Di per sé il gioco ricorda molto il coin-op di fine anni '80 Blood Bros., di ambientazione western “regolare”, ma i designer di Natsume non si sono limitati a clonarne l'idea e lo stile, bensì hanno realizzato un prodotto molto più rifinito e provvisto di un gameplay sempre frenetico ma non privo di un certo aspetto strategico.
Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con il cannone laser...
Per chi non conoscesse Blood Bros., ecco un rapido riepilogo: il gioco è uno sparatutto vagamente definibile come “rail shooter”, dato che noi possiamo controllare l'eroe solo spostandolo lungo l'asse orizzontale, ma possiamo muovere il suo mirino per sparare in tutte le direzioni, per colpire ogni bersaglio che si presenti a vari livelli di profondità (un po' come le attrazioni dei luna park). L'eroe e il mirino si possono controllare solo in modo indipendente l'uno dall'altro, però ci viene concessa la possibilità di compiere manovre evasive per evitare i proiettili che ci vengono sparati contro. I livelli vengono completati una volta che è stata fatta sufficiente piazza pulita al loro interno, non solo dei nemici ma anche di tutte le strutture che li costituiscono, le quali vengono letteralmente rase al suolo! Bene, in Wild Guns troveremo tutto ciò, forse con meno devastazione (niente montagne che crollano, mi spiace), ma sicuramente con più modi di personalizzare lo stile di gioco, come vedremo a breve.
Un'altra caratteristica ripresa da tale coin-op è la possibilità di distruggere i proiettili che ci vengono sparati contro (sia col lazo sia con le nostre munizioni), ma se nel coin-op questo serviva solo a darci un attimo di respiro, in WG ha ulteriore importanza: più saranno i proiettili abbattuti, più la barra verde presente nel nostro status vitale si riempirà. Una volta giunta a completamento, entreremo in possesso della singola arma più potente del gioco, la Vulcan Gun, con la quale devastare letteralmente gli scenari per un certo periodo di tempo! Ciò influenza il modo in cui un giocatore può decidere di affrontare i livelli, e ora spiegheremo subito il perché.
In WG ogni stage è composto da due livelli regolari più uno scontro col boss: i livelli regolari sono contraddistinti da un countdown di 60 secondi, all'esaurirsi del quale tutto si fermerà e farà la sua comparsa il “mini boss” di turno. La cosa interessante è che lo scorrere del timer non è costante, ma strettamente dipendente dalle nostre azioni, ovvero più distruzione causeremo, più in fretta scorrerà il tempo! Ora, nella mente del giocatore esperto si fanno strada due possibili modi di affrontare il livello: rado al suolo tutto e tutti in modo da affrontare il prima possibile il mini boss e non pensarci più, oppure intercetto con calma tutto ciò che mi viene sparato contro, in modo da far salire la barra e massacrare con la Vulcan il povero bastardo che ha osato sfidarmi a duello una volta scaduto il tempo? Il bello di Wild Guns è che, nonostante la struttura da arcade, esso dà l'opportunità di crearsi un proprio stile di partita, e quanti sparatutto possono vantarsene?
Ma non è finita qui: ogni tot nemici da noi abbattuti si attiverà un moltiplicatore del punteggio, e ogni 100.000 punti guadagneremo una vita extra. Quindi, a questo punto, il giocatore penserà: sparo a robot e umani per fare punti e ricevere un premio molto dopo, sparo ai proiettili per diventare più potente dopo, oppure evito tutto per salvare la pellaccia adesso? Stesso discorso per il lazo: lo uso per congelare i nemici più tosti e dedicarmi con calma ai rompiscatole che sbucano fuori da ogni dove, oppure distruggo quegli stessi nemici importanti che ho immobilizzato per guadagnare più punti?
È incredibile quante cose, con pochi semplici ritocchi al gameplay, Natsume sia riuscita ad estrarre da uno schema di gioco tutto sommato banale e ripetitivo, ma senza farlo diventare pesante e faticoso, anzi: i livelli sono brevi ma intensi come quelli dell'arcade, e chi gioca deve prendere decisioni al volo se non vuole essere crivellato di colpi. Non si può proprio dire, comunque, che il gioco non sia onesto: i proiettili nemici sono ben evidenziati, quando essi si fanno troppo vicini al nostro eroe egli esclamerà, tramite un utilissimo fumetto, “Look Out!”, e gli attacchi degli avversari, dall'ultimo dei gringos ai giganteschi boss robotici, sono sempre anticipati da indizi visivi o sonori. Se sarà “Game Over” quindi la colpa sarà solo nostra e della nostra incapacità a gestire un gameplay duro ma perfettamente bilanciato!
...ma siamo arrivati fino a qui e ancora non abbiamo detto granché dell'elemento principale del gioco: l'ambientazione. Come detto sopra, WG deve molto a Blood Bros. per l'aspetto generale dei livelli, le armi utilizzabili (mitragliatrice, shotgun, cannoni vari) e il senso di distruzione palpabile, ma nel mix c'è anche qualcosa di Sunset Riders della Konami, in particolare qualche aspetto blandamente umoristico, la capacità dei nostri eroi di raccogliere i candelotti di dinamite e rispedirli al mittente e soprattutto la possibilità di scegliere l'ordine dei livelli più avanzati. Dicevamo dei livelli, beh, possiamo ritrovare tutti i topoi di ogni western che si rispetti, come saloon, miniere, depositi di munizioni, canyon, grotte, l'assalto al treno blindato (quest'ultimo degno di nota in quanto i livelli sono rappresentati dai singoli vagoni) e così via. La parte sci-fi durante queste fasi è un po' marginale a dire il vero, ma si riprende moltissimo in occasione degli scontri con i boss di fine stage: enormi mecha imponenti, aggressivi e molto ben disegnati che ci spareranno di tutto e di più. Ridurre questi bestioni a carcasse da rottamare è senz'altro una bella soddisfazione. Anche gli scontri coi mini boss non sono da meno, però, soprattutto per il fatto che appaiono allo scadere del timer mentre tutti gli altri nemici spariscono, in puro stile “duello in piazza a mezzogiorno preciso”: tra androidi in forma di sicari, cecchini e banditi messicani, nonché altre stramberie robotiche, Clint e Annie avranno il loro bel daffare per sopravvivere su questo pianeta desertico dove la vita vale meno di un fucile laser!
Purtroppo non basta l’inclusione di tre differenti settaggi di difficoltà, nonché ben due modalità di gioco in doppio, collaborativa e competitiva (nel secondo caso si può sfidare un amico o la CPU a chi colpisce più bersagli in alcuni livelli appositamente realizzati), anche perché Natsume ha avuto la “bella” pensata di elargire continue infiniti, così che per terminare l’avventura ci vorrà ancora meno. Sarebbe bastato aumentare il numero di livelli per avere un’esperienza più soddisfacente, però anche allo stato attuale non ci si può lamentare: Wild Guns rimane uno degli shooter più completi e rifiniti per SNES, purtroppo rimasto sotto silenzio a causa della febbre da picchiaduro uno contro uno che imperversava ai tempi, e al fatto che la console stessa iniziava ormai a cedere il passo.
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