AC, inutile girarci intorno, è uno dei titoli più controversi mai usciti. In realtà, il gioco in sé non fa nulla per esserlo ma è stato vittima dell'immensa campagna di marketing messa in atto dalla Ubisoft (nella deliziose sembianze di Jade Raymond), suscitando delle aspettative che, come un boomerang, si sono poi rivoltate contro il prodotto finito, rivelatosi incapace di mantenerle. Tutto da buttare quindi? Decisamente no. Perché se è vero che il gioco non è, nel modo più assoluto, l'immane capolavoro che alcuni recensori si sono affrettati a proclamare, in una sorta di puerile corsa a salire per primi sul carro del vincitore, non è nemmeno quel clamoroso flop che altri, non meno stoltamente, si sono vantati di smascherare, non rendendosi conto di partecipare loro stessi ad una nuova, sterile gara, stavolta sul versante opposto. Allora AC è, come qualcun'altro ha scritto (evitando di prendere posizioni per non scontentare nessuna delle due fazioni) il classico gioco da amare o odiare? Nemmeno. In effetti, il titolo Ubisoft è da amare e odiare al tempo stesso. Ho perso il conto delle volte in cui, a fronte di una certa esaltazione, i suoi difetti mi hanno subito riportato coi piedi per terra, smorzando il mio entusiasmo. Per contro, quando la voglia di gettare il disco dalla finestra era irrefrenabile, ecco che interveniva in suo soccorso una sezione particolarmente avvincente a risollevarne le sorti e farmi desistere dall'intento punitivo. Come può un videogioco essere così contraddittorio? Probabilmente lo è come il messaggio di fondo che contiene. Non è forse ambigua la figura stessa di un assassino che rispetta devotamente un credo, una sorta di etica professionale (se non addirittura morale) ma non ha scrupoli nell’ammazzare un essere umano, solo perché questi è "dalla parte sbagliata"? Chi può arrogarsi il diritto di decidere quale parte sia quella giusta? E perché un uomo ritenuto giusto non dovrebbe essere biasimato da un nemico se in battaglia gli ha procurato delle perdite? Che le lacrime versate dalla famiglia di un avversario siano meno amare di quelle di un alleato? Bhé, si potrebbe metaforicamente affermare che le contraddizioni fin qui esposte convertono anche in quella che è la componente ludica di AC, ovviamente con risvolti decisamente meno gravosi.
L'inizio è spiazzante. Almeno lo è per chi, pur desideroso di giocarci, ha resistito alla tentazione di apprendere troppo della trama, limitandosi a vedere dei filmati unitamente a qualche pics, evitando di addentrarsi oltre. Memori di lontane ambientazioni medioevali/orientaleggianti, in cui un misterioso figuro si muoveva, nell’incipit reale ci ritroveremo invece in un prossimo futuro, nei panni comuni di Desmond Miles, un ragazzo apparentemente come tanti, che apprenderemo essere stato rapito da una grossa multinazionale, la Abstergo e tenuto sotto osservazione dal dr. Warren Vidic e dalla sua assistente Lucy, in quello che è un macchinario avveniristico, l'Animus. Cosa c'entra tutto questo con quanto si sapeva di AC? L'Animus è un'invenzione che si basa su di un concetto fondamentale: così come gli animali tramandano la propria esperienza alla prole (il cosiddetto istinto), allo stesso modo il DNA degli esseri umani è foriero di ricordi che gli uomini, inconsciamente, trasmettono ai propri discendenti, in una sorta di eredità genetica. Si, ma cosa ha a che fare Desmond con tutto questo? Un suo antenato, Altair (membro della confraternita degli assassini comandata da Al Mualim, col compito di fermare, durante il periodo delle crociate in Terra Santa, i templari e impedir loro di conquistare il mondo e soggiogarlo) ha avuto a che fare nel corso della sua vita con un segreto che, se rivelato, potrebbe sconvolgere l'intero equilibrio del mondo. E per giungere a quel ricordo, al momento bloccato e