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ID: 251923Questo remake di Resident Evil per Game Cube ha costituito, nella prima parte di vita della troppo sottovalutata console, uno dei titoli trainanti le vendite dell'hardware insieme ai brand made in Nintendo. Il primo episodio apparso su PSX è rimasto nel cuore di tutti, un videogame a suo modo rivoluzionario (pur senza esserlo realmente) e in tanti attendevano con ansia questo rifacimento come pretesto per tornare all'indimenticata Villa Spencer, a giudizio di molti l'ambientazione definitiva di questa saga, godendo finalmente di una realizzazione che sublimasse le istrioniche e parossistiche inquadrature che contraddistinguevano l'originale, solo parzialmente valorizzate da una grafica appena discreta.

Tuttavia, i dubbi legati al suo sviluppo erano altri: del primo RE si era fatta indigestione, sviscerandolo letteralmente appena uscito e rinfrescando la memoria con la Director's Cut (che a ben vedere era lo stesso identico gioco con giusto un paio di cambiamenti insignificanti), cosa si sarebbe provato nell'affrontarlo per l'ennesima volta (e avendo inglobato nel proprio bagaglio ludico i vari seguiti)? Quali modifiche avrebbe apportato la Capcom per svecchiarne il gameplay, rimanendo al tempo stesso coerente e fedele con lo spirito originale? Soprattutto, è riuscita nell'impresa di produrre un remake all'altezza del capostipite, contestualizzando i dovuti paragoni ludico/temporali? Lo dico subito a malincuore, la risposta è un "no" secco. Per chi non ha mai giocato la prima versione, consiglio di buttarsi a pesce su questa, probabilmente godrà come un riccio. Ma, ahimè, essendo il sottoscritto uno che ha seguito il normale iter di cui sopra, ho approcciato questo episodio con un pesante senso di deja vu dall'inizio alla fine. Soprattutto, il sentore di giocare ad un titolo nato vecchio, alla Benjamin Button, pur con un involucro attuale, è stato troppo persistente ancorchè fastidioso. Purtroppo, a differenza del personaggio interpretato da Brad Pitt che ringiovanisce nel corso degli anni, qui si rimane inevitabilmente ancorati, per tutta la durata, ad un ben poco accogliente ospizio. Se quel Rebirth posto accanto al titolo assurge metaforicamente ad un significato karmico, intendendo la rinascita di questa saga, bhè, pare proprio che questa reincarnazione debba espiare qualche peccatuccio della sua vita precedente...

Una volta deciso quale personaggio impersonare (Chris Redfield o Jill Valentine, affrontando il gioco rispettivamente in modalità difficile o facile, con piccoli cambiamenti alla trama), partirà un filmato introduttivo in CG e non più con attori in carne e ossa (che faceva tanto trash ma era troppo bello). La storia è quella che tutti bene o male conoscono: a Raccoon City, strani accadimenti e morti sospette inducono la polizia a mandare il B.R.A.V.O. team per investigare, salvo poi perderne le tracce. Ed ecco che una seconda squadra scelta, la S.T.A.R.S., arriva per risolvere il caso a questo punto ancora più fitto. Appena giunto in loco, il gruppo verrà attaccato da un branco di cani mutanti, costringendolo ad una improvvisata ed ansiogena fuga. I nostri troveranno rifugio in una immensa magione apparentemente priva di vita, seppur alcuni segni facciano supporre il contrario. In realtà, non sanno di essere saltati dalla padella nella brace: l'orrore, per loro, è appena cominciato.

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Il primo impatto con l'atrio della villa è impressionante e il paragone con quello visto su PSX improbo ancorchè mortificante per la macchina Sony: lampi che attraverso le finestre, sinistramente illuminano l'immensa stanza con brevi squarci, lucide mattonelle sulla cui superficie marmorea si specchiano le silhouette dei personaggi, candele la cui fiamma è flebilmente smossa da impercettibili riottoli di vento, una palette che conta un numero impressionante di tonalità tutte contaminate da uno spento ed inquietante grigiore... si rimane senza fiato, letteralmente. La prima sorpresa riguarda proprio i fondali, non più pre-renderizzati ma veri e propri Full Motion Video che hanno consentito l'inserimento di svariate animazioni a renderli meno statici, con una sensibile spinta verso il fotorealismo. Ancora: falene che si ammassano a frotte intorno ad un lampione, blatte che si inerpicano furtive su una parete, lampadari oscillanti la cui luce deforma le ombre degli oggetti donando al mobilio una parvenza di mostruosa vitalità, sono solo alcune delle innumerevoli chicche presenti e che lasceranno basiti. Gli stessi personaggi non sfuggono a questo restyling e appaiono curatissimi, ogni uniforme trabocca di minuziosi dettagli, i volti sono accostabili a quelli di persone vere e le loro ombre in real time si riflettono con sorprendente coerenza sullo scenario.

