utilizzo del dono paranormale che chiamano”Voce”. Esse godono di un potere politico immenso, ma la loro grandezza deriva da una sostanza chiamata “Spezia”, esistente su un unico pianeta nell'universo intero: Arrakis. Controllare la Spezia significa controllare tutto e sono molte le mani che cercano di impadronirsi del territorio. L'impresa non è delle più semplici sia per la tenacia dei rivali che per l'indomabilità di questo pianeta, popolato non solo da combattivi indigeni, ma soprattutto da vermi colossali, figure mistiche ed enigmatiche che si cibano della stessa Spezia, fenomeni della natura di ambigua ostilità. Nei sei episodi letterari della saga, Herbert ha sempre voluto porre l'accento sui temi ecologici e sociologici del suo futuro ipotetico, cercando di approfittare del vantaggio che il genere della fantascienza offre in termini di creatività per suggerire riflessioni sulle azione della razza umana.
Un'eredità poliedrica
Dune ha oltrepassato il confine dei romanzi in più occasioni: al cinema lo abbiamo visto in un controverso riadattamento di David Lynch, in tv con due miniserie e tra i videogiochi con ben cinque prodotti. Il primo Dune fu programmato per Amiga e PC nel 1992 dalla Cryo e si impose all'attenzione del pubblico per un gameplay tutto particolare, metà avventura in prima persona metà strategico gestionale. Oltre a dialogare con i vari personaggi della sceneggiatura ed esplorare nuove locazioni, infatti, era fondamentale gestire i propri uomini dividendoli tra produzione di spezia, fertilizzazione del terreno e conquista del territorio. Un ibrido dall'accesa inclinazione cinematografica, frutto della derivazione non dal romanzo ma direttamente dalla pellicola di Lynch che magnificamente si sposava con l'opulenta rappresentazione audiovisiva messa in atto dallo sviluppatore francese. Il titolo fu poi pubblicato e distribuito dalla Virgin, la quale affidò quasi contemporaneamente ai talentuosi Westwood Studios il compito di realizzare un titolo strategico basato sullo stesso universo. Fu un punto di svolta per la saga, in quanto il team di Las Vegas realizzò quello che potremmo definire il più influente strategico in tempo reale della storia. Fino ad allora, infatti, il giocatore era abituato ai turni, alle mappe tassellate con esagoni, alle unità poco o per niente animate. Dune II ebbe lo straordinario merito di rendere semplici ed intuitive quelle meccaniche, di velocizzare le partite e di decorarle con un aspetto non più austero. Da quel giorno i nomi di Dune e Westwood viaggiarono insieme fino allo scioglimento dello studio americano. Nel 1998, i tempi parvero maturi per un remake fatto di alta risoluzione, colori in abbondanza e scene d'intermezzo con veri attori, ma Dune 2000 non riuscì ad impressionare. Qualche tempo dopo, la Cryo si rituffò in questo universo accaparrandosi i diritti per il videogioco sulla miniserie televisiva basata sul romanzo di Herbert, purtroppo tirandone fuori uno stealth/action game sbilenco ed approssimativo che testimoniava appieno le difficoltà societarie e creative dei francesi.
Rilancio da nuovo millennio
Neanche la Westwood era in condizioni lusinghiere: alcuni progetti, osannati dalla critica come Blade Runner oppure non impeccabili come Lands of Lore 3, avevano vissuto uno sviluppo molto costoso e travagliato, al punto da non restituire un ritorno economico adeguato alle aspettative. Gli strategici rimanevano il vanto della Westwood, ma insorgevano le prime ingerenze verso l'impostazione grafica bidimensionale mantenuta dai vari Command&Conquer, Red Alert o il già citato Dune 2000. Il nuovo millennio aveva fame di poligoni e non si poteva prescindere da una grafica tridimensionale anche per i nuovi prodotti di questa categoria. Fu così che prese forma il W3D Engine, motore di grande flessibilità, tale da poter essere impiegato anche nel futuro fps Renegade. Il suo primo utilizzo, però, fu proprio per la terza incarnazione del Dune rts, intitolato Emperor: Battle for Dune. Finalmente si cominciò a sentire il profumo del salto generazionale, nonostante questo upgrade grafico avesse significato l'esclusione di tutto il pubblico privo di una configurazione di livello medio-alto per il proprio PC. La veste completamente tridimensionale, pur non vantando acuti di qualità, garantiva un impatto notevole ed anche oggi, a distanza di molti anni, si distingue per un look pulito, per l'efficienza del design e delle animazioni. Vessillo di casa Westwood sono sempre state anche le sequenze d'intermezzo filmate in presa diretta, che qui si mostrano in ottima risoluzione e con attori professionisti in gran parte mantenuti dal precedente Dune 2000. Assolutamente da sottolineare l'accompagnamento sonoro: lo storico compositore del team, Frank Klepacki, si è occupato della colonna sonora delle missioni per la campagna della Casa Atreides, ma alla Westwood ingaggiarono due ulteriori musicisti per la campagna Harkonnen ed Ordos, in modo da offrire differenze tangibili a partire dall'impatto sensoriale.