inesplicabile, il dr. Vidic dovrà far rivivere a Desmond le gesta dell'antenato, proprio con l’ausilio dell’Animus, così da arrivare passo passo alla sua completa rivelazione. All’inizio del gioco Altair verrà declassato e privato del suo arsenale, avendo messo a rischio un’importante missione a causa del suo carattere irruente e gli toccherà svolgere il lavoro più sporco, trovare ed uccidere nemici scomodi e man mano riacquistare non solo abilità ed equipaggiamento ma anche, anzi soprattutto, la fiducia degli altri membri della confraternita. La trama si dipanerà in questo modo, alternando le gesta virtuali dell’assassino alla vicenda reale di Desmond, di cui si prenderà il controllo alla fine di ogni blocco temporale (coincidenti con l’uccisione di un capo della compagine avversaria) per approfondire la sua situazione e capire i motivi del sequestro e dei veri scopi dell'azienda. Perché è così importante riuscire a giungere all'ultimo ricordo? Cosa ha appreso di così sconvolgente Altair? Come mai un'industria di tale portata ha investito cifre considerevoli, arrivando addirittura a rapire della gente per un mistero risalente ai tempi delle crociate? E chi è davvero Desmond, un giovane introverso come tanti o ne sa molto più di quanto lasci trapelare? Pian piano si apprenderà che il filo che lega i personaggi del presente a quelli del passato è molto più sottile di quanto si possa immaginare...
All'inizio si è detto di AC come di un titolo con luci ed ombre. Bene, queste contrapposizioni lo pervadono in toto, partendo dalla realizzazione tecnica fino a giungere alla giocabilità. Soffermandosi sull'aspetto visivo, si deve amaramente constatare come il gioco Ubisoft non sia quel capolavoro che si aspettava. Indubbiamente ha parecchie frecce al proprio arco: la palette scelta è perfetta (le tonalità mi hanno riportato alla mente le visioni metalliche dei Bitmap Brothers) e il colpo d'occhio delle città davvero suggestivo. Quando si entra in ognuna, la si riscopre pulsante di vita, con i cittadini che affollano in numero ragguardevole le vie e interagiscono in tempo reale tra di loro e con lo stesso Altair. Vedere l'assassino scostare i passanti, o magari assumere la postura di un erudito per mimetizzarsi, è una vera goduria. Salire su di un punto panoramico (per apprendere i punti sensibili dello scenario, che verranno così evidenziati sulla mappa) e osservare il paesaggio, darà un'idea ancor più precisa circa la maestosità del tutto, degli innumerevoli particolari, del campo visivo che si estende apparentemente infinito all’orizzonte. E nel raggiungere tale sommità, si apprezzeranno nuovamente le movenze feline di Altair, che come un novello Strider si aggrappa ad ogni minima sporgenza con una naturalezza estrema. Questa è la parte migliore di AC, concettualmente parlando, col protagonista che dà vita a delle vere e proprie coreografie. Ma, volendo spezzare tale idillio, c'è da dire che antiestetici effetti di pop-up e compenetrazioni poligonali sono all'ordine del giorno (basta impugnare una spada o finanche limitarsi a camminare per notare come lo stesso Altair non ne sia immune), che in alcuni punti si assisterà a dei pesanti rallentamenti e che il gioco è afflitto pure da vari bug, come quello che, durante un dialogo, porta talvolta gli abitanti a incagliarsi tra i due interlocutori o lo stesso protagonista ad abbassarsi inspiegabilmente. Troppo vistoso il tutto per far finta di nulla, troppo evidenti e numerosi certi difetti per non intaccare la realizzazione globalmente e valutare AC sì eccellente a livello scenografico ma soltanto buono all'atto pratico.
Sul sonoro c'è ben poco da obiettare, in virtù di un doppiaggio davvero professionale (piccola nota negativa per la ripetitività delle esclamazioni dei cittadini) e di musiche varie e adatte ad ogni circostanza.
