Lady-Bug-Intellivision coverUna conversione pesca il Jolly quando scova un arcade di non grande successo e lo trasforma in un campione di incassi casalingo, nello showcase di una console, in un titolo simbolo. È il caso di Lady Bug per Colecovision, vero cavallo di battaglia della piattaforma e trasposizione eccelsa di un coin-op che in sala giochi non aveva raccolto quanto meritava. Va da sé che la mefitica carta della Luna Nera tocchi viceversa alla conversione che, pur facendo un onesto lavoro, abbia la sfortuna di trovare sulla propria strada proprio la pesante pietra di paragone di un port inarrivabile: e qui veniamo a Lady Bug per Intellivision, gioco da subito offuscato e quasi svilito dall’ingombrante collega di cui sopra.
A volte però il tempo è galantuomo, e regala a posteriori l’onestà e la comprensione di un giudizio a mente fredda: spesso il retrogamer esamina da una prospettiva più ampia un titolo a suo tempo maltrattato e lo trova meritevole di riabilitazione, concessagli sottoforma di recensioni benevole e di rinnovata fama, per quanto confinata ad un pubblico di nicchia.

Altre volte invece il tempo è un vero infame che, proprio quando potrebbe concedere la giusta rivalutazione, sfodera a tradimento un nuovo, inaspettato nemico. Come definire altrimenti Lady Bug per Atari 2600? Un homebrew – e già basta l’accattivante definizione a suscitare una certa acquolina nell’appassionato – di pregevole fattura, giunto nel 2006 a rinverdire i fasti del VCS, raccogliendo lodi e applausi al grido di “alla faccia della versione per Intellivision!”.
Ed è così che il Lady Bug "intellivisionario" si conferma gioco disgraziato come pochi. E questo, sia ben chiaro, anche per demeriti propri... ma forse meno di quanto l’entusiasmo per i suoi più blasonati cugini abbia indotto a pensare.

Fatta questa tutt’altro che doverosa premessa, il “processo” a Lady Bug può cominciare. L’imputazione: avere fatto uso mediocre di un’ottima licenza. La giuria: manco a dirlo, i lettori di RH. Se io sia il legale difensore o la pubblica accusa, lascerò che lo desumiate dalla lettura di questo articolo. Intanto, sarà il caso di produrre da subito una prova indispensabile in una simile disputa: l’identikit del coin-op originale.

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La coccinella in sala giochi

Trattasi di un cabinato la cui fonte d'ispirazione è più che evidente: Lady Bug è un figlioccio di Pac-Man, anche se certamente spicca per qualità fra gli epigoni dell’eroe giallo. Lo scenario è il classico labirinto, privato dei tunnel-warp laterali, ma notevolmente vivacizzato da una serie di porte a doppio battente su perno centrale, che il nostro sprite (la gentile coccinella che dà nome al gioco) può fare girare sospingendole con il proprio corpo, alterando così la conformazione del maze. In questo modo è possibile dirottare o evitare i mortali nemici, costituiti da insetti differenti per ogni stage, i quali, similmente ai fantasmi di Pac-Man, sono generati da una sorta di tana al centro del labirinto. I manigoldi escono uno per volta ad intervalli di tempo sempre minori man mano si prosegue nel gioco, sino al numero massimo di quattro. Questi insetti molesti possono essere eliminati facendoli collidere con i teschi che addobbano in numero variabile ogni livello. Quale aiuto al giocatore, il maze è inquadrato da una cornice composta da rettangolini bianchi che si colorano man mano di verde, sino a completare il perimetro per poi ripetere l’operazione cromatica inversa e così via, con espulsione di uno zampettante antagonista esattamente al termine di ogni giro. Da segnalare due controindicazioni: i teschi sono letali anche per il giocatore e per ogni avversario eliminato se ne rigenera un altro, cosicché è impossibile sbarazzarsene definitivamente.

