Tanti anni fa, la Nintendo decise di tentare una delle sue tipiche formule da racing game, fatte di poche opzioni mescolate alla grande, per regalare al suo amatissimo GameBoy un gioco di corse di alto profilo. Era il 1992 e sul portatilino giapponese c'era poco di che stare allegri, vista la desolante penuria di titoli nella categoria. Quando le terze parti sono pigre nel coprire le carenze di determinati generi, tocca tradizionalmente alla casa madre sopperire alle loro mancanze. Un serafico Miyamoto, tronfio degli inarrestabili successi delle sue macchine, era lì, pronto a scatenare la sua inesauribile creatività e perfezionismo. Deve aver pensato, però, che sarebbe stato troppo rischioso legare il debutto nel mondo delle corse del GameBoy allo scontato nome di Mario, il quale avrebbe garantito sicuramente una valanga di copie vendute, grazie anche alla gloria riscossa da Super Mario Kart, ma rappresentava un investimento a rischio sul piano qualitativo. Meglio qualcosa di inedito...
Non le auto, quelle si trovano ovunque e la Nintendo non ha mai avuto a che farci. Ci voleva qualcosa di più originale, simpatico, tale da consentire una maggiore libertà creativa. Come le moto d'acqua! Mezzo di locomozione a parte, cambia poco. Il gioco offre un'inquadratura dell'area di gioco dall'alto, con lo schermo che può scrollare in ogni direzione, al centro di esso il nostro “jet-ski” nella gloria della monocromia. Partiamo, però, dal menu iniziale: essenziale, come da tradizione, con la possibilità di optare per la classica partita in singolo, per il multigiocatore (fino a 4 tramite l'apposito cavo) o la pratica. Lo step successivo ci permette di cimentarci nella modalità a circuito chiuso (quindi coi soliti giri da concludere) oppure nello slalom, ed entrambe potranno essere affrontate su moto d'acqua di potenza variabile da 550cc a 800cc.
Ricordate la corsa sui motoscafi di Micro Machines? Ci siamo molto, molto vicini. Quattro piloti, stessa inquadratura, sprite e fondali molto simili, sarebbe facile confondere gli screenshot dei due giochi. I controlli sono i classici, quindi azionando la croce direzionale della console eseguiremo una sterzata nella direzione scelta, mentre i pulsanti A e B saranno adibiti rispettivamente all'accelerazione ed all'inserimento della turbina. Quest'ultima si ricarica automaticamente nel tempo, tra l'altro abbastanza in fretta. Nulla di sconvolgente.
Cominciamo a giocare sul serio. Non si avverte ancora la millantata “Nintendo Difference”, per niente. Il campionato con le moto da 550cc e 650cc scorrono con fin troppa celerità, sarà colpa della scarsa quantità dei circuiti, ma ci si mette poco a pennellare le curve, a seminare gli avversari ed a memorizzare i tracciati. L'aumento di cilindrata corrisponde ad un incremento della difficoltà, dovuto sia alla superiore frenesia della gara (mai eccessiva, tuttavia) che alla netta accentuazione dell'inerzia delle moto che, nella categoria 800cc, necessiteranno di un accurato dosaggio dell'accelerazione per non finire fuori pista ad ogni curva. Per tentare di ravvivare l'azione di gioco, appaiono sul circuto dei power-up, i quali, francamente, sembrano piuttosto fuori luogo in quanto poco folkloristici nella loro azione per caratterizzare il gioco, che complessivamente appare insolitamente serioso per un titolo Nintendo. Sul circuito non mancano nemmeno degli ostacoli che compromettono il controllo del mezzo, come i vortici, oppure i trampolini che ci fionderanno di qua e di là.
Manca ancora il fattore N. Lo si trova per qualche istante solo nella modalità Slalom, in cui bisogna centrare delle porte nell'ordine da noi preferito per primi, segnando più punti possibile. Solo qui si avverte il peculiare estro di Miyamoto che con piccole variazioni intriga il giocatore, ma il diletto è breve e dura quanto l'intervallo che intercorre tra le prime battute e gli scenari più complessi che risultano poco bilanciati.
In parole povere, la magia latita e per diverse ragioni. Prima è il look generale a non convincere, con l'acqua mai così statica, per colpa delle limitate risorse del GameBoy, certo, ma brutta lo stesso, mentre sull'audio si possono soltanto sottolineare i mediocri effetti sonori e l'anonima musica d'apertura. Il track design non è del tutto soddisfacente e difetta delle molteplici variazioni scenografiche tipiche della serie Micro Machines e simili che caratterizzavano i circuiti e ravvivavano le corse; ma anche la fisionomia delle curve è poco stimolante, con tracciati monotoni dalle traiettorie ripetitive.
Non è il quadro di un dramma, Wave Race è perfetto per piccole partite mordi e fuggi, soprattutto grazie alla sua facilissima fruibilità, ma ha il demerito di non rappresentare la genialità del suo produttore, il quale non ha certo sfornato solo capolavori, ma ha lasciato su tutta la sua stirpe un'impronta sempre riconoscibile. Qui non si vede e Wave Race sembra un tappabuchi per sopperire alla mancanza di un racing game decente sulla piattaforma. Un progetto al quale nemmeno la Nintendo deve averci creduto molto, visto che fu pubblicato solo in territorio americano, mai in Giappone e solo dopo l'episodio per Nintendo 64 in Europa, nel tentativo di sfruttarne la positiva influenza.
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