Come ci si sente a vestire i panni di un vero assassino? Un po’ frustrati. Il controllo soffre di alcuni problemi legati alla poliedricità di Altair. Le sue capacità acrobatiche restituiscono alcune azioni mozzafiato, col nostro che vola con estrema agilità da un tetto all'altro, si arrampica su superfici impossibili e sfrutta ogni più piccolo particolare dello scenario per dar vita ad animazioni esaltanti. Il problema è che, se da un lato per eseguire ogni azione basta la pressione del tasto direzionale del pad unitamente ad un pulsante, tale semplificazione spesso si traduce, purtroppo, nell'ottenere l'azione sbagliata al momento sbagliato. Ho perso il conto delle volte in cui, durante una fuga, Altair abbia pensato bene di aggrapparsi a qualche sporgenza invece di proseguire la sua corsa, facendosi raggiungere e ritrovandosi circondato dagli inseguitori e subissato dai miei improperi. E' il prezzo di un'eccessiva versatilità del sistema di controllo che consente di ottenere svariate azioni diversificate solo in base a dove vengono effettuate e, ahimè, basta davvero un nonnulla per compierne involontariamente delle altre. Fortunatamente non bisogna disperare, qualora acciuffati, dopo un tentativo malriuscito di fuga, perché i combattimenti sono di una semplicità disarmante. Anche se il famoso credo che dà il nome al gioco recita di passare inosservati, si combatterà e tanto. Un pò perché mantenere un basso profilo equivale a svolgere il proprio compito a rilento, in sordina, col rischio di annoiarsi, e si preferirà agire d'impulso, un pò perché determinate sezioni contemplano l'obbligatorietà degli scontri. Ma imparando ad eseguire la mossa del contrattacco, affrontare anche qualche decina di nemici contemporaneamente sarà uno scherzo e questo darà vita a combattimenti proprio galvanizzanti per quanto poco tattici, essendo sufficiente premere il pulsante d'attacco con tempismo. Ma in fondo va bene così, o probabilmente la frustrazione avrebbe raggiunto livelli di guardia.
Il problema di fondo di AC è la sua meccanica di gioco, che porta il concetto di reiterazione all’estremo. Si parte dal castello di Al Mualim, sito a Masyaf, si riceve l'incarico di uccidere uno dei capi avversari, si va alla dimora degli assassini della città in cui c’è il nostro obiettivo (Gerusalemme, Damasco o Acri), si compiono un paio di indagini per pianificare come e dove agire, si torna al covo per prepararsi all'assassinio, si elimina il nemico, si scappa e si ritorna infine da Al Mualim portandogli una piuma intrisa nel sangue del nemico ucciso come prova. Nel mentre, se si viene scoperti, si può decidere di combattere o tentare una momentanea fuga per calmare le acque. Per farlo, basterà uscire dal campo visivo degli inseguitori e nascondersi in uno dei pochi punti sensibili dello scenario atti a celare la nostra presenza, come una panchina, un gruppo di eruditi o del fieno. Forse è poco realistico che gli avversari si lascino ingannare così facilmente ma stiamo pur sempre parlando di un videogioco, è giusto che ci siano determinati pattern cui sottostare. Soffermandoci sulle indagini, c’è da dire che conducono tutte dalla stessa parte: la vittima di turno verrà inevitabilmente borseggiata, picchiata per costringerla a parlare o spiata durante una conversazione per carpire utili informazioni. Non si sfugge, questo sarà l'andazzo per tutta la durata del gioco. Fortunatamente, a spezzare la monotonia di un gameplay altrimenti ai limiti dell’ossessivo, ci penserà, una volta terminato ogni singolo ricordo, il risvegliarsi nei panni di Desmond, prendendone il comando per qualche minuto, il tempo di investigare e approfondire la sua presenza alla Abstergo, per poi tornare nell'Animus e via, al blocco di memoria successivo. AC sarebbe anche un pelo più ricco di cose da fare, vedasi la possibilità di aiutare alcuni cittadini o un paio di missioni leggermente diversificate, tipo uccidere bersagli su commissione, così come le stesse mosse a disposizione di Altair durante i combattimenti sono numerose. Ma a prescindere che si resti sempre e comunque nello stesso ambito (ingaggiare duelli) ergo si tratta solo di qualche piccola diversificazione, che senso ha perdere tempo con le indagini più complesse (o meglio, frustranti) se basta svolgere quelle più facili per ottenere ugualmente il nulla osta per l'assassinio? A che scopo apprendere le varie tecniche di offesa e difesa se con la mossa del contrattacco si viene a capo degli scontri? Insomma, non bastasse la linearità di AC (da qui la delusione di non trovarsi di fronte ad un vero stealth/free roaming ma ad un semplice action/adventure), ci sono determinate corsie preferenziali cui difficilmente il giocatore saprà resistere e che danno al gameplay il colpo di grazia. Per tacere degli obiettivi che contemplano il ritrovamento di alcune bandiere sparse per tutto il regno (davvero immenso, al punto che Altair potrà usufruire di un cavallo per i suoi spostamenti o scegliere direttamente da un menù la sua destinazione): probabilmente solo chi è armato di pazienza biblica riuscirà a sopportare tale tediosa pratica.
