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ID: 255200Mai sottovalutare il potere delle idee: anche al giorno d'oggi, dove la creatività sembra abbandonata in favore della via più facile al successo economico garantito, una idea geniale o addirittura rivoluzionaria può fare la differenza e catapultare un gruppo di sviluppatori più o meno sconosciuto al successo e alla fama. Gli sviluppatori in questione sono i 5th Cell, il gioco di cui andremo a parlare è Scribblenauts, definito “gioco dell'anno” da numerosi giornalisti intervenuti alla presentazione all'E3 2009 (una rarità per un titolo disponibile su console portatile), mentre l'idea che sta alla base... beh, pensate di avere a disposizione qualunque cosa per risolvere un puzzle che vi viene proposto! E “qualunque cosa” è inteso in senso letterale: che sia un cacciavite, una padella, un dottore, un motoscafo o uno stegosauro, potrete piegare la realtà ai vostri scopi! Un'idea così incredibilmente ambiziosa, specialmente per un titolo portatile, può tramutarsi in un successo completo o un fallimento totale, senza vie di mezzo; senza dubbio nel caso di Scribblenauts si è rivelato un successo... ma sarà veramente quel messia dell'industria videoludica che poteva sembrare agli inizi ?


Il Death Note mi fa una pippa

Un tipico livello di Scribblenauts è strutturato in questo modo: una visuale laterale in stile platform game, con il nostro enigmatico protagonista Maxwell, varie persone/cose/animali, una lente d'ingrandimento per imparare i nomi di ciò che ci circonda e un hint che ci spiega come superare il puzzle che ci si presenta.
Il mezzo con cui possiamo evocare qualunque cosa è un blocco note magico in possesso del protagonista. Dopo aver superato i livelli introduttivi del tutorial, che spiegano come muovere Maxwell, il funzionamento del blocco note e di alcuni oggetti che potremo materializzare con esso (semplicemente scrivendone il nome nell'interfaccia apposita), sarà giunto il momento di affrontare il gioco vero e proprio. Il mondo di Scribblenauts è diviso in dieci zone, ciascuna suddivisa in undici livelli Puzzle e undici livelli Azione: la differenza tra queste due tipologie sarà nel modo in cui otterremo l'artefatto magico di turno, la Starite (un oggetto a forma di stella). Nei livelli Puzzle dovremo prestare attenzione al suggerimento che ci viene dato prima del livello e all'ambiente circostante per interagire correttamente con ciò che ci circonda e far apparire la Starite. Nei livelli Azione, invece, la Starite è in piena vista, ma posizionata in punti difficili da raggiungere, e dovremo dare sfogo alla nostra creatività per arrivarci senza distruggere lei o Maxwell. Non tutti i livelli sono disponibili dall'inizio, anzi, solo una delle dieci aree sarà giocabile da principio e solo il primo dei livelli azione e puzzle sarà sbloccato. Completare i singoli livelli sbloccherà i seguenti, e farà guadagnare a Maxwell un po' di “ollari”, la moneta corrente del gioco, che saranno usati per acquistare l'accesso alle altre nove aree. Per ogni livello è previsto un certo numero di mosse, ovvero il numero di oggetti evocabili necessario: stare sotto a questa cifra aumenterà la somma in ollari che ci verrà data al completamento. Un livello, inoltre, per essere completato al 100% va finito per 3 volte di fila con oggetti sempre differenti.

Bisogna fare i complimenti agli sviluppatori di 5th Cell per aver previsto migliaia di combinazioni possibili, non è certo un'impresa semplice gestire un dizionario con circa 23000 voci (tanti sono infatti i termini riconosciuti dal gioco), nonché tutte le interazioni tra i vari elementi, comodamente gestibili con un menu pop-up che evidenzia le varie azioni disponibili.
La grafica, opera del designer Edison Yan, è molto pulita e comprensibile, con uno stile infantile azzeccato per l'idea de “il mondo è il mio parco giochi” che il titolo trasmette. Tutti i personaggi sembrano quei “pupi” fatti di carta con delle graffette al posto delle articolazioni (non so come meglio descriverli, ma sicuramente li avrete fatti tutti alle scuole elementari), col risultato che ogni arto si muove a sé, con effetti comici legati all'implementazione della fisica nel gioco. Una serie di balloon con icone che veicolano i sentimenti e gli stati d'animo di chi circonda Maxwell ci aiutano non solo nella risoluzione degli enigmi, ma soprattutto per dare un po' di personalità agli omini e animali che altrimenti sarebbero solo degli sterili attrezzi per il completamento dei puzzle.

