The Legend of the Mystical NinjaC’era una volta un ladro ninja di nome Goemon Ishikawa che vagabondava nei feudi giapponesi rubando ai ricchi per dare ai poveri. Raccontano le leggende giapponesi, che correva l’anno 1500 e anche Gaemon correva, inseguito da decine di derubati. Cinque centinaia di anni dopo, in un pomeriggio pieno di sole nipponico, Gaemon smise di correre e trovò casa nel Super Nintendo portando con se tutto il suo carisma.

Era il 1991. Il leggendario ladro si ritrovava in un mondo comico, cromatico, avventuroso, pericoloso, romantico, mai così bello a memoria di ladro. Un’affascinante Giappone medievale, con quei livelli vasti ed esplorabili a piacimento, ricchi di scrigni e segreti nascosti, con quello strambo viavai di persone sulle strade e tante piccole perle audio video. Gaemon girovagava per gli ambienti saltando e colpendo i nemici con una pipa o uno yoyo, raccogliendo monete rilasciate da quest’ultimi o i potenziamenti in grado di far allungare la propria arma.

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Ma la passione di Gaemon era entrare nelle case del villaggio. Magari per spendere i soldi accumulati o per conoscere nuova gente. Così, capitava di ritrovarsi in un negozio ove comprare i classici potenziamenti delle abilità, oppure entrare in una locanda in modo da recuperare le energie. Molto spesso, però, Gaemon si imbatteva nei legittimi proprietari delle case che, invece di cacciarlo a colpi di scopa, gli fornivano simpatiche quanto inutili informazioni. Ma Gaemon non resisteva ad entrare nei “ludonegozi”. Ne poteva trovare in ogni dove e in continuazione: appena entrato, pagando la giusta cifra, poteva cimentarsi in minigame sempre diversi, da una scommessa sui cavalli ad un labirinto tridimensionale, da un martellamento di talpe ad un remake di Gradius, buttando un po’ di moneta o per guadagnarne dell’altra.

Alla fine, però, il nostro ladro ninja non dimenticava i propri doveri, continuando nel suo vagabondare fino a scontrarsi con il boss di turno che lo attendeva in qualche parte del grande villaggio. Quando Gaemon entrava in un livello, la visuale cambiava, passando a un 2D senza profondità, lanciandosi in splendidi stage di pura tradizione “platformiana”. Quindi giungeva il momento del temibile boss che inevitabilmente portava ad un’unica reazione: stupore misto sorriso. Avversari spesso enormi e sempre geniali, ispirati alla tradizione nippo-medievale, nella quale anche il gioco affondava profondamente le radici.

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E mentre Gaemon combatteva contro strani fantasmi, demoni mitologici, lottatori di sumo e improbabili robot medievali, gli tornavano in mente tutti i personaggi incontrati e le loro stupende animazioni, gli scenari suggestivi e sempre diversi, il tempo trascorso al locale di spogliarello o a giocare a dadi, mentre sapevi che fuori c’era un’avventura da concludere, ma prima volevi passare dal maestro del villaggio per imparare qualche nuovo attacco di Jutsu. E allora anche morire per mano di un nemico non ti dispiaceva più di tanto, perché eri troppo impegnato a sorridere delle atmosfere rotondeggianti e comiche, dipinte da una colonna sonora evocativa. Poi, se il prode Ebisumaru era lì con te ad affrontare in multiplayer l’avventura, allora ogni pensiero volava via e anche il vagabondare senza meta diventava divertimento. Come in Shenmue, dieci anni prima di Shenmue.

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La leggenda narra che il vero Gaemon Ishikawa, una volta catturato, fu arso vivo in una vasca piena d’olio. Una triste fine per un eroe romantico nato prima del Romanticismo. Ma queste sono sole leggende. La verità è che c’è della poesia in The Legend of the Mystical Ninja e non si può dire di aver conosciuto il videogioco se non se ne ha avuto esperienza.


COMMENTO FINALE


"In The Legend of the Mystical Ninja, o meglio ancora Ganbare Gaemon, il nostro ninja ladro corre inseguito da decine di derubati, con i capelli impomatati e il viso truccato, trovando il tempo e il modo di stupirci, ed insegnarci cos’è il videogioco. Giocateci.