Tutto perfetto quindi? Non proprio. Volendo fare i pignoli, non si possono tralasciare le solite massicce compenetrazioni, con gli arti dei protagonisti che bellamente trapassano a rotazione mura e mostri, un leggero rallentamento ad ogni cambio di inquadratura durante le cut scene (realizzate per la maggior parte col motore del gioco e indistinguibili da un normale filmato) e la fittizia, per quanto esaltante, rappresentazione dei fulmini, il cui scoppio non provocherà alcun cambiamento nella direzione delle ombre. Quisquilie, d'accordo, ma per un titolo che fa della grafica rinnovata il proprio vessillo, era opportuno evidenziarle. Inoltre, le animazioni, seppur discrete e fluide, sono in molti casi inverosimili. Alla galvanizzante camminata con arma imbracciata dei protagonisti, col personaggio che avanza con cautela e circospezione, che da sola contribuisce ad accrescere la tensione a mille, si contrappone la mediocre resa nel voltarsi o salire le scale, con movimenti legnosi e inverosimili, retaggio dalla precedente versione. Da questo punto di vista, andava operato un taglio netto col passato per rinverdire tale comparto, creando frame ex-novo e non riciclando le vecchie routine. I nemici sono obbriobriosamente splendidi, peccato che il loro elevato dettaglio (vedasi la peluria dei ragni, il putrido vestiario degli zombi o i famelici cani dalla cui carne lacera è possibile intravederne le costole) passerà spesso in sordina, perchè generalmente si affronteranno dalla lunga distanza o comunque con inquadrature che, per non trascurare eccessivamente la fruibilità dei combattimenti, non esalteranno appieno i truculenti dettagli di tali creature, una scelta probabilmente obbligata ma parzialmente castrante, peccato.

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Il sonoro è composto da potenti (l'esplosione delle armi) e sinistri (i mugugni degli zombi) FX, col solito tocco di classe inerente il diverso rumore dei passi a seconda della superficie calpestata, una recitazione finalmente convincente e il rifacimento delle vecchie ed inquietanti musiche con l'aggiunta di altre create per l'occasione. Niente di nuovo sotto il sole, ma la qualità intrinseca di ognuna è fuori discussione. Solo un appunto personalissimo: tale miglioramento rende la colonna sonora un pò troppo edulcorata, il soundtrack originale, sporco e malato, nell'intento di angosciare con nenie ripetute fino all'ossesso, resta ben distante. Basta paragonare il differente timbro della voce cavernosa che esclama il nome del gioco ad inizio partita per rendersene conto.

Chiusa la buona parentesi sul comparto tecnico (da questo punto di vista il titolo è da promuovere senza remore, pur coi lievi difetti evidenziati più per dovere di cronaca che altro) arriviamo alle vere note dolenti. Ciò che lascia inevitabilmente perplessi è la sua struttura, vetusta già nel 1996 ma ancora giustificabile, oggi addirittura fastidiosa. La villa è splendida, le stanze diversissime e gli enigmi validi per quanto tutt'altro che inesplicabili, ma è l'inquietudine dell'esplorazione a fallire, e stiamo parlando di un buon 90% e passa del gioco. La mappa è pessima, poco mi tange se studiata appositamente per allungare artificiosamente il brodo, perchè costringe ad un andirivieni assurdo solo per posare un oggetto nei maledetti bauli comunicanti, così da liberare uno spazio nell'inventario limitato per poterne acquisire un altro indispensabile alla prosecuzione. Questa formula ormai non è più ammissibile, o quantomeno va rivista in un'ottica di maggiore flessibilità: si doveva ammorbidire e non ammorbare! La durata di un prodotto deve essere elevata perchè fisicamente longevo e non grazie a questi sotterfugi, veri e propri mezzucci che ne appesantiscono lo svolgimento, facendo crollare quanto di buono l'ambientazione e le locazioni fanno per l'atmosfera. Basta un niente per passare da un gameplay volutamente lento ad uno involontariamente moscio e qui il confine è valicato un pò troppo spesso. Col risultato che in troppe circostanze si girerà inutilmente solo a causa di un minuscolo oggetto da riporre in pochi siti, la cui dislocazione è spesso infelice. Nel frattempo, le maledette sequenze di apertura delle porte, un tempo atte a mascherare i caricamenti, oggi un pedissequo, inutile e ridondante marchio distintivo della saga, ad appesantire ancor di più tale tediosa pratica. Ha senso tutto questo, dopo che altri capitoli della saga (e non tiro in ballo il postumo Code Veronica, ma cito il secondo episodio), pur avendo i medesimi difetti, li avevano quantometo limati, contando su mappe progettate meglio e una più intelligente disposizione dei bauli per evitare inutili sfrangimenti dei cosiddetti? Glisso sull'ovvia risposta.

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I combattimenti risultano galvanizzanti, non perchè dotati di chissà quale tecnica intrinseca, quanto come fisiologico abbattimento delle proprie paure (sparare ad un'orribile creatura con una magnum che emette un rinculo possente è esaltante, c'è poco da fare, oltre che psicologicamente liberatorio). Al solito, concretamente, ci si limita a puntare l'arma e premere il grilletto, nessuna strategia, solo istintiva libidine nell'atto finale di tale azione. Peccato che ancora una volta l'utilizzo del coltello si riveli una tortura e sia altamente sconsigliato, ergo l'andazzo degli scontri verterà solo sulla lunga gittata, privando il titolo di una variante che sarebbe stata gradita: affrontare in un corpo a corpo i vari mostri, potendo quasi percepire il loro putrido alito e l'odore di morte che trasudano, resterà un mio incubo malsano.