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Immagino però che sia meglio procedere con degli esempi, per cui descriverò uno dei primi livelli Azione che andremo ad affrontare. Trovo una Starite su un albero: che farà Maxwell? Se non ho molta fantasia, posso materializzare una scala o un trampolino per raccattarla senza troppa fatica. Se non sono amico della natura, posso far apparire un'ascia (con boscaiolo annesso, volendo!) o un bulldozer e abbattere il tronco, oppure dargli fuoco con un lanciafiamme, un fulmine o una fireball, o evocare delle termiti o un castoro e farlo rodere da loro... altrimenti posso provare a sparare alla Starite e farla cadere a terra. Insomma, si è capito che il limite è la nostra immaginazione. Un altro esempio degno di nota è il livello (Puzzle, stavolta) ambientato nel giorno di Halloween, dove per ottenere la Starite dovremo seguire la classica indicazione “dolcetto o scherzetto”. Ci sono tre bimbi in fronte a Maxwell: possiamo donare loro dei dolciumi, oppure procedere con lo scherzetto... possiamo atterrirli colpendoli con qualcosa, ma non è abbastanza gratificante. Che dite di spaventarli facendo comparire dal nulla un vampiro, un ghoul, il diavolo o il Grande Cthulhu? Come direbbe il dottor Fronkenstin, “Si-può-fareeeee!!!”.

Da questo punto di vista il gioco è quasi ineccepibile, però ci sono dei problemi che impediscono a Scribblenauts di fregiarsi del tanto decantato titolo di capolavoro.


I (don't) like the way you move


Come già detto in tutte le recensioni mai uscite per questo gioco, il problema più grave è la gestione del movimento di Maxwell via pennino. Senza mezzi termini, è scomodo e impreciso, e ciò è piuttosto grave vista la natura semi-piattaformica del titolo. Visto che tutto viene controllato col pennino, ad eccezione della “telecamera” che viene mossa tramite il pad direzionale, spesso i comandi vengono male interpretati e anziché far manipolare a Max gli oggetti che ci interessano il gioco coglierà i comandi come una richiesta di movimento, una cosa già fastidiosa nei livelli Puzzle ma che diventa fonte di morti inutili nei livelli Azione, con Max che si getterà nella lava o altro non per colpa del giocatore, ma solo per colpa dei controlli. A peggiorare ulteriormente le cose vi è la trovata fallimentare di fissare la “telecamera” sulla posizione di Maxwell ogni pochi secondi di inattività, una cosa decisamente irritante e confusionaria specie nei livelli di maggiore estensione, che impedisce oltretutto di concentrarsi sugli elementi del puzzle o su eventuali avversari che cercano di fargli la pelle. Stesso problema riguardo all'interazione con oggetti fondamentali come le corde o la colla, resa difficoltosa dai difetti di cui sopra e dalla fisica stessa del gioco che rende inutilmente complesse certe interazioni.

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Scribblenauts poi, come prevedibile, non ha una trama: niente di grave, il punto è che le ricompense per le nostre azioni sono praticamente nulle. A un certo punto avremo tanti ollari da non saper più cosa farne; potremo spenderli nel negozio interno al gioco, ma gli unici premi sono degli avatar alternativi che, per quanto simpatici, non cambiano in alcun modo la sostanza dei livelli, e la possibilità di acquistare le canzoni da sentire nel player interno al titolo. Belle e tutto, ma sono le stesse nenie che abbiamo sentito fino alla nausea nel corso dei livelli! Non c'era qualcosa di diverso? Abbiamo poi un editor di livelli, che però non ci permette di creare niente di paragonabile alle missioni pre-esistenti.

