Il più grande cataclisma dell’intera storia del videogioco non fu la crisi del 1983, ma DOOM!
Che alla id Software ci lavorassero dei geni già si era capito, ma che quella gente fosse capace di partorire un opera d’arte di simili proporzioni non si poteva sospettare. DOOM è storia, DOOM è IL first person shooter.
Nuovi termini di paragone furono stabiliti da questo gioco: innanzitutto la grafica, in quanto per la prima volta ci viene offerto un mondo tridimensionale (anche se ottenuto con uno stratagemma, per quanto geniale) interamente texturizzato ad una fluidità impensabile, con elevatissimo dettaglio e una personalissima e azzeccatissima atmosfera a metà tra il fantasy e il cybernetico; poi la giocabilità, a livelli mai visti su PC per un gioco d’azione, con un ritmo frenetico, mozzafiato, irresistibile; infine, signori, la violenza, anzi, l’ultraviolenza!!!! In un mondo in cui si saltava sulle piattaforme con Sonic e ci si scandalizzava per la violenza di giochi come Street Fighter 2, DOOM ci permetteva di imbracciare una motosega e andare in giro per i livelli mutilando umani e mostri, in cimiteri di croci rovesciate e fiumi di sangue che scorrevano sotto i nostri piedi. Fu uno shock, lo fu per tutti. Era così sconvolgente che non si capiva se esserne spaventati o attratti. Era spaventosamente attraente. Per di più, data la sua natura shareware, DOOM invase l’universo: uffici, scuole, qualsiasi computer in qualsiasi ambiente aveva DOOM, ogni minuto era buono per staccare dalle proprie attività e iniziare a far saltare qualche tonnellata di nemici. Esso segnò un’impennata dell’infinita diatriba violenza-videogiochi, forse mai come in questo caso giustificata: orde di minorenni, anche bambini, erano esposti alla violenza inimmaginabile di un gioco che poteva essere davvero traumatico per una mente di per sé fragile. Io stesso, che non ero un bambino, venivo sinceramente provato da quelle stanze con luci intermittenti in cui altro non si vedeva che mostri assetati di sangue che mi lanciavano addosso di tutto, in cui la mia unica possibilità era di sparare all’impazzata tentando di seminare più morte possibile. E alla fine era meraviglioso. Allucinante. DOOM ti fa sentire onnipotente, ti fa scorrere l’adrenalina nel sangue come nessun altro e l’essere calati in un ambiente così malefico come quello propostoci amplifica la nostra ira, accresce la nostra aggressività e ci trasforma in freddi dispensatori di morte. Ma in DOOM la violenza è parte integrante del gameplay e non gratuito spettacolo. Non è un modo per vendere più copie di un gioco come tante volte è capitato, non è un pretesto per catalizzare l’attenzione su un prodotto senza qualità, è semplicemente un elemento imprescindibile per creare quest’atmosfera studiata da un John Romero in stato di grazia. La qualità del prodotto, infatti, è fuori discussione: i livelli sono tanti e particolarmente vari, soprattutto con un level design di fattura sopraffina e un engine semi-3D che è una perla capace di permettere persino ai possessori di vetusti possessori di 386 di poter giocare decentemente. Il gioco era diviso in tre episodi, di cui il primo distribuito gratuitamente sulla falsariga di Wolfenstein 3D, di difficoltà crescente e di ambientazione sempre più infernale: DOOM infatti parte tra ambientazioni futuristiche, piene di strutture fatte di metallo e nemici umani per proseguire sempre di più richiami fantasy. La trama non è mai interessata a nessuno ed è davvero essenziale, ci troviamo su Marte e l’unica cosa che sappiamo è di non avere amici e di dover ammazzare tutti. La sceneggiatura era talmente inconsistente che il protagonista del gioco non ha neanche un nome, viene semplicemente definito “doomguy” o “doom marine”. L’arsenale presente in DOOM rappresenta un pezzo di storia: tra gli altri, indimenticabili sono, infatti, la motosega, l’esageratissimo BFG9000 e l’arma che da allora fu inserita in ogni fps, il fucile a pompa! Ognuna di esse era perfettamente differenziata dalle altre e il gioco proponeva varie situazioni in cui bisognava sapientemente scegliere l’arma migliore per evitare game over prematuri e lo stile necessario a usare lo shogun era veramente particolare, con i suoi lunghi tempi di ricarica e la notevole ma non esagerata potenza. Uno spasso.
DOOM fu anche il primo grande gioco a spopolare in internet e prima ancora nelle bbs, dove potevamo trovare una miriade di nuovi livelli costruiti da semplici giocatori (alcuni dei quali divenuti rinomati level designer), nuove armi, nuovi nemici ma soprattutto total conversions, insiemi di file che modificavano così profondamente il gioco da trasformarlo in qualcosa di completamente diverso, a partire dall’ambientazione per finire con le meccaniche di base. Tutto ciò ingigantì la fama di DOOM e ne allungò la longevità a tal punto che ancora oggi la sua community è attiva e sforna con una certa regolarità qualcosa di nuovo.
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