L’avventura inizia subito dopo l’uscita dal castello e sarà composta da una serie di schermate nelle quali incamminandosi verso le quattro direzioni cardinali si accederà ad ulteriori videate ognuna con i propri enigmi ed oggetti da raccogliere. Analizzando una avventura Sierra bisogna sempre tenere a mente la peculiare filosofia di fondo che si enuclea in una caratteristica fondamentale: qui si può morire. Anzi, è un evento molto frequente. La nostra vulnerabilità ci mette di fronte a situazioni che richiederanno il tempestivo scongiuramento di pericoli, che siano nemici assassini sui nostri passi oppure semplicemente un percorso con delle buche. Per il giocatore moderno, l’approccio richiesto per affrontare correttamente King’s Quest è terribilmente lontano da quello moderno nonostante il lavoro di remaking: i dialoghi sono quasi del tutto assenti e la nostra attenzione sarà costantemente focalizzata all’orientamento all’interno del bosco che costituisce gran parte dello scenario, facendo attenzione a non perdersi e provando a raccogliere qualsiasi cosa facendo i conti con un’interfaccia che con molte difficoltà riusciremo a digerire. Gli enigmi del gioco sono talvolta molto duri: la durata dell’avventura è limitata, ma ogni passo richiederà elucubrazioni molto complesse, con passaggi volutamente poco intuitivi e situazioni dove potremmo non renderci immediatamente conto di un errore commesso salvo poi morire per non avere eseguito le azioni corrette in un punto indefinito del gioco. Alcuni momenti sono incredibilmente ostici, tanto da aver costretto alcuni utenti a tempestare di lettere di aiuto la Williams per anni. Molti passaggi sono orientati allo sfruttamento della nuova tridimensionalità dello scenario, come quando bisogna nascondersi dietro gli alberi per non farsi vedere dai mostri, ma troppe volte si riducono a meri stratagemmi per ostacolarci, facendoci cadere dalle scale, dalle arrampicate, dentro buchi nei pavimenti… All’epoca si trattava di difetti totalmente giustificabili ma, da retrogamers quali siamo, ci interessa anche un gameplay ben invecchiato, apprezzabile anche nel presente. Non è questo il caso. Riprendere in mano l’originale è deleterio per il nostro godimento per quanto sacrosanto in un percorso alla riscoperta della storia dei videogiochi. Il remake si impegna per trasformarsi in qualcosa di user-friendly risultando il miglior portale ufficiale per entrare in contatto con questa saga, ma l’interfaccia ibrida testo-mouse non fa abbastanza e, se pure dovesse accontentare qualcuno, rimarrebbe il problema degli enigmi e della minima interazione con altri personaggi del gioco.
Il retrogiocatore può orientarsi in due modi: se le sue intenzioni sono quelle di studiare l’evoluzione delle avventure grafiche, vale la pena procurarsi l’originale King’s Quest, quello con la sola interfaccia testuale, ed esplorarlo a fondo; se, invece, ci interessa più semplicemente scoprire l’evoluzione della serie da un punto di vista della sceneggiatura saremo meglio accolti da questa interfaccia SCI, ma non aspettatevi una trama ricca ed appassionante. Storico e di cruciale interesse evolutivo, potrebbe non necessariamente divertire.
Che giramento di biglie che mi faceva venire, morivo almeno 100 volte
al minuto
Voto personale 5