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ID: 243391C'era una volta...
...La grande Square e con lei un Final Fantasy che Final Fantasy proprio non era. Si trattava dello spin-off sottotitolato Adventure, pubblicato per GameBoy nel 1991 e noto in Europa col nome di Mystic Quest. La monocromia del portatile Nintendo dell'epoca era tutt'altro che satolla di esponenti ruolistici ed in Occidente il logo della “Fantasia Finale” dominava l'intera offerta del genere. Si trattava, tuttavia, di un altro spin-off, il Legend poi divenuto SaGa. Che confusione... bizzarre conseguenze del potere del marketing che decise di riunire sotto uno stesso logo ogni jrpg di mamma Square con lo scopo di vendere più copie. L'episodio “Adventure”, però, era spiccatamente diverso dagli altri: offriva un'azione diretta, in tempo reale, senza prevedere turni di sorta. A dirla tutta, il parente più stretto sembrava Zelda (il primo, s'intende), che presentava combattimenti del tutto comparabili e la medesima visuale dall'alto, con tanto di scorrimento dello schermo “a spinta”. La sua assenza nella softeca del GameBoy era una pecca che spalancava alla concorrenza gustose opportunità, ma progettare un jrpg di tali ambizioni su una macchina con palesi complicazioni derivanti dalla ristrettezza delle cartucce e della memoria costituiva un problema. Nonostante tutto, Final Fantasy Adventure fu ben accolto e, in barba a tutti i limiti, non mancò di offrire uno storyboard decente e le statistiche tipiche dei giochi di ruolo.
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ID: 243392Finalmente Seiken Densetsu!
Gli anni seguenti conobbero, sul Super Nintendo, dei seguiti che si discostarono dal nome di Final Fantasy per sposare quello del sottotitolo giapponese del primo episodio: Seiken Densetsu, la leggenda della spada sacra. Passo imprescindibile per questa serie dalla personalità spiccata che venne consacrata così a “must” per gli appassionati di action-adventure, grazie all'incontestabile qualità di Secret of Mana e Seiken Densetsu 3. Sulla Playstation arrivò anche la quarta apprezzata installazione, Legend of Mana, che, a dispetto della rinnovata potenza hardware, rimaneva fedele alla bidimensionalità.
Qualche anno dopo esplose la moda del remake, cavalcata proprio dalla Square che non tardò a proporre le sue riedizioni dei vecchi Final Fantasy nello splendore dei 32-bit. Nel 2003, toccò ad Adventure un restyling grafico, e non solo, di ultima generazione, ma non sulle roboanti Playstation 2 o Gamecube, bensì sul GameBoy Advance, macchina di indole più fedele all'originale, a partire dalla sua portabilità.
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ID: 243393Un eroe ed un'eroina
Quali protagonisti migliori per una bella storia? Da buona tradizione Square, essi non hanno un nome, saremo noi ad assegnarglielo. La bella notizia è che potremo scegliere chi controllare, accedendo ad una storia che differirà, anche se limitatamente ad alcuni dettagli, dall'altra.
Il mondo di Sword of Mana ricorda ancora la guerra contro Vandol, un tiranno che con il potere della natura aveva scatenato un terribile conflitto, riuscendo a conquistare il dominio delle genti fino alla rivolta di un piccolo gruppo di valorosi guerrieri, i Cavalieri di Gemma. I tempi di Vandol, però, sembrano ritornare con l'avvento dell'Oscuro Sire e di Julius, il suo consigliere, che inaugurano un nuovo regime di violenza atto a stanare il culto del Mana dalle sue radici, uccidendo ogni credente fino ad arrivare all'Albero della Vita, vero cuore pulsante dell'universo, per distruggerlo. La speranza delle genti risiede nella Spada del Mana, sepolta chissà dove, la leggendaria arma che sconfisse Vandol e che ubbidisce solo agli animi puri e giusti. Inutile nascondervi che lo scopo del giocatore sarà ritrovarla per ristabilire un nuovo e duraturo equilibrio.

