Il titolo in questione è principalmente un picchiaduro a scorrimento che si regge però su un’ architettura di stampo platform. In parole più semplici il nostro alter ego virtuale si sposterà spazialmente, come dice il nome stesso del genere, lungo piattaforme su cui camminare, saltare o appendersi seguendo un percorso quasi sempre orizzontale. Gli avversari tuttavia verranno affrontati per mezzo di scontri in pieno stile fighting game con tanto di colpi e animazioni personalizzate per personaggio.
Detto questo passiamo all’avventura vera e propria accompagnata, della serie “chi ben comincia”, dall’assenza di una presentazione narrata (e stiamo parlando di una serie tv). Si registra la presenza complessiva di sette livelli di cui i primi cinque verranno affrontati con uno degli altrettanti cinque Power Rangers selezionabili. Quest’ultimi si trasformeranno nei noti eroi in calzamaglia solo a metà degli stage quando il corrispondente boss finale farà la sua fugace comparsa per poi combattere con noi solo al termine del livello. Una volta sconfitto ci verrà fornita la classica password per evitare di ricominciare il tutto da capo qualora dovessimo terminare i continue. I rimanenti due schemi ci vedranno invece alla guida del Megazord (la macchina da guerra umanoide generata dall’unione dei robot, detti zord, di ciascun ranger) in battaglie sul genere dei beat’em up a incontri.
Ritorniamo ora ad analizzare la fase di gioco nella quale utilizzeremo direttamente i nostri beniamini. Come già anticipato ci divideremo tra combattimenti e sezioni platform. Con i primi affronteremo nella maggior parte dei casi i famigerati putties vale a dire gli scagnozzi, dal grado di scemenza diversificato, sguinzagliati dal nemico. Nelle seconde saremo alle prese con le tipiche piattaforme su cui balzare o arrampicarci e in pochi casi accompagnate da ostacoli da evitare. Il primo grande difetto di Mighty Morphin Power Rangers nasce qui ovvero dalla cattiva gestione delle due esperienze ludiche che, castrandosi a vicenda, si rivelano essere assai mediocri in quando a cura e soprattutto ad appagamento. Che senso ha infatti nauseare il giocatore con scontri continui se poi però l’impostazione spaziale è quella del platform? Sarebbe un conto se la parte riservata all’esplorazione fosse molto più profonda. Qua invece si è incentrato quasi tutto sulle botte negando però al tempo stesso i principi base del picchiaduro a scorrimento che richiederebbe ben altri presupposti e di cui l’utente sente per forza di cose la mancanza (movimenti in più direzioni, una maggior interazione con gli sfondi e gli oggetti presenti, più varietà di nemici, ecc). La conseguenza di tutto ciò porta a generare il secondo grande difetto, la ripetitività. Come appena affermato ci troveremo continuamente a smanettare con pugni e calci. L’unica eccezione è rappresentata dal fatto che il pestaggio generale sarà interrotto molto raramente dai balzi per raggiungere diverse alture, dall’aggiramento di ostacoli ridicoli e, nel migliore dei casi, da una minuscola sezione da attraversare immersi nell’acqua. Una volta trasformati in Power Rangers non cambierà nulla in meglio se non da un punto di vista coreografico dato che saremo dotati di un arma diversa a seconda del guerriero scelto e in più potremo effettuare una mossa speciale a tutto schermo. La difficoltà è invece una vera e propria barzelletta che inizia male, con i putties (comunque idioti anche in tv), e che finisce pure peggio con i boss finali davvero ignobili in quanto a livello di sfida (bassissimo). Una noia totale insomma. L’unica cosa che si salva probabilmente è proprio il momento di terminare il gioco con il Megazord con il quale potremo sfogare la tediosità accumulata in precedenza in scontri che, per quanto anch’essi facili e brevi, sono comunque una panacea.
Graficamente si alternano alti, si fa per dire, e bassi. I frutti migliori li cogliamo nella cura per i personaggi costituiti da grossi sprite e animati in maniera piacevolmente coreografica, convincente e varia. Male tutto il resto: sfondi piatti, scialbi e banali che non fanno altro che accentuare la monotonia dell’azione che si protrae solo per forza di inerzia o per “la forza del dovere” di chi è fan della serie televisiva. Ricordiamoci poi che siamo nel 1995, al tramonto del 16 bit Nintendo, eppure non c’è lo stralcio di un effetto di luce né lo sfruttamento di qualsiasi altro effetto grafico permesso dalla console Nintendo. Una tragedia insomma. Sulle musiche e gli effetti sonori stendiamo infine un velo pietoso “che è meglio” come è solito dire uno dei puffi.
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