Unitamente a tutto ciò, AC dura pochino, se si pensa che, materialmente, per finirlo, non si deve fare chissà che. Anzi, forse la durata sembrerà maggiore a causa di alcuni contrattempi (tipo l'essere scoperti ad un passo da un obiettivo e doversi allontanare in fretta, ripetendo poi l'operazione) o dalla ripetitività dell'azione, che appesantirà il tutto, restituendo una sensazione, fittizia, di lunghezza. Per contro, se si imparerà da subito ad avere confidenza col sistema di controllo, evitando di morire in determinate sezioni, la longevità diverrà ancor più risibile.
AC potrà piacere o meno in base a quanto intrigherà interpretare un assassino nell’accezione più pura del termine. Personalmente, anche di fronte all'ennesima scalata panoramica e al susseguente salto della fede (mossa inutile ai fini pratici ma che consente ad Altair di lanciarsi nel vuoto per atterrare su di un mucchio di fieno, rimanendo illeso, semplicemente spettacolare), mi sono sempre esaltato. Così come è proprio galvanizzante assistere ad un assassinio, nel fulmineo istante in cui Altair estrae una minuscola lama dalla mano sinistra (per utilizzare la quale ha sacrificato l’anulare) e, con un unico, magistrale colpo, si impossessa della vita del nemico. E la silenziosità del personaggio trasuda davvero carisma. Ecco, è importante imparare ad apprezzare Altair, sbruffone all’inizio, sventato e sicuro di sé ma a poco a poco sempre più vicino all’essere un uomo con le sue domande e le sue incertezze. Proprio quell’iniziare a manifestare sentimenti contrastanti e perplessità verso il suo operato, porterà il giocatore a scoprire nell’assassino non più una fredda e implacabile macchina omicida ma un essere umano in grado di provare pietà per le sue vittime e dubbi circa le sue azioni. A quel punto la simbiosi verso il protagonista sarà totale e il pad diverrà il nostro Animus. Ma ciò che mi ha colpito è stata la possibilità di comandare Desmond. In realtà, tali fasi, in cui c'è poco da fare e, anzi, sono una vera tortura a livello di controllo (che, scevro di tutte le mosse e le combinazioni, si rivela limitato e macchinoso, in una parola pessimo), creano nuovi interessanti interrogativi e stimoli per proseguire, essendo tale vicenda più vicina alla realtà, ergo più intrigante. Spiazzante il finale, che indubbiamente qualcuno potrà non gradire a causa dei troppi interrogativi che lascia irrisolti (anzi, aprendone di nuovi e più inquietanti) ma, un piccolo colpo di scena in particolare, metterà i brividi, facendo aumentare esponenzialmente la voglia di affrontare il secondo capitolo per approfondire tale anticipazione e svelare le questioni in sospeso. In quest'ottica, AC è un buon debutto e in quanto tale merita di usufruire delle attenuanti del caso, pur restando, a prescindere, un'esperienza affascinante e meritevole. I difetti ci sono e indubbiamente nemmeno trascurabili e Ubisoft dovrà assolutamente porvi rimedio e imparare la lezione perché la prossima volta non si potrà essere così clementi.