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Lo scopo ultimo non è pertanto rimuovere questi antagonisti, bensì cibarsi di tutti i fiorellini (ed altri item di cui si dirà) disseminati lungo i corridoi, controparti vegetali delle pillole di Pac-Man. Per farlo occorre manovrare ad arte Nostra Signora Coccinella, la quale, diversamente dalla leggenda di casa Namco, non è in moto costante, ma può anche restare ferma sul posto secondo la tattica del giocatore.
Ma veniamo alle strategie di massimizzazione del punteggio, che in Lady Bug sono particolarmente esaltate, al punto da costituire di fatto il cuore del gameplay. Anzitutto, quando tutti e quattro gli insetti sono fuoriusciti dalla tana, all’interno di essa compare un vegetale: riuscire a mangiarselo procura un bonus crescente per ogni stage ed inoltre immobilizza i nemici per una manciata di secondi.
Nel maze sono inoltre ben visibili tre piccoli cuori e tre lettere. Per sfruttare al massimo questi item è necessario tenere conto della loro natura cangiante, visto che variano costantemente colorazione passando tutti insieme dal blu al giallo al rosso e così via, sempre secondo questa successione. Più precisamente, il blu permane per parecchio tempo, il giallo per pochi istanti, il rosso giusto un attimo fuggente.

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L’importanza delle variazioni cromatiche è presto detta: i cuori, se raccolti quando sono blu, fungono da moltiplicatori di punteggio in ordine progressivo (il primo x2, il secondo x3, il terzo x5); le lettere invece servono a comporre le parole “Extra” e “Special”. La prima va completata con lettere di colore giallo, e regala una vita. La seconda deve essere riempita con lettere rosse ed elargisce addirittura un prezioso gettone per una partita aggiuntiva. Va da sé che gli oggetti presi secondo la colorazione errata (ad esempio un cuore giallo) non hanno altro effetto che quello di conferire i punti corrispondenti. A fare da utile guida al giocatore troviamo una schermata che precede ogni stage, con indicazione dei teschi e delle lettere presenti nel labirinto e del vegetale contenuto al suo interno, oltre ad un augurio di “good luck”.


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Una conversione poco “speciale”

È ora di vuotare il sacco. È il momento di confessare il peccato originale di Lady Bug per Intellivision, lo stigma della colpa che l’ha segnato dalla sua pubblicazione ad oggi: manca la feature dello “Special”. È scontato e naturale che regalare una partita in un videogame casalingo non potesse avere senso, ma la conversione per Colecovision (poi imitata in questo dall’homebrew VCS) si era almeno sforzata di ovviare all’inconveniente, sostituendo l’omaggio di un gettone con un piacevole bonus stage a tempo, denominato “Vegetable Harvest”, nel quale, in assenza di nemici, il giocatore è impegnato a raccogliere quanta più verdura possibile fra tutti i vegetali che compaiono via via sullo schermo. I programmatori del port Intellivision, al contrario, non hanno ritenuto di doversi spremere le meningi per trovare una soluzione, ma hanno optato per un brutale colpo di spugna: “Special” sparito, voilà.

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A questo punto, per compensare la potenziale eccessiva facilitazione del gioco, giacché comporre la sola parola “Extra” con tre lettere a disposizione in ogni schema sarebbe stato evidentemente troppo semplice, gli alti ingegni di cui sopra hanno adottato un rimedio ugualmente ablativo, seppur efficace: via una lettera, ne restano soltanto due da raccattare in ogni stage.
Si tratta di una scelta complessiva che innervosisce per l’evidente superficialità, tanto più che in tal modo perde gran parte di senso l’"acchiappo" delle lettere nell’istante in cui sono colorate di rosso, manovra utile soltanto per guadagnare qualche punto in più (300 salvo moltiplicatori per le lettere in giallo, 800 salvo moltiplicatori per quelle in rosso).

Ciò detto, bisogna però ammettere che, al di là del legittimo fastidio, sarebbe ingiusto enfatizzare troppo questa mancanza. Dopotutto, in ottica di revival attuale questo Lady Bug "de-specializzato" lascia per strada un optional che ha ormai perso significato anche per la versione arcade. Che abbia la disponibilità di un bel cabinato o che si diverta sull’emulatore di fiducia, infatti, il moderno retrogamer non ha più l’antico incentivo a scapicollarsi per la vincita di un gettone. In più, non si può non tener conto che alla fin fine il Vegetable Harvest è un simpatico diversivo, ma nulla che impegni realmente il giocatore o che implichi tattiche particolari. Eppure tutto questo di riflesso acuisce il fastidio, poiché -a ben vedere- ciò che andava preservato era il piacere dell’obiettivo supplementare, della ricerca del rischio finalizzata ad ottenere il premio, della scelta fra l’opzione conservativa di puntare sul giallo o quella più temeraria di puntare sul rosso per le lettere in comune fra le due parole (E ed A). Per mantenere tutto ciò non c’era bisogno di approntare un bonus stage, sarebbe viceversa bastato un qualsiasi premio simbolico, anche non “interattivo”. E invece, nulla.