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ID: 243394Mana e natura
La sceneggiatura si dipana secondo le regole classiche dei giochi di ruolo giapponesi, e lo stesso dicasi per le tematiche d'accompagnamento. Giovani ed innocenti vite che si ritrovano avvinghiate nelle spire di un destino apparentemente più grande di loro, intrecci di storie e uomini sempre più criptici che solamente alla conclusione trovano una loro spiegazione, e poi la natura, l'onnipresente natura semidivina che regola il mondo. I jrpg sono stati terreno molto fertile per il concetto di mana: esso fu introdotto, in realtà, dallo scrittore occidentale Larry Niven, il quale ha avuto il suo momento di celebrità nei videogiochi grazie ai tie-in del suo capolavoro letterario intitolato Ringworld. Il mana è una sorgente di mistica energia naturale, indefinibile ed indefinita che l'istinto scintoista proprio della gente del Sol Levante ha spesso innalzato a divinità. L'industrializzazione sfrenata del Giappone, inoltre, ha fortemente sensibilizzato il suo popolo al rispetto verso la Terra, coltivato, se non nelle grandi opere, almeno a livello letterario, artistico, creativo. In Sword of Mana, questo fittizio elemento naturale è il vero protagonista: esso rappresenta la vita e la forza, nonché l'elemento che costituisce la spada che può liberare il mondo dal male. Conosce anche una personificazione: Mana pare sia stata una donna che nella leggenda della lotta con Vandol si tramutò nell'Albero della Vita per fornire energia all'universo. Sarà vero? La incontreremo? In merito, questo gioco serba un colpo di scena finale, dopo che la storia si sarà infittita in modo forse un po' disordinato.
Poi ci sono le armi, non intese solo come strumento di avanzamento fra le aree di gioco, ma come incrocio di vita e di morte, del giusto e dell'ingiusto. Come distinguere l'uno dall'altro? Le armi non uccidono da sole ed il passo da vittima ad assassino è spaventosamente breve. Il cammino in Sword of Mana è disseminato di omicidi di grandi uomini, buoni o cattivi che siano, forti personalità puntualmente corrotte dalla facilità del sangue. Verremo sorpresi da repentini capovolgimenti, cacciatori e prede si mimetizzeranno vicendevolmente, ed alcune semplici domande sulla nostra moralità ci sorprenderanno.
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ID: 243395Un parente non così lontano
Lo stacco con Final Fantasy Adventure non è massiccio come si potrebbe supporre. Merito del primo che già nel 1991 presentava i giusti ingredienti per un videogioco godibile, a partire dalle statistiche da rpg e dall'attenzione sulla trama. Prima dell'ovvio aggiornamento tecnico, però, alla Square hanno ben pensato di ammodernarsi anche dal punto di vista narrativo, con un plot più articolato, pieno di conversazioni e momenti topici fortemente enfatizzati. Del passato rimane la struttura con l'accento spostato sulle sezioni di combattimento, non sgradevoli di per sé, ma avvertibili retaggi dell'episodio originale. Buona parte dell'azione si svolge negli attraversamenti da una zona all'altra, dove il nostro scopo primario è quello di crescere di livello in funzione degli scontri più impegnativi, ma il programma fallisce nello stuzzicare le nostre abilità strategiche, fornendoci avversari prevedibili e facili da buttar giù. Il quadro si ravviva grazie ai boss di cui il gioco è abbastanza prodigo: tutti sono ben differenziati, sono sensibili ad attacchi specifici e sono quasi sempre magnificamente disegnati.
Quello che non funziona bene è l'alternanza tra i character. All'inizio della partita, come anticipato, avremo modo di scegliere il nostro personaggio principale, la cui morte causerà l'immediata conclusione della partita, ma esso viaggerà il più delle volte accompagnato da un amico e noi potremo “switchare” fra i due tramite la pressione del tasto Select. Peccato che non ci venga concesso di scegliere chi portarci dietro e che l'intelligenza artificiale sia davvero deficitaria nel controllare il nostro compagno d'avventure. Non vi nascondo che spesso ho lasciato che morisse per continuare “in singolo”, evitando anche di sprecare tempo per curarlo. Soltanto di rado vestirà un ruolo irrinunciabile poichè alcuni nemici potrebbero rivelarsi vulnerabili esclusivamente ai suoi attacchi.