Abbiamo detto dei classici vizi (qui addirittura enfatizzati) mutuati dalla saga, ora analizziamo le aggiunte. Innanzitutto, una volta uccisi gli zombi, se la loro testa non è saltata, bisognerà bruciarli con del cherosene o questi dopo un pò si rianimeranno più coriacei e rapidi (la prima volta che ciò accadrà, un balzo sulla sedia sarà la logica conseguenza) ma espletare tale noioso iter comporterà ulteriore backtracking, come se non ce ne fosse già abbastanza; Chris e Jill potranno poi recuperare delle armi da difesa monouso, che verranno utilizzate in automatico quando aggrediti e, introduzione più sostanziosa e gradita, oltre ad una mappa leggermente diversa con varie location create ex-novo, è stato apportato un taglio netto ad una buona parte della sezione nelle grotte (addio quindi al boss ragno gigante, che in effetti faceva troppo film di serie B anni 50) a favore di una in esterno (ideale per cambiare radicalmente atmosfera) e dell'inclusione di una mini quest a suo modo persino struggente (lungi da me accostamenti con Silent Hill, per carità).

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Nelle intenzioni di Mikami, il game designer, questo RE doveva avere 2 livelli di fruibilità: da un lato c'era il neofita, che avrebbe vissuto per la prima volta un gioco mitico con una grafica rinnovata e tanto sarebbe bastato (anche a coprirne i difetti, come accaduto in passato), dall'altro l'estimatore storico, verso cui le modifiche erano rivolte a spiazzare e scombussolarne i ricordi, ripristinando parzialmente l'appetibilità del prodotto. Ma la differente disposizione di alcune stanze, l'inserimento di altre create per l'occasione e l'espletamento rinnovato degli enigmi, sono cambiamenti apprezzabili solo da chi conosce a menadito il gioco e, paradossalmente, il rischio rigetto è in agguato, perchè più di un momentaneo disorientamento non provocano, e le nuove features si metabolizzeranno in un istante. Smuovere la memoria emotiva di un videogiocatore non è impresa facile, si tratta di un filo troppo sottile e teso, basta un nulla per spezzare tale idillio. La sensazione è che si stia vivendo l'abbellimento di un'emozione: la forzatura è dietro l'angolo. E così per tutta la durata si andrà avanti nell'utopia di ripetere l'irripetibile, all'ombra di ciò che RE è stato nel mondo videoludico e, cosa più importante, nella mente di noi adolescenti di allora. Ma l'unica riminescenza accostabile a quel 1996 sarà negativa, perchè ciò che davvero si percepirà come inalterato ieri e oggi saranno i difetti: assurdo.

In ogni caso, se non siete ancora stufi della classica struttura di gioco e non vi secca il dover riaffrontare un titolo bene o male assimilato, non vi dispiacerà riprenderlo. Ma se già con alcuni seguiti avete avvertito un pò di fiacchezza nel loro svolgimento, non c'è nulla qui in grado di farvi cambiare idea. Personalmente l'ho finito ma riponendolo subito dopo sullo scaffale, senza ulteriori stimoli e con le emozioni (irraggiungibili a prescindere, ne convengo) provate la prima volta, ben distanti. Sarebbe bastato sfruttare l'ottima realizzazione tecnica in maniera più lineare e meno cervellotica, andando semplicemente ad eliminare le lacune che l'originale aveva, per rendere questo ritorno a Villa Spencer un pò più accogliente. Invece, il fine ultimo su cui si fonda questo Rebirth è apprezzabile pienamente solo da pochi eletti, forse nemmeno da questi. L'errore è essere partiti da una premessa sbagliata e cioè che RE fosse perfetto già alla sua uscita, al punto da poter vincere lo scontro col tempo senza sostanziali modifiche ma solo una mano di colore. Il qui presuntuoso Mikami non si è reso conto che la sua creatura una volta poteva far gridare al miracolo ma oggi abbisognava di qualcosa in più di semplici aggiunte, se la base è tutt'altro che solida: si è finito col costruire un palazzo tronfio ma scricchiolante nelle fondamenta.


COMMENTO FINALE


"Resident Evil Rebirth è un gioco valido, come remake è apprezzabile e merita oggettivamente una valutazione positiva, specie se non lo si è mai affrontato, nel qual caso è davvero un imperativo categorico averlo. Ma sono il primo a disperare se nel guardare le pics mi viene una gran voglia di giocarci e, dopo qualche minuto passato col pad tra le mani, tale desiderio scema di brutto, finendo col girovagare per l'immensa magione con passo stanco e trascinato, come quello dello zombi che ho appena fatto fuori."





Giuseppe "Epikall" Di Lauro