Si racconta di action figure che divennero fumetto che divennero un cartone animato. Masters of the Universe sono uno dei migliori fenomeni cross-mediatici esistenti. 1981 e i suoi eroi culturisti, tra Schwarzenegger e Stallone e il Wrestling baraccone aggiungendoci un pizzico di avventure Fantasy Techno Medievale e He-Man e il suo Universo non hanno faticato ad affascinare i giovani dell’epoca. Essendo un fenomeno che attraversava varie forme artistiche, Mattel non si fece pregare nel portare anche nel magico Intellivision (e Atari VCS ma ne parlerò in disparte) lo scontro tra il nostro eroe dal casco biondo (no, non sto parlando di Nino D’Angelo) e il malvagio Skeletor cioè l’unico scheletro agli steroidi.
“Per il potere di Grayskull!!” e He-Man ci racconta la sua storia e poi ci da una pigna in faccia, ma quella scena e la sigla sono rimasti, e ne sono sicuro, nella testa di tutti i ragazzini oggi adulti. E il gioco si apre proprio con quella canzone, riprodotta con cura. Quindi il feeling c’è. Ma come avranno pensato in Mattel di riprodurre le gesta del nostro biondo e nerboruto eroe? Semplice dividendolo sostanzialmente in due giochi, probabilmente per dare varietà, come accadeva per molti titoli dell’epoca. La prima scena si svolge a bordo del celebre Wind Rider, in uno sparatutto che ricorda molto Defender, dove He-Man segue Skeletor per catturarlo mentre cerca di difendersi da alcune palle di fuoco rotanti, non dimenticandosi di dare un occhio al carburante che finisce. Divertente il giusto. Il secondo schema, invece, ci vede nel tentativo di avvicinarci a Skeletor, intento a conquistare Grayskull, e a schivare i suoi attacchi fino al, ahinoi, combattimento corpo a corpo automatico. E così a ripetizione e a difficoltà crescente. Ripetitivo come tantissimi giochi di inizio anni 80. Ma sarebbe facile criticarlo ora, all’epoca bastava e avanzava per far sì che un bambino potesse essere per un paio di minuti He-Man.
Quello che sorprendeva del titolo Mattel era la parte tecnica, con la già accennata riproduzione del tema originale del cartone animato e soprattutto la parte grafica e il NEW SuperGraphics schiaffato sulla confezione era lì a ricordare l’utente più sbadato. Probabilmente fu l’unico gioco ad avere questa dicitura, sta di fatto che i movimenti dei personaggi, uniti alla velocità con la quale si muovevano, i numerosi oggetti a schermo e la quantità dei colori usata faceva proprio gridare alla super grafica. Dovete sapere che la dicitura SuperGraphic nacque perché uno dei programmatori, Ray Kaestner (famoso per aver convertito BurgerTime e creato il seguito Diner, nato dal prototipo del mai pubblicato seguito di Master of the Universe), prese il posto di un altro programmatore che non stava ultimando il gioco e partendo da zero, e a sole quattro settimane dal rilascio del gioco fissato per le festività natalizie, usò delle avanzate routine sviluppate indipendentemente per ultimare il progetto. Questa particolare scelta tecnica ebbe come risultato che gli oggetti sullo schermo si animassero in modo più fluido e veloce rispetto ai giochi Intellivision standard. Il marketing fece il resto, coniando la dicitura e sponsorizzandola nelle fiere anche per altri giochi, solo per sottolineare una bella grafica.
Altre versioni e curiosità
Di Masters of the Universe: The Power of He-Man arrivò anche l’immancabile versione Atari VCS, fatta un po’ alla bene e meglio. Volendo essere più precisi, questa versione sorprende per alcune aggiunte come nella intro nella quale Adam, a ritmo di musica, diventa He-Man e anche la sequenza finale dopo aver combattuto con Skeletor si vede il nostro eroe alzare la spada in cielo. Il resto è una versione più povera tecnicamente di quella Intellivision. Era in progetto anche una conversione per Colecovision che non venne mai pubblicata a causa della chiusura di Mattel Electronics.
Come accadeva per le prime versione delle action figure, anche in Masters of the Universe: The Power of He-Man, veniva regalato un piccolo fumetto che raccontava le gesta del nostro eroe biondo. Roba da collezionisti.
Come molti di voi sapranno, ad inizio anni 80 le software house non erano intenzionate a pubblicare i nomi dei propri programmatori e tra le varie cause c’era anche la paura che essi potessero essere ingaggiati dalla concorrenza. Pensate che un gruppo di programmatori Mattel erano stati soprannominati “The Blue Sky Rangers" proprio per custodire le loro identità. Questo portò ad una battaglia nell’industria elettronica che fu appoggiata dalla mitica rivista Electronic Games che nel numero di giugno 1983 pubblicò un editoriale molto sentito sul diritto, per un programmatore, di firmare la propria opera. L’editoriale fu girato da Gabriel Baum, manager Mattel nonché membro dei menzionati “The Blue Sky Rangers”, ai piani alti sostenendo che un programmatore che può firmare il suo gioco è un programmatore felice e soddisfatto, sicuramente più facile da trattenere nella propria azienda. Fu così che in Mattel si decise per la prima volta forse nell’industria di apporre i nomi dei programmatori sui propri giochi e Masters of the Universe: The Power of He-Man fu il primo.
Masters of the Universe The Power of He-Man
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- Pubblicato: 16-04-2020, 00:35
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Masters of the Universe The Power of He-Man
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Ah He-Man quanto ho adorato il cartone da piccolo...bei tempi
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La giocabilità non sarà stellare ma la grafica, per fluidità e stile, è tuttora piacevole e al tempo doveva essere sorprendente. La magia del cartone animato in qualche modo era stata preservata, e Ray Kaestner dimostrò anche in questo caso di essere un genio.
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