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ID: 243396Decisamente non un Final Fantasy
Abbiamo detto che Sword of Mana è un gioco di ruolo, infatti esso ci presenta alcune classi nelle quali specializzarsi avanzando di livello. Ogni carriera migliorerà determinate capacità del nostro eroe che potrà perfezionarsi in un singolo campo oppure aumentare la propria esperienza a tutto tondo. Un consiglio: non sbatteteci troppo la testa su queste cose, anche perchè lungo il corso della sceneggiatura avrete modo di salire sufficientemente di livello da potere fronteggiare ogni pericolo senza eccessivi patemi. Esiste anche l'esperienza legata alle singole armi (ve ne sono davvero una bella quantità) che vi permetterà di essere progressivamente più temibili con quelle che userete più di frequente. Rilevante è anche la presenza degli spiriti: si tratta di buffi esserini alla ricerca di un padrone che accetteranno di buon grado di accompagnarvi nella vostra quest. Si riveleranno fondamentali per accedere alle zone avanzate della mappa, ma saranno anche dei validi compagni di battaglia: ognuno di essi sarà dotato di specifici poteri magici che potranno sia migliorare temporaneamente i vostri attributi che fungere da magie offensive. Avremo quindi il potere dell'acqua, della luce, del fuoco e così via che saranno anche influenzati dall'arma alla quale li abbineremo. Per fare qualche esempio, l'arco donerà loro un attacco di tipo proiettile perforante, il mazzafrusto un'esplosione omnidirezionale, la spada un potente colpo a corta gittata. Fondamentale anche servirsi dei nani presenti in ogni villaggio che potranno forgiare o temprare le vostre armi o armature. A tale scopo torneranno utili materiali ed ortaggi raccolti durante le scorribande, ma potremo anche coltivarne molti nella Casa-Tus, una balorda architettura che spunterà fuori piantando un seme in appositi vasi.
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ID: 243397Old-Skool, ma di classe
Sul fronte estetico, Sword of Mana è un piacevole tuffo nel passato, soprattutto pensando a Seiken Densetsu 3. Sprite e fondali sono molto fedeli al terzo episodio della serie, con un look dettagliato, tronfio di colori. La struttura tile-based di moltissimi jrpg qui è appena avvertibile, principalmente grazie all'ampio uso di elementi decorativi unici, estesi e distinguibili e la sensazione di deja-vu è assente persino durante i vagabondaggi fra una terra e l'altra. Gli interni degli edifici sono addirittura opulenti e solo le animazioni degli sprite non abbondano in frames, sebbene appaia piuttosto una scelta volta a preservare l'usanza classica dei giochi di ruolo nipponici.
Un aspetto sul quale la Square non ha mai deluso è quello sinfonico: Kenji Ito, collaboratore di lunga data del più famoso Nobuo Uematsu, si è occupato di rinfrescare le stesse musiche che aveva composto nel 1991, coadiuvandole con composizioni inedite. In parte grazie alla bontà dei riferimenti originali, la soundtrack è maestosa, ispiratissima e perfetta per ogni frangente. Villaggi e momenti topici traboccano delle tipiche melodie arpeggiate di stampo giapponesissimo, mentre le peregrinazioni da un territorio all'altro saranno spiccatamente ritmate, con soluzioni addirittura dance per il Deserto di Jadd. I già ben riusciti scontri con i boss conosceranno un'epicità amplificata dalle cupe sinfonie orchestrate da Ito, impeccabili nell'esprimere l'oscurità della follia dei nostri antagonisti. Vi confesso che nei frangenti più blandi della sceneggiatura è stata proprio la qualità dell'accompagnamento musicale a sostenere la piacevolezza del gameplay.

Oltre il remake, non molto
Sword of Mana è un remake eccellente. Ha l'incontestabile qualità di riprendere il vecchio senza stravolgerlo, scegliendo anche di rimanere su un portatile ed in due dimensioni. La vecchia struttura tecnica è stata potenziata eliminando lo scrolling a spinta, arricchendola di bitmap estese e meravigliosamente definite, regalando alla colonna sonora melodie di grande fascino ed anche lo storyboard si avvantaggia di dialoghi molto più prolissi e stilisticamente enfatizzati. Come tributo siamo di fronte ad un prodotto da dieci e lode, ma lo sbilanciamento sulla componente action provoca una sfasatura nel suo ruolo fra i jrpg moderni. A tratti, sembra davvero un hack'n slash, con la differenza che i nemici non brillano per aggressività e non presentano stuzzicanti strategie d'assalto. Carne da macello immolata alla nostra spada per allungare l'esperienza di gioco, la quale si protrae fino alle venti ore abbondanti in caso di completamento delle side-quests. Queste ultime, però, sono assolutamente mediocri e non aggiungono davvero nulla all'avventura principale. Alla fine, insomma, ci si trova dinanzi ad una trama di medio livello, molto stereotipata, con qualche colpo di scena nelle battute finali che però non vale la piattezza narrativa delle diciannove ore precedenti. Per nostra fortuna il buon campionario di boss farà vibrare le nostre corde da retrogiocatori.

VIDEORECENSIONE

COMMENTO FINALE


"Un prodotto scolasticamente perfetto nell'ottica del remake, diligente e rispettoso nel correggere le pecche tecniche causate dagli anni e nel metabolizzarle con tecnologie rinnovate di oltre un decennio. Nonostante l'impegno nell'arricchire la comunque poco innovativa sceneggiatura, rimane avvertibile l'anzianità del concept originale, sbilanciato sulla componente action che, nell'economia delle venti ore di gioco, risulta blanda e ravvivata solo dai meritevoli scontri con i boss."

Gianluca "musehead" Santilio





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