It’s dangerous to go alone! Take this. Così che un misterioso vecchietto, come potrebbe fare un genitore apprensivo con il proprio figlio, consegna una spada ad un ragazzino vestito di verde e marrone. E chissà se quel vecchietto e quel ragazzino erano consapevoli che da lì sarebbe iniziata una delle più grandi saghe dei videogiochi. The Legend of Zelda, perché tutte le leggende hanno un inizio, appunto. Forse in quel momento non lo sapeva neanche l’ignaro giocatore che con il joypad in mano si faceva trasportare ed emozionare dalla fantasia fatta silicio di un Miyamoto bambino che mentre giocava nel suo giardino di casa immaginava di essere il coraggioso eroe che affrontava mostri e superava lande desolate per salvare la sua principessa dal male.
Come il nostro piccolo Link, il collegamento tra noi e la magica e storica Hyrule, un grande regno dove si tramandava di generazione in generazione la leggenda della Triforce: un triangolo d’oro in possesso di inimmaginabili poteri in grado di esaudire qualsiasi desiderio. Un giorno Ganon, il malvagio principe dell’oscurità, si impossessa con la forza della Triforce of Power e mettendo a ferro e a fuoco la pacifica Hyrule per recuperare i restanti pezzi dell’antico manufatto. Con il suo esercito Ganon bramava di diventare il re incontrastato di Hyrule. La leggendaria Zelda, principessa del regno, per evitare il peggio, divise in 8 pezzi la sua Triforce of Wisdom. Sarà compito nostro e del giovane Link ritrovare gli 8 frammenti sparsi in altrettanti dungeon e sconfiggere Ganon e il suo esercito.
Ma The Legend of Zelda non è solo un vecchio gioco fantasy che racconta la storia di un coraggioso ragazzino che salva il mondo dal male. Non è solo retrogaming. Zelda è la storia dei videogiochi, una di quelle opere importanti ed influenti. Raccontare adesso di giocabilità, grafica, longevità sarebbe superfluo perché quando si parla di un titolo così seminale abbiamo il dovere di scrivere di ciò che ha significato, e che continua a significare tutt’oggi, nell’industria dei videogiochi.
The Legend of Zelda era mondo aperto, completamente, e fin dai primi istanti non c’è nessuno che ti prende per mano, nessuno che ti dice dove andare, è tutto lasciato all’istinto del giocatore. Il primo approccio al tanto amato open world che oggigiorno sembra essere l’unico genere da adottare per avere successo. Si rimaneva spiazzati e affascinati da cotanta libertà e senso di esplorazione. L’epica musichetta dell’overworld incalzava il giocatore a muoversi, ad esplorare e scoprire i vari ecosistemi che componevano il regno di Hyrule, a scoprire dove si celavano gli ingressi dei geniali e divertenti dungeon custodi dei frammenti della Triforce. Ti caricava ad affrontare il male fatto da tutta una fauna di mostri che aspettavano solo di combattere con il ragazzino vestito di verde. Badate bene stiamo parlando di un videogioco uscito per la prima volta nel lontano 1986 in Giappone sul fallimentare Famicom Disk System. All’epoca il giocatore era libero di affrontare i dungeon nell’ordine che voleva a proprio rischio e pericolo, e se ne aveva il coraggio, di andarsene in lungo e in largo, tra schermate ricche di nemici e situazioni inedite, per il vastissimo e complesso, per l’epoca, regno di Hyrule. Tutto maledettamente nuovo per i videoludici anni 80.
The Hyrule Fantasy: The Legend of Zelda, come lo conoscevano i Giapponesi, era anche l’emozione di non dover più scrivere lunghe e tediose password per riprendere una partita avviata. Per la prima volta nella storia il giocatore poteva salvare la sua partita con un semplice comando. Potere dei floppy del Famicom Disk System prima, e della batteria tampone inserita nella cartucciona dopo. Una peculiarità valsa un Guinness World Record.
E mentre osservo la storica cartuccia dorata mi vengono i brividi a pensare alla magia dei programmatori Nintendo dell’epoca che riuscivano ad inserire tutto in soli 128kB. La Nintendo di quegli anni, pochi cazzi, era avanti anni luce rispetto alla concorrenza. Ed è curioso constatare come il gioco della saga che più si avvicina a questo piccolo capolavoro è proprio il recente Zelda: Breath of the Wild. Pensateci, Nintendo per svecchiare la sua IP è tornata alle prime meccaniche della serie. Questo giusto per farvi capire che nonostante l’estetica obsoleta, il sonoro gracchiate e ripetitivo, The Legend of Zelda è immortale nel suo essere puramente videogioco. Una sfida elementare, quasi fiabesca. Semplice, ma perfetta. Intrisa di esplorazione e libertà.
The Legend of Zelda - NES
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- Pubblicato: 26-09-2017, 00:20
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