Il teatro del deserto
Il gioco inizia con la scelta della casata d'appartenenza: gli Atreides appaiono quali i classici paladini della giustizia, gli Harkonnen i soliti cattivi e gli Ordos come una fazione alternativa particolarmente infida, a dire il vero poco carismatica, tra l'altro del tutto assente in qualsiasi episodio letterario di Dune. Dopo questa selezione iniziale passeremo alla schermata raffigurante le varie regioni del pianeta: si tratta di singole mappe che possono essere affrontate a nostro piacimento, proprio come accadeva in Dune II. Inizialmente, ogni fazione controllerà un eguale numero di “caselle”, dopodichè a turno sceglierà uno scenario da invadere, ognuno con i propri obiettivi. Quando un avversario tenterà di conquistare una nostra regione potremo decidere se difenderci o meno, magari concentrandoci sulle posizioni maggiormente strategiche. Interessante la possibilità di ricevere obiettivi speciali al termine di alcune missioni, come la riscossione di prigionieri o personaggi chiave in ambienti chiusi: si passerà ad un'inquadratura molto ravvicinata di un nostro commando, con tanto di nemici ed ambientazioni progettate ad hoc. Qualcosa del genere lo si era visto nel vecchio 7th Legion, seppur con scarsa efficacia. Il trait d'union di ogni missione sarà eternamente il paesaggio desertico di Arrakis: in esso potremo distinguere degli altipiani rocciosi nei quali ci risulterà possibile disporre la nostra base, con tutti gli edifici che potremo successivamente costruire; vi è poi un'abbondante porzione completamente desertica dove non potremo fare altro che transitare, facendo molta attenzione anche al passaggio dei vermi, i quali si placheranno solamente dopo aver inghiottito una nostra unità meccanica, ed alle tempeste di sabbia; infine, fondamentali saranno i giacimenti di spezia, nei quali dirigere le nostre mietitrici per guadagnare il necessario per munirci di nuove strutture ed unità. Le varie mappe potranno ospitare delle razze ulteriori a quelle selezionabili ad inizio partita, come i Fremen, i Sardaukar o Tleilaxu, ognuna con le proprie peculiarità, con le quali potremo talvolta allearci per poi disporre dei loro soldati al nostro fianco.
Troppo Westwood
Seppur coadiuvata dal prezioso apporto del team Intelligent Games, l'impronta classica dei Westwood Studios è ancora evidentissima. Bizzarro assistere a quanto complicato sia risultato ad uno sviluppatore capace di riscrivere da zero le regole del genere degli strategici il passaggio ad un più avanzato step evolutivo. Lento il passaggio alla tridimensionalità, lentissimo l'aggiornamento delle meccaniche: il cuore di Emperor è solo un piccolo passo in avanti. Talmente piccolo che è toccato alla Westwood sottolineare i progressi sull'intelligenza artificiale, soffermandosi su come i nemici pianifichino le proprie mosse solo in base alla porzione di mappa che essi conoscono. Per tutto quanto il resto, Emperor soffre il “modello Dune II”, una sindrome tipica dei figli d'arte, un destino quasi ineluttabile per chi ha il dovere di migliorare meccaniche elevatesi a storia. Ogni dettaglio, però, è maledettamente al suo posto, proprio dove ce lo saremmo aspettati, rimasto esattamente dove lo avevamo lasciato appunto in Dune II, Command&Conquer, Red Alert e nella folta schiera di figliastri. Sindrome tipica, dicevamo, e quindi anche un po' attesa e, forse, comprensibile, ma le colpe dei programmatori non mancano in quanto le imperfezioni risaltano fin troppo laddove hanno provato ad inserire qualche innovazione: basti pensare alla necessità di invadere un territorio a partire da un manipolo di uomini ed il necessario per mettere in piedi una postazione; in caso di ruolo difensivo, ci basterà individuare in fretta la locazione del nemico per spazzarlo entro una manciata di minuti. Le stesse missioni al chiuso non sono nulla di trascendentale, rimanendo un piacevole diversivo fin troppo superficiale.
Tempesta di sabbia
Emperor fallisce nel tentativo di sorprendere. Se nel mercato contemporaneo potremmo individuare nella tradizionalità di una produzione un motivo in più per avvicinarsi alle masse (e strizzare l'occhio al retrogaming), nel contesto di pubblicazione di questo titolo il mercato era assetato di nuovo, completamente proiettato verso le nuove ed interessanti alternative concesse da una tecnologia PC ancora in forte espansione. Lo strategico in tempo reale ormai arruolava nelle prime fila nomi come Age of Empires, Shogun o Ground Control, tutti più lesti ad interpretare la corrente di freschezza che da qualche tempo cominciava a soffiare sul genere, che ha finito col travolgere e seppellire, agli occhi degli appassionati e della storia, questa produzione.
Emperor rimane ancorato alla sua storia, celando con poco successo, servendosi di poligoni e super filmati, l'odore di stantio che porta con sé. Paradossalmente, ciò che di meglio ha da offrire è quanto rimane più aderente al modello originale, dalla discrezione dell'interpretazione tridimensionale della serie alla mappa “a turni”, soprattutto considerando con quanta poca convinzione siano stati mossi i passi verso direzioni nuove. Ma per i nostalgici potrebbe non essere un problema.
Emperor: Battle for Dune
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- Pubblicato: 09-08-2009, 16:25
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