L'avvento del GameBoy Advance, grazie soprattutto al supporto nativo per il Mode 7, catalizzò la ressa dei racing game anche in ambito portatile con la Nintendo anche stavolta in prima fila, come testimoniato dalla pronta pubblicazione dell'immancabile riedizione di Mario Kart. In realtà, i progetti della casa di Kyoto prevedevano la riproposizione della staffetta con Diddy Kong Racing con tempistiche simili a quelle viste sul Nintendo 64. Alla Rare, infatti, fu commissionata la realizzazione di un nuovo episodio della saga, stavolta incentrato completamente sulle sezioni di guida aeree, con una feature specialissima quale l'utilizzo di un sensore di movimento all'interno della cartuccia per restituire ai giocatori un modello di guida peculiare, attivato non dall'azione sulla pulsantiera della console, ma dall'inclinazione reale che le causavamo. La prospettiva per i giocatori appariva fra le più ghiotte ma, come volevasi dimostrare, qualcosa andò storto.
Tra le separazioni più dolorose di tutta la storia dei videogiochi c'è sicuramente quella che nel 2002 riguardò proprio la Rare e la Nintendo. I motivi? Non v'è certezza, ma gli studi britannici non sembravano tonici come un tempo con alcune pubblicazioni qualitativamente sottotono per i loro elevatissimi standard, un calo derivante anche da alcune separazioni interne al team. Probabilmente, ci sarebbe da aggiungere una linea commerciale della Nintendo molto diversa rispetto al passato, di una tendenza casual che forse non giustificava più il supporto a un gruppo economicamente impegnativo come la Rare. Mettiamoci anche la rivale Microsoft e la sua offerta d'acquisizione da 375 milioni di dollari...
Quale destino attendeva, a questo punto, Diddy Kong Pilot? O la cancellazione o la "trasformazione". Potendo fare leva su di un universo apprezzato come quello di Banjo-Kazooie, alla Rare decisero di sostituire tutti gli elementi relativi alle proprietà Nintendo con qualcosa di proprio, con un adattamento probabilmente meno doloroso del previsto. Il progetto, però, dev'essere rimasto in sospeso per diverso tempo, considerando che la data di uscita definitiva fu stabilita per l'anno 2005.
In un così lungo periodo di tempo, la Rare ha avuto modo di rivalutare alcuni aspetti del suo prodotto, anche perchè il target al quale esso poteva rivolgersi andava riducendosi a causa dell'arrivo del Nintendo DS, il quale, pur conservando la retrocompatibilità, stava traghettando l'interesse dell'utenza verso nuove tipologie di gioco. La prima feature a saltare fu l'inclusione del sensore di movimento all'interno della cartuccia ed è facile immaginare che sia avvenuto per contenere le spese di produzione. Il cambiamento più eclatante, tuttavia, doveva riguardare l'engine grafico: per segnare un distacco netto dai rivali, il team britannico mise a punto un engine da capogiro, fondato sull'affascinante tecnologia Voxel, una tecnica resa celebre da Comanche Maximum Overkill nel 1992, il quale riusciva ad esibire spettacolari paesaggi tridimensionali ad un framerate accettabile su macchine dalla capacità di calcolo limitata come i PC 386. Le dignitose specifiche tecniche del GBA sembravano sufficienti per raggiungere prestazioni adatte ad un racing game dalla velocità non forsennata. Ma il Voxel sparì da Banjo-Pilot, con grande delusione di molti, in favore del famigerato Mode 7. Le motivazioni, in questo caso, paiono meno chiare: osservando i pochi filmati disponibili (di cui alcuni diffusi dal sito Unseen 64) risalta un engine apparentemente in stadio avanzato di progettazione, ma con qualche flickerio che non restituisce un'azione di gioco omogenea. Sembra quasi che il Gameboy veda il traguardo ad un passo ma che non riesca a raggiungerlo per la mancanza di un pizzico di potenza, oppure che non ce la faccia per insufficiente ottimizzazione. A Banjo-Pilot, però, la Rare dell'epoca Microsoft non voleva impiegare eccessive risorse e il ripiegamento su un comunissimo Mode 7 richiedeva molta meno dedizione da investire. I circuiti vennero quindi riadattati al nuovo engine, ma il prodotto patì una vera e propria regressione generazionale, allineandosi agli standard tecnici presentati quasi quindici anni prima dal Super Famicom, trovandosi di colpo in competizione con Mario Kart ed abbandonando definitivamente il riferimento in 3D reale del suo vero ispiratore, Diddy Kong Racing.
Per nostra fortuna, le atmosfere profumate di Super Nintendo fanno decisamente bene alla Rare, che in quegli anni visse buona parte della sua golden age, e Banjo-Pilot ostenta grande competenza sul piano artistico: i personaggi della saga sono pre-renderizzati, in linea col design dei vari Donkey Kong Country, e questa precisa scelta aiuta ad assottigliare le differenze col brand del gorillone e, sfumandone la distanza, rende assai meno traumatica ed avvertibile la "total conversion" di Diddy Kong Pilot. Gustosi anche i vari menu che ci condurranno alle varie sezioni del gioco, spesso "gestite" da alcuni character visti nella serie con i quali potremo conversare per ottenere delle delucidazioni sulle varie sezioni. Tutto è accompagnato da una colonna sonora azzeccatissima e di grande compagnia, affiancata da effetti sonori di qualità e straripante simpatia.