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Ad ogni modo, in Lady Bug c’era e c’è anche molto altro con cui divertirsi, senza considerare poi che il completamento dello “Special” è cosa tutt’altro che abbordabile nel coin-op ed è plausibile che anche al tempo non fosse raro per i giocatori di medio livello decidere di trascurarla per mere ragioni di sopravvivenza. Dunque anche così, Lady Bug per Intellivision potrebbe essere un portento. Già, potrebbe.

Cominciamo dalla grafica, che diversamente dal gameplay mette in mostra una serie di scelte programmatorie invero originali e fantasiose. Però brutte. Innanzitutto le porte sono inspiegabilmente sbilenche. A differenza di tutte le altre versioni del gioco, dove esse appaiono come un tratto unico e diritto, su Intellivision i due battenti che costituiscono le "revolving doors" sono sfalsati senza alcun motivo apparente, o per lo meno senza una ragione comprensibile da parte di chi -come me- non abbia competenza in materia di progettazione ludica. Come se non bastassero gli usci fuori squadra a perplimere il giocatore, ci si mette pure l’uso del colore a fargli girare la testa. Nel coin-op e nella versione Colecovision, i fiorellini da mangiare erano tutti semplicemente bianchi... ma questa soluzione dev’essere parsa troppo banale ai nostri estrosi grafici, che, viceversa, hanno deciso di colorarli variamente di bianco, verde, rosso e blu. L’effetto generale è inutilmente saturo e squilibrato, almeno per quanto riguarda il riquadro di gioco. Lateralmente, riproponendo la stessa felice idea adottata un anno prima per il Colecovision, gli autori hanno riservato uno spazio rettangolare a tutte le indicazioni relative alla partita in corso (numero di stage, vegetale corrispondente, vite rimaste, lettere completate, punteggio), scritte con i consueti caratteri Intellivision: grossi, squadrati e simpaticissimi.

Lady Bug IntellivisionLady Bug Intellivision

Abbastanza azzeccati sono anche gli sprite dei vegetali e quelli dei nemici, questi ultimi monocromatici, ma ispirati e ben animati, mentre la nostra coccinella sembra essersi sottoposta ad una superflua dieta dimagrante. Una considerazione a parte la meritano i teschi, che sono riconoscibili come tali solo per la loro fama, giacché, a giudicare dalla resa estetica, potrebbero tranquillamente passare per fantasmi o lapidi tombali.
Il sonoro è invece l’ambito del gioco cui non si possono proprio muovere appunti, poiché risulta una fedele e piacevole replica dell’arcade, riproponendo la classica melodia d’introduzione ad ogni stage ed i vari effetti di corredo, perfettamente in tono con l'atmosfera buffa e allegra del gioco.
Pur pagando in piccola parte lo scotto del controller Intellivision, i controlli rispondono comunque bene, con la precisazione però che, a differenza di un Pac-Man cui bisogna comandare solo i cambi di direzione, la nostra coccinella va costantemente guidata tramite pressione prolungata sul disco, cosa alla lunga non confortevole. Ci si consola, tuttavia, con l’opportunità di concentrarsi soltanto su quello, non dovendosi premere alcun altro tasto.

Le opzioni sono quelle classiche: l’immancabile quanto inutile modalità a due giocatori alternati e la scelta tra quattro livelli di difficoltà. Questi ultimi sono molto ben calibrati, coprendo le esigenze così dell’impedito totale (livello 1) come del mago videoludico (livello 4), fermo restando che la soluzione ottimale rimane il livello 3, analogo alla sfida offerta dal coin-op.


COMMENTO FINALE


"Lady Bug per Intellivision è la conversione un po’ pigra di un ottimo arcade. La totale omissione dello “Special” è sì imperdonabile, ma infastidisce comunque più per l’incuria che sottende che non per reali influenze sul gameplay. A conti fatti, dietro una facciata grafica bislacca si cela una trasposizione abbastanza aderente allo spirito del cabinato, di cui riproduce le sensazioni in modo più fedele di quanto non faccia il pur eccezionale homebrew per VCS. Io mi ritrovo a giocarci spesso e volentieri: se vi piace il coin-op, questo Lady Bug saprà intrattenervi a dovere.