Un altro problema non trascurabile è il fatto che il titolo in realtà è un trionfo de “la quantità sopra la qualità”. È vero che ci sono 23000 parole a nostra disposizione, ma una gran parte sono decisamente inutili allo scopo del gioco. Per fare un esempio, il database prevede l'esistenza di una ventina circa di specie di gatti, ciascuna con una grafica ben distinta... ciò non toglie che scrivere semplicemente “cat” nel blocco note risolve il puzzle esattamente allo stesso modo. Esistono poi un tripudio di termini relativi a tipi di frutta, edifici, pesci e uccelli similmente inutili, nonché molti altri oggetti che riciclano la grafica di altri solo perché sarebbe stato impossibile identificare precisamente qualunque cosa su un sistema dagli schermi così piccoli. Certo, a volte c'è dell'ironia in queste scelte (ad esempio, scrivere “scientist” e “nerd” genera lo stesso omino...), ma altre volte, quando non si tratta di sinonimi, ci si sente un po' truffati dal gioco che pretende di farci avere “tutto”; per dirne una non si capisce perché fissarsi sulla differenza tra un salmone e uno storione, mentre “archeopteryx” e “roc” sono rappresentati dalla stessa creatura (sì, ho provato... perché mi guardate a quel modo?). Può sembrare una polemica sterile, ma alle volte procedendo nelle missioni si rimane spiazzati da come il gioco accetti certe soluzioni come ovvie, quando invece bisogna fare dei giri mentali non indifferenti, mentre altre volte sembra premiare la banalità. Certo, alla 5th Cell sono umani come tutti, però alle volte si ha l'impressione che si siano andati a infilare in qualcosa troppo più grande di loro.
Inoltre, nell'intenzione di mantenere il gioco più “family friendly” possibile, sono stati eliminati tutti i termini con accezioni negative quali connotazioni sessuali, alcool, droghe e così via. Uno sforzo non da poco, ma che non cancella il fatto che Maxwell può senza sforzo alcuno distruggere Dio, infettare neonati con virus o dare un rabbino in pasto a un velociraptor (non che voglia fare il moralista, ma tutto considerato mi fa abbastanza ridere la cosa).

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Con questo non voglio dire che si tratti di un brutto gioco, anzi: le missioni e le ambientazioni dei livelli sono abbastanza variegate per impedire alla noia di sopraggiungere (almeno all'inizio), certe trovate sono molto azzeccate o esilaranti... ciò però non elimina i problemi di cui sopra, e non toglie il fatto che, una volta scoperta l'utilità di certi oggetti (il Pegaso è un must per i livelli azione in cui c'è da volare e trasportare cose), ci passerà la voglia di sbatterci per pensare a come ottenere diversamente la Starite, per evitare di evocare oggetti interessanti ma del tutto inutili, raggiungendo l'effetto opposto a quello che probabilmente gli sviluppatori speravano.

Tuttavia, anche quando ci sarà venuto a noia il titolo, ci rimane pur sempre la sandbox a garantirci un certo grado di rigiocabilità! Eh sì, perché lo schermo dei titoli agisce come se fosse un livello senza scopo né limitazione, se non quella di un certo numero di oggetti evocati, per cui ci si potrà divertire nel fare le peggiori assurdità senza premi né punizioni, giusto per il gusto di dire “io sono Dio”! Cosa ci impedisce di creare un'idra, ipnotizzarla e costringerla a indossare un cappello buffo su ogni testa? Perché non zombificare Babbo Natale e mandarlo contro una mummia, o sparare a una farfalla con un bazooka mentre cavalchiamo un lupo? Il punto è che non si può vendere un'esperienza del genere, per quanto divertente, come un titolo a prezzo pieno, un gioco per essere tale deve avere almeno uno scopo ultimo, per come la vedo io. Insomma, ce ne sono di cose da limare in questo gioco, ma del resto la portata del concept iniziale era davvero troppo vasta per poter tenere conto di tutto.


COMMENTO FINALE


"Alla fine, Scribblenauts rimane più che altro un titolo adatto a una fascia d'età scolare, ma non lo dico solo per l'aspetto giocoso e infantile e le musichette cantilenanti: per i ragazzi si può rivelare uno strumento utile per migliorare e ampliare il proprio lessico (e nel mentre sterminare specie protette con una motosega e/o un buco nero), e nell'esercitare la propria mente in semplici ragionamenti, mentre gli adulti possono venire presto sopraffatti dalla ripetitività e insensatezza di base del tutto, e soprattutto dal fallimentare sistema di controlli. Peccato perché l'idea di base è indubbiamente ottima e originale: se solo il concept fosse stato incanalato meglio avremmo potuto avere una pietra miliare del gaming moderno fra le mani."