Le modalità di gioco disponibili non riservano, nel bene e nel male, sorprese. Il gioco prevede diversi campionati di cui solo uno immediatamente disponibile, mentre gli altri si sbloccheranno consecutivamente dopo la vittoria in ognuno. Alla fine di ogni gara e torneo ci verranno assegnati dei punti che potremo spendere per sbloccare vari contenuti, peccato che il gioco sia particolarmente generoso in fatto di premi, consentendoci di acquistare in breve tempo la maggior parte dell'offerta disponibile. Ogni campionato prevede un numero differente di circuiti che culmina nei ben 16 di quello finale, ma la curva di difficoltà merita qualche appunto: le prime tre sfide risultano di una facilità disarmante, tant'è che se avete già esperienze nei racing game arcade vi risulterà piuttosto semplice superarle tutte d'un fiato. Giunti all'ultimo campionato, invece, tutto si complica enormemente e toccherà faticare molto per elevarsi più su del fondo della classifica. Il risultato è che alla fine ci si ritrova un pò troppo scoraggiati dal brusco cambiamento del gameplay, con ripercussioni conseguenti sul divertimento.
Analizzando il momento della corsa, si apprezza immediatamente la perizia con la quale gli elementi grafici sono stati realizzati: sprites ricchi di frames di animazione, scenario splendidamente disegnato con un look tondeggiante molto riuscito, fluidità impeccabile. Unica nota stonata è la resa sul GameBoy Advance di prima generazione, dove la palette dei colori è troppo scura e tende ad affaticare la vista in sessioni di gioco prolungate. Il ritmo non è scatenato, anzi, e questo contribuisce alla scarsa sfida dei campionati iniziali, nonostante nell'ultimo dovremo vedercela con avversari scaltrissimi che ci costringeranno a veri "perfect lap" consecutivi per ottenere la vittoria. Lungo i circuiti sarà facile imbattersi nei vari item da utilizzare, come sempre comprendenti tanto armi quanto power-up come il turbo. Non mancheranno anche degli elementi circolari da attraversare che ci lanceranno sul tracciato con uno sprint formidabile capace di farci guadagnare preziose posizioni in classifica, ed il loro utilizzo continuo risulterà determinante per raggiungere con successo la fine del gioco. Il design delle piste soffre un pò la natura "aerea" del gioco: le curve ed i dettagli in generale si apprezzano meno perchè viaggiando a mezz'aria si avvertono limitatamente le evoluzioni del tracciato, tanto più visto che il programma perdona di buon grado i tagli non troppo evidenti. La piattezza dei vari circuiti, inoltre, restituisce un look poco differenziato e davvero nessuno di essi riesce ad imprimersi seriamente nella memoria.
Il modello di guida è simpatico, ma livella la tecnica verso il basso. Abbiamo già detto che il ritmo di gioco è piuttosto blando e si viaggia quasi sempre col pulsante dell'acceleratore premuto, anche in alcune curve molto chiuse grazie all'ausilio dei pulsanti dorsali del GameBoy che ci consentiranno di effettuare una capriola volante che accentuerà l'angolo di sterzata. Il rimanente pulsante a disposizione ci consente di sparare e, nonostante non sia possibile abbattere del tutto un nemico, tornerà utile per rallentare gli avversari nelle vicinanze quel tanto che basta per un sorpasso.
La parte più divertente e peculiare riguarda lo scontro con i boss di fine campionato, mutuata proprio da Diddy Kong Racing: in questi frangenti verremo lanciati in sezioni prive di curve dove l'unico scopo sarà abbattere il nemico. Ci alterneremo con esso nelle fasi di attacco e difesa, a turno ci toccherà sparare o schivare. L'idea è proprio divertente, ma anche qua c'è da segnalare una sfida latente, a maggior ragione considerando che ogni nemico può essere affrontato con la stessa tecnica.
Banjo-Pilot brilla non solo ma soprattutto quando lo si guarda come ad un tributo al passato nintendiano della Rare ed alla gloriosa carriera del Gameboy Advance. Somiglia di fatto ad un rispettoso sunto dei concetti legati a questi due grandi nomi, uno sforzo per il recupero di un titolo promettente pensato per chiudere ufficialmente il rapporto fra il produttore britannico e la console Nintendo. Non è il capolavoro che poteva diventare e nel 2005 finisce con il perdersi un pò tra la folla, incastrato fra ottimi spunti artistici e frettolosità del track design. Imperfetto eppure tra i più divertenti racing game del Gameboy Advance, semplicemente imperdibile per i fan dei tanti nomi in ballo. Si, Donkey Kong compreso.
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