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ID: 247716Sega ha davvero compiuto il suo miracolo con l'ideazione di Sonic e dei suoi giochi, non solo per la velocità e il dinamismo che contraddistinguono i suoi titoli, ma anche per il personaggio del riccio blu in sé, che con la sua aria cool e strafottente, ma pur sempre adatta a tutta la famiglia, ha raggiunto lo status di icona memorabile dei videogiochi. Ben presto, infatti, nel tentativo di replicarne il successo, le software house si sono messe a realizzare le loro personali mascotte antropomorfe più o meno “toste”, senza mai però avvicinarsi neanche lontanamente al porcospino di Sega. Incredibile a dirsi, pure una casa come Irem, di solito più a suo agio con apocalissi urbane e shooter devastanti, ha deciso di dire la sua sulla faccenda “cloni di Sonic”, e il risultato è questo Rocky Rodent.
Come? Non l'avete mai sentito? Eh, sarebbe strano il contrario, comunque è già tanto che non sia diventato una barzelletta dell'industria come Bubsy!
È impossibile negare l'influenza che Sonic ha esercitato sul processo di design che ha portato alla creazione di Rocky Rodent. Vediamo un po'... Rocky è un qualche mammifero umanoide (dal nome si direbbe un roditore, ma a me sembra il cugino sfigato del Diavolo della Tasmania), iperveloce, ribelle (usa la suddetta velocità per scappare senza pagare i conti al ristorante!), tamarro e vagamente “alternativo” (i vari sprites e dettagli della grafica si ispirano in parte alla cultura dei graffitari, all'hip hop e tutto ciò che vi gravita attorno, per non parlare dei difficilissimi mini-giochi basati sul basket). Anche la struttura dei livelli, pur nella sua ambientazione urbana e senza le esagerazioni tipo gli anelli di Moebius, richiama palesemente le avventure del riccio blu: per finire un livello bisogna persino passare oltre un cartello, esattamente come fa Sonic al termine di ogni stage! Rocky salta in testa ai nemici per eliminarli, schiacciandoli con le sue sneakers all'ultima moda (del 1993), e ottiene una vita extra ogni 100 cibi raccolti qua e là... insomma, ci sarà pure qualcosa che può risparmiare a Irem le accuse di plagio, o no? La risposta è: sì, i suoi... capelli!

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Vivo sempre insieme ai miei capelli

Sparse per la città di partenza si nascondono alcune bombolette di lacca: anziché comportarsi come da teppista par suo e usarle assieme a un accendino per bruciare vivi tutti gli esseri che lo circondano, Rocky se le spruzza sul cranio, e come per magia dalla sua testa rasata sboccia una cresta da fare invidia a qualsiasi punk. Il crestone è talmente imbevuto di lacca e coloranti da poter essere usato come corno per impalare i nemici (!) e per dare la scalata ai palazzi, conficcandolo nei muri e nelle piattaforme sopra di sé; questa rappresenta la vera innovazione fornita dal titolo Irem rispetto ai numerosissimi platform che infestavano lo SNES in quegli anni. Certo, nulla per cui strapparsi i capelli (appunto), però se non altro si tratta di qualcosa mai visto né prima né dopo. Nei livelli successivi saremo testimoni di altri fini esempi di arte tricologica: raccogliere un rasoio genera sulla testa di Rocky un taglio alla moicana stile Taxi Driver da adoperare a mo’ di boomerang e per scalare i muri similmente alla cresta. Dei fiori in vaso (!?) faranno spuntare al nostro una treccia da far impallidire Raperonzolo, che agisce a mo’ di frusta e rampino per agganciarsi ad appigli e superare i baratri, mentre il casco da parrucchiere farà apparire a Rocky un’assurda capigliatura a forma di molla (che non mi ricorda nessuno in particolare, ma potrebbe anticipare il prossimo look di Lady Gaga) la quale, l’avrete intuito, permetterà all’orribile roditore bipede di saltare molto più in alto.
In sostanza le capigliature altro non sono che dei power-up i quali permettono al nostro di assorbire un colpo prima di morire del tutto, esattamente come gli anelli per il porcospino blu di Sega. Naturalmente non sarebbe un clone di Sonic se non avesse occasione di sfoggiare la propria rapidità, e in effetti già nel secondo livello (una corsa disperata in autostrada per raggiungere il furgone del mafioso che terrorizza la città) dovremo mettere in moto le gambe senza tregua. Per la maggior parte, comunque, i livelli sono familiari faccende piattaformiche enormi e complesse, e forse proprio qui sta uno dei problemi di questo titolo. Ogni stage non solo è lunghissimo e pieno di percorsi alternativi, ma anche terribilmente monotono e ripetitivo: troveremo gli stessi muri di mattoni, scale, tetti e travi d’acciaio all’infinito. Capisco che trattandosi di aree urbane la cosa abbia un senso, ma certo non invoglia il giocatore a proseguire, né lo aiuta ad orientarsi in zone che sembrano un continuo copia-e-incolla. E anche la suddetta corsa in autostrada in fondo non è che una striscia di terreno tutta uguale con alcuni ostacoli da evitare.

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Figaro qua, Figaro là, sono un barbiere di qualità

Non so voi, ma io trovo che ci sia un controsenso: vogliamo creare un personaggio veloce come Sonic, ma poi lo faccio agire in ambientazioni dove deve procedere cautamente per trovare la strada giusta e non finire ammazzato dalle numerose trappole e ostacoli sparsi per ogni dove? Perché, se ve ne foste scordati, questo rimane un titolo Irem, una casa non esattamente nota per la realizzazione di giochi facili, e Rocky Rodent certo non lo è. Già l’attivazione della super-corsa è abbastanza realistica, nel senso che bisogna aspettare che RR generi un po’ di sprint prima di poter andare a pieno regime, e spesso non c’è nemmeno lo spazio per farlo…
A un certo punto nel gioco troveremo un uovo che nel livello successivo si schiuderà, generando un uccellino che si metterà ad attaccare i nostri nemici, avendoci scambiato per la propria madre: un’altra idea che spunta fuori dal nulla, inserita giusto per dare un po’ più di varietà al tutto ma che risulta malamente appiccicata al resto dell’impianto di gioco. E proprio qui sta il problema: i platform, con l’eccezione della serie di Hammerin’ Harry (che non è poi questo capolavoro), non sono mai stati il genere preferito di Irem, e qui si nota abbastanza bene. RR non sembra altro che il tentativo di capitalizzare su ciò che andava di moda nel periodo, senza una vera ragione d’essere, e il gameplay che diventa ripetitivo molto presto lo conferma.

Alla fine, non è difficile capire come mai questo gioco non abbia lasciato traccia nel panorama videoludico: per quanto Irem sia una casa competente e attenta ai dettagli (per fare un esempio, quando Rocky viene elettrificato la grafica diventa tutta pixellosa per un istante… ma chi si sofferma su queste cose mentre gioca?), il mercato del periodo era veramente troppo saturo di titoli tutti uguali, per non parlare del fatto che i giochi basati sulle mascotte stavano già allora iniziando ad essere abusati. Non basta una trovata come le capigliature da combattimento, per quanto simpatica e originale, per distogliere l'attenzione dal fatto che alla base si tratta dell'ennesimo clone di Sonic. E poi, diciamocela tutta: Rocky è inguardabile! Con la sua espressione da tossico, la postura ingobbita, i versi inumani che lancia, e alcune animazioni discutibili tipo i suoi occhi che escono dalla testa quando si mette a correre rapidamente, sfido chiunque a poterlo trovare accattivante. Inoltre trovo vagamente disturbante anche l'ambientazione di gioco, dove umani e anthro convivono senza problemi pur non essendo un mondo di tipo fantasy, ma questo è un problema mio più che altro. Insomma, il tentativo di lanciare una nuova mascotte che non cadesse nel ridicolo è fallito. Provaci ancora Irem! (Ma anche no).

COMMENTO FINALE


"Un titolo che tutto sommato merita l’oscurità in cui è caduto, Rocky Rodent apporta solo delle innovazioni posticce al genere platform, e quel che è peggio non diverte, coi suoi livelli tirati per le lunghe e ripetitivi al massimo. Rocky starà bruciando all’inferno dei furfag assieme ad Awesome Possum, Aero the Acro-Bat e Zero the Kamikaze